lunedì 30 dicembre 2024

RACCONTO DI NATALE: UN TEPORE NELLA MANO

 “Era oramai Natale e bisognava tirar fuori d’urgenza dalla casetta le statuette del Presepe, ripulirle, ritoccarle col colore, riparare le ammaccature. Ed era già tardi, ma don Camillo stava ancora lavorando in canonica. Sentì bussare alla finestra e, poco dopo, andò ad aprire perché si trattava di Peppone.

Peppone si sedette mentre don Camillo riprendeva le sue faccende e tutt’e due tacquero per un bel po’.
Don Camillo prese a ritoccare con la biacca la barba di San Giuseppe. Poi passò a ritoccargli la veste.
“Ne avete ancora per molto?” si informò Peppone con ira.
“Se mi dai una mano in poco si finisce”.
Peppone era meccanico e aveva mani grandi come badili e dita enormi che facevano fatica a piegarsi. Però, quando uno aveva un cronometro da accomodare, bisognava che andasse da Peppone. Perché, è così, sono proprio gli uomini grossi che son fatti per le cose piccolissime.
Filettava la carrozzeria delle macchine e i raggi delle ruote dei carretti come uno del mestiere.
“Figuratevi! Adesso mi metto a pitturare i santi!” borbottò. “Non mi avete preso mica per il sagrestano!”
Don Camillo pescò in fondo alla cassetta e tirò su un affarino rosa, grosso quanto un passerotto, ed era proprio il Bambinello.
Peppone si trovò in mano la sua statuetta senza sapere come e allora prese un pennellino e cominciò a lavorare di fino.
Lui di qua e don Camillo di là dalla tavola, senza vedersi in faccia perché c’era, fra loro, il barbaglio della lucerna.
“Non ci si può fidare di nessuno, se uno vuol dire qualcosa. Non mi fido neppure di me stesso” disse Peppone.
Don Camillo era assorbitissimo dal suo lavoro: c’era da rifare tutto il viso della Madonna. Roba fine.
“E di me ti fidi?”, chiese don Camillo con indifferenza.
“Non lo so”.
“Prova a dirmi qualcosa, così vedi”.
Peppone finì gli occhi del Bambinello: la cosa più difficile.
Poi rinfrescò il rosso delle piccole labbra.
“Hai paura?”
“Mai avuto paura al mondo!”
“Io sì, Peppone. Qualche volta ho paura”
Peppone intinse il pennello.
“Be’, qualche volta anch’io” disse Peppone. E appena si sentì.
Don Camillo sospirò anche lui.
Ora Peppone aveva finito il viso del Bambinello e stava ripassando il rosa del corpo.
Oramai il Bambinello era finito e, fresco di colore e così rosa e chiaro, pareva che brillasse in mezzo alla enorme mano scura di Peppone.
Peppone lo guardò e gli parve di sentir sulla palma il tepore di quel piccolo corpo.
Depose con delicatezza il Bambinello rosa sulla tavola e don Camillo gli mise accanto la Madonna.
“Il mio bambino sta imparando la poesia di Natale” annunciò con fierezza Peppone. “Sento che tutte le sere sua madre gliela ripassa prima che si addormenti. È un fenomeno”.
“Lo so” ammise don Camillo. “Anche la poesia per il Vescovo l’aveva imparata a meraviglia”.
Peppone si irrigidì.
“Quella è stata una delle vostre più grosse mascalzonate!” esclamò. “Quella me la dovete pagare”.
“A pagare e a morire si fa sempre a tempo” ribatté don Camillo.
Poi, vicino alla Madonna curva sul Bambinello, pose la statuetta del somarello.
“Questo è il figlio di Peppone, questa è la moglie di Peppone e questo è Peppone” disse don Camillo toccando per ultimo il somarello.
“E questo è don Camillo!” esclamò Peppone prendendo la statuetta del bue e ponendola vicino al gruppo.
“Bah! Fra bestie ci si comprende sempre” concluse don Camillo.
Uscendo, Peppone si ritrovò nella cupa notte padana, ma oramai era tranquillissimo perché sentiva ancora nel cavo della mano il tepore del Bambinello rosa. Poi udì risuonarsi all’orecchio le parole della poesia che ormai sapeva a memoria. “Quando, la sera della Vigilia, me la dirà, sarà una cosa magnifica!“ si rallegrò.
Il fiume scorreva placido e lento, lì a due passi, sotto l’argine, ed era anche lui una poesia cominciata quando era cominciato il mondo e che ancora continuava. E per arrotondare e levigare il più piccolo dei miliardi di sassi in fondo all’acqua, c’eran voluti mille anni.
E soltanto fra venti generazioni l’acqua avrà levigato un nuovo sassetto.
E fra mille anni la gente correrà a seimila chilometri l’ora su macchine a razzo super atomico e per far cosa? Per arrivare in fondo all’anno e rimanere a bocca aperta davanti allo stesso Bambinello di gesso che, una di queste sere, il compagno Peppone ha pitturato col pennellino”
.
(Evidentemente Giovannino Guareschi, trovato nel blog di Michele Serra)

lunedì 23 dicembre 2024

COMMENTI SULL'ESITO DELLE ELEZIONI AMERICANE - "PUO' SUCCEDERE QUI"

 Tutti coloro che si rendono conto con allarme  che la rielezione di Trump è uno dei momenti più profondamente pericolosi della storia americana devono pensare attentamente a dove siamo

La mattina seguente al giorno in cui Donald Trump è stato eletto presidente per la prima volta, nel 2016, alla Casa Bianca regnava un clima funereo. Per settimane, Barack Obama e la sua cerchia più stretta avevano coltivato preoccupazioni sulla campagna di Hillary Clinton - l'incapacità di visitare gli stati in bilico con frequenza sufficiente, l'altezzosa incrinatura riguardo ai "deplorabili", la lettera last minute di James Comey al Congresso riguardante le e- mail. Ma, nonostante tutti i segnali e gli inciampi, erano ottimisti che in una gara più combattuta di quello che si pensava, l'America avrebbe eletto la prima donna alla Presidenza. Un'eredità, una continuità, avrebbero vinto.

La scioccante vittoria di Trump mandò a pezzi queste aspettative e quel giorno, mentre molti dello staff, giovani e affranti, si riunivano nello Studio Ovale, Obama cercò di sollevare il loro morale convincendoli che l'elezione di un aspirante autocrate non determinava la fine dell'esperimento americano di democrazia liberale, lungo, per quanto profondamente imperfetto. Disse loro che la storia non si muove su linee dritte, a volte deraglia, a volte torna indietro. Fu un discorso solenne, pastorale e, probabilmente, Obama era anche impegnato in una forma di auto-consolazione. Due giorni dopo, in una intervista con il New Yorker, Obama ancora una volta ha cercato di contenere la disperazione " Penso che niente sia la fine del mondo fino alla fine del mondo".

Privatamente, Obama, il primo uomo di colore eletto alla Casa Bianca, si chiedeva se non fosse per caso "arrivato troppo presto". Talento politico della sua generazione, Obama aveva sviluppato il linguaggio e la narrativa assai risonanti del movimento dei diritti civili ("la feroce urgenza del qui ed ora") mettendoli al servizio di riforme ad ampio raggio, in particolare l'Affordable Care Act. La sua residenza in una casa costruita da schiavi neri, uomini e donne, pareva suggerire magari non ancora la fine del razzismo americano, ma sicuramente un progresso significativo dell'idea di democrazia multietnica. Ma ora il suo successore era innegabilmente un reazionario - un velenoso demagogo, un bigotto, qualcuno che proponeva una storia americana molto diversa. Trump diceva ai suoi sostenitori che il sistema era "truccato" e che i leader stranieri stavano "ridendo di noi". La nazione era un inferno di infausti "immigrati illegali", "stupratori", membri di gang e psicotici provenienti da lontane prigioni e manicomi. La nazione era un "massacro americano" e solo lui poteva mettere a posto le cose.

Poco tempo dopo la fine del secondo mandato di Obama, l'ex presidente era in Lima, Perù, accompagnato ad un evento con alcuni del suo staff. Lungo la strada, confidò loro che aveva appena finito di leggere un articolo di un opinionista che ragionava che, eleggendo Trump, decine di milioni di americani avevano rifiutato le politiche identitarie liberali. "Ma se avessimo avuto torto?", disse Obama, "forse ci siamo spinti troppo avanti. Forse la gente vuole solo ricadere nelle proprie tribù" (così riportano le memorie di uno dei suoi consiglieri, Benjamin Rhodes).

Le cause dell'elezione di Trump nel 2016 sono state molteplici e tra queste il fallimento dell'immaginario collettivo. E' davvero difficile comprendere come una figura che combinava i tratti di George Wallace, Hulk Hogan e Padre Charles Coughlin sia riuscito a vincere la corsa per la Presidenza. Allo stesso modo in cui Obama cercava con difficoltà di capire le radici sociali e politiche del trumpismo, molti americani non erano riusciti a comprendere appieno il suo carattere e le dimensioni reali del suo malanimo. Era impossibile per loro accettare e comprendere il rischio che comportava per le alleanze internazionali e per le istituzioni americane, e la misura del suo disprezzo per la verità, la scienza e così tanti dei suoi concittadini: sicuramente la sua retorica estrema era una recita, sicuramente "sarebbe cresciuto dopo aver assunto responsabilità di governo".

La rielezione di Trump e la sua vittoria su Kamala Harris non può più essere attribuita al fallimento dell'immaginario collettivo. Trump è certamente la figura pubblica meno misteriosa di tutte: ha sbandierato ai quattro venti ogni sua tendenza inquietante, senza sosta, pubblicamente, per decenni. Chi mai, sia tra i suoi sostenitori che tra i suoi nemici, non riconosce, come minimo in qualche grado, il suo cinismo e la sua divisività, il suo disprezzo per il sacrificio senza secondi fini? Secondo lui, i soldati caduti sono dei "babbei" (suckers). Molti dei suoi ex consiglieri - il vicepresidente Mike Pence, il suo capo dello staff John Kelly, il suo coordinatore dello staff Mark Milley - lo hanno descritto come inadatto, instabile e, almeno secondo Milley e Kelly, un fascista. Nelle settimane finali della campagna Trump ha fatto di tutto per rigettare le insistenze dei suoi consulenti a moderare i toni e ha invece fatto finta di praticare una fellatio con un microfono e ha minacciato di usare l'esercito contro "i nemici interni", enfatizzando ogni propria caratteristica schifosa, come a dire "Dimenticatevi dei discorsi preparati, ascoltatemi  mentre vado a braccio: le teorie cospiratorie, la rabbia, la vendetta. gli attacchi razzisti, l'amicizia con Putin, Orban e Xi, Le storie senza alcun fondamento. Questo sono io, il vero me. Sono un genio!"

Insomma, non c'è niente che Trump non direbbe, nessuna invettiva o insulto che non scaglierebbe. Al Madison Square Garden, ha lasciato il palcoscenico a sostenitori che hanno parlato in modo grottesco di Porto Rico, degli Ebrei e delle persone trans - nessuna indecenza era proibita. Il suo più famoso spot televisivo era pura crudeltà "Kamala è per loro. Il Presidente Trump è per te". Il suo disprezzo per le donne, dimostrato apertamente per tutta la sua vita adulta, è stato amplificato nelle ultime settimane di campagna elettorale quando, in Michigan, ha detto di Nancy Pelosi "E' un diabolica, malata put... comincia con "put" ma non lo dirò, anche se vorrei dirlo".

Trump è stato ugualmente sfrontato riguardo alle politiche, non c'è più alcuna scusa per non vedere quello che può portare con sé una seconda Amministrazione Trump: la deportazione di massa di immigrati senza documenti; un governo federale infarcito di mediocri la cui migliore qualifica è la fedeltà al Grande Leader; un disprezzo per le politiche climatiche, per i diritti umani, per il controllo delle armi; un indebolimento della NATO; una Corte Suprema e un sistema giudiziario federale perfino più reazionari degli attuali; un assalto alla stampa. Queste non sono le proiezioni di un paranoico, ma promesse annunciate da un podio durante la campagna elettorale.

La notizia della rielezione di Trump non è arrivata come un fulmine a ciel sereno come la sua prima vittoria. Joe Biden, nonostante tutte le sue virtù e suoi traguardi legislativi, era un presidente davvero impopolare: almeno il 50% dei votanti nei maggiori stati in bilico disapprovava i risultati della sua presidenza. E, quando alla fine Biden si è convinto a riconoscere le difficoltà collegate all'età avanzata e ha quindi deciso il passo indietro, Harris, nonostante tutta la sua energia e la sua attraente intelligenza, ha avuto pochissimo tempo per condurre una campagna che potesse prendere le distanze sia dalla insoddisfazione che dagli oppositori di Biden, intrappolata com'era tra la sua lealtà a Biden e la necessità di distinguersi da lui, decidendo quindi di affidarsi alla capacità dell'elettorato di distinguere tra la sua evidente decenza e il buio caos rappresentato da Trump.

Malgrado la Harris si sia mostrata nettamente superiore nel loro unico confronto e malgrado il fatto che Trump abbia condotto a volte la sua campagna come un uomo mentalmente disturbato, da un rally all'altro. le prospettive di vittoria di Harris sono sempre state molto risicate. Quando il suo staff veniva interpellato sulle loro percezioni di vittoria, avrebbero probabilmente risposto "Ottimisti fino alla nausea". Alla fine, non solo Trump ha vinto nel voto popolare e in tutti e sette gli stati in bilico, ma sembra che abbia anche trovato strade tra i votanti maschi Latinos e Neri abbastanza ampie da mandare a pezzi la percezione tradizionale e molto auto-compiaciuta che il partito Democratico aveva rispetto al vantaggio in quest'area demografica.

Come di possa interpretare e mettere in fila la cascata di ragioni sottese alla rielezione di Trump è praticamente un test di Rorschach. Una lunga analisi sarebbe necessaria per stabilire quale dei fattori principali della vittoria di Trump (ansietà legata all'economia, politiche culturali, razzismo, misoginia, il declino di Biden, la breve campagna di Harris,,) sia stato determinante. Entrambi i partiti politici maggiori sono in pezzi. I Repubblicani, essendosi consegnati all'obbedienza cieca ad un politico autoritario, sono moralmente a pezzi; i Democratici, avendo fallito nel rispondere con efficacia  ai problemi economici dei lavoratori, sono politicamente a pezzi.

Tutti coloro che si rendono conto con allarme  che la rielezione di Trump è uno dei momenti più profondamente pericolosi della storia americana devono pensare attentamente a dove siamo. Le meste riflessioni come quelle di Obama nel 2016 ("Ma se avessimo avuto torto?") non furono efficaci allora ed ora non sono sufficienti. I Democratici dovranno, con umiltà e rigore autocritico, pensare a come ricostruire la coalizione inclusiva che F.D.R. riuscì a portare avanti nelle strette della Depressione o che Robert Kennedy (il padre, non quel poveretto del figlio) cercava nel 1968.

Questo è uno degli imperativi, ma ce n'è un altro. Dopo che le decine di milioni di Americani che hanno temuto il ritorno di Trump si libereranno dalle spire della depressione, sarà il momento di decidere cosa fare, presumendo che Trump porti avanti i suoi impegni più draconiani. Uno dei pericoli di vivere in un regime autoritario è che il leader tenta di sottrarre alla gente la loro forza, mentre il pessimismo prende il sopravvento e molti si ritirano dalla vita pubblica.

Una ritirata dell'America dalla democrazia liberale - un'eredità preziosa ma vulnerabile - sarebbe una calamità. L'indifferenza è una forma di resa. L'indifferenza alla deportazione di massa segnerà la negazione di una delle promesse che guidano la nazione. Vladimir Putin dà il benvenuto al ritorno di Trump non solo perché gli semplifica immensamente la vita nella sua determinazione a soggiogare un'Ucraina libera e sovrana, ma anche perché conferma la sua tesi che la democrazia americana è fasulla - che non esiste la democrazia e che tutto quello che ha importanza riguarda il potere e il proprio interesse. Il resto è bigottismo e ipocrisia. Putin ci ricorda che la democrazia liberale non è una stabilità, ma può rivelarsi invece un episodio.

Uno dei grandi del mondo moderno, il dissidente e scrittore ceco Vaclav Havel, ha scritto nelle sue "Meditazioni estive": "C'è solo una cosa che non ammetterò mai: che può essere privo di senso il combattere per una buona causa". Durante la lunga dominazione sovietica del suo paese, Havel ha combattuto con valore per la democrazia liberale, ispirando anche varie gesta di resilienza e protesta e pagando con la prigione per questo. Le cose sono poi però cambiate, Havel è stato eletto presidente e in una sorta di favola kafkiana si è installato nel Castello, a Praga. Insieme ad un popolo minacciato da anni di autocrazia, Havel ha collaborato a condurre il suo paese fuori da un lungo periodo di oscurità. Il nostro tempo ora è buio, ma anche questo può cambiare. E' successo in altre parti del mondo, può succedere anche qui.

(David Remnick, MITICO editor del The New Yorker, pubblicato il 9 novembre 2024, la traduzione è mia)



venerdì 20 dicembre 2024

PICCOLE STORIE DI OLIVIA E DELLA SUA MAMMA: MERCI BEAUCOUP



 Il tema “lingue” è molto trattato nella famiglia di Anna, formata da un madrelingua svizzero tedesco e una madrelingua italiana che tra di loro, quando si sono conosciuti, comunicavano in inglese e tutt’ora, anche se entrambi hanno imparato la lingua dell’altro, tendono a parlare inglese tra loro. Sullo sfondo una nonna paterna madrelingua svizzero francese sposata con un tedesco e un paese in cui le lingue del paese stesso (quattro, in un piccolo territorio), si intrecciano con moltissime altre lingue di persone che sono andate in Svizzera a creare la ricchezza di cui il paese abbonda e di cui loro stessi usufruiscono.

Olivia si trova quindi in mezzo a tutti questi ingredienti ambientali, per lei fortemente accentuati dal fatto che la sua mamma è adamantina sul fatto che lei debba parlare italiano da madrelingua insieme allo svizzero tedesco. Olivia è quindi molto consapevole del tema “lingua”, al punto che uno dei suoi video preferiti mostra qualche secondo di lei, in vacanza in Corsica la scorsa estate, che dice e ridice “merci beaucoup” che aveva appena imparato

Messaggio di ieri di Anna nella chat di famiglia:

 Olivia stava contando il numero di lingue che i suoi amici e famigliari parlano. Gigi e Aran (un suo amico) in pole position, e poi le chiedo “e tu?” “Italiano, deutsch e merci beaucoup” 🤣🤣”

mercoledì 11 dicembre 2024

venerdì 29 novembre 2024

LECTIO MAGISTRALIS DI STEFANO MANCUSO - COSA HO IMPARATO

Alcuni giorni fa Lectio Magistralis di Stefano Mancuso, quasi due ore molto interessanti e piacevoli, nonostante il tema terribile, affrontato con disincanto ma anche con molta passione. Scrivo per cercare di fissare un po' di quello che ho imparato ancora (già un po' di tempo fa avevo scritto di cose imparate dal professore) - ovviamente quello che ricordo conterrà probabilmente imprecisioni, ma il senso sono abbastanza sicura sia corretto. La cosa però che non ho capito, non capisco e non capirò mai è come può quello che dice Mancuso avere lo stesso valore dei brontolii di pancia di un qualsiasi negazionista sul web o nella vita che probabilmente si abbevera da siti in cui scrivono articoli scientifici professori di fisica delle medie in pensione, o addirittura meno valore di quello che dice un maiale (copyright della definizione la mia amica Maria) come Trump.

Mi è piaciuto da dove è partito, affermando che forse per prendere le distanze dal problema noi parliamo di biodiversità, ma che la parola di cui stiamo trattando è VITA. La vita è un fenomeno che diamo per scontato ma che in realtà è raro, unico, tanto è vero che nell'universo finora a noi conosciuto abbiamo trovato molte cose, ma mai la vita. E anche nel nostro pianeta la vita è una parte infinitesima del pianeta, ospitata in uno strato sottilissimo che si chiama biosfera e che non misura oltre i 20 km di altezza (circa 10 sopra la terra e 10 km sotto). La vita non è scontata, ma rara e preziosa.

E che cosa compone la vita sul nostro pianeta? la vita animale (che ci comprende) occupa una percentuale molto piccola (uno scarso 3%), mentre l'87% della vita sulla terra è costituita da organismi vegetali. L'uomo è lo 0.01% della biomassa della vita ( i batteri hanno una biomassa tre volte la nostra, i vermi dodici volte di più, i funghi duecento volte di più), ma da quando è comparso sulla faccia della terra l'uomo ha causato l'estinzione dell'83% delle specie di mammiferi selvatici e della metà delle piante. E fa veramente impressione il dato dei mammiferi. I mammiferi selvatici sono solo il 4% dei mammiferi sulla terra, gli esseri umani il 36%, mentre il bestiame allevato dall'uomo rappresenta il 60% dei mammiferi presenti sulla terra (per gli uccelli il dato è perfino peggiore: il 70% è rappresentato da bestiame allevato dall'uomo). Le piante non se la passano meglio: circa 12.000 anni fa erano presenti sulla terra circa 6 mila miliardi di alberi, oggi sono la metà, 3.000 miliardi di alberi. Negli ultimi duecento anni, cioè in un periodo brevissimo, ne abbiamo tagliati 2.000 miliardi. Inoltre, nel 2021 abbiamo raggiunto un altro traguardo drammatico: il peso del materiale sintetico prodotto dall'uomo ha superato quello del materiale vivente - e per valutare il dato dobbiamo compararlo con il dato del 1920, completamente ribaltato: in quella data il materiale sintetico rappresentava solo l'1% in rapporto alla biomassa. IN SOLI CENTO ANNI!

Il primo studio scientifico sul cambiamento climatico data 1847. La scienziata Eunice Newton condusse una serie di esperimenti molto semplici, posizionando dei cilindri di vetro al sole con un termometro al loro interno e riempiendoli con tre combinazioni di aria : Co2, aria comune e idrogeno. In base ai suoi esperimenti, Eunice constatò che l'anidride carbonica aveva trattenuto più calore "il recipiente contenente questo gas è diventato esso stesso molto caldo, molto più sensibilmente dell'altro e il raffreddamento è stato altrettanto lungo". Eunice ha concluso che l'immissione nell'atmosfera di sempre più anidride carbonica avrebbe alla lunga provocato un riscaldamento del pianeta. 1847.....

E siamo arrivati al 2024, quasi un secolo dopo, continuando nella folle corsa che ci porta a consumare le risorse  del pianeta, ogni anno di più.  In media consumiamo l'equivalente di 1,7 pianeti all'anno e si prevede diventino 2 entro il 2030. l'Earth Overshoot Day ogni anno anticipa la data. E, c'è poco da discutere, sono risorse che rubiamo ai nostri discendenti.

Il professore ha poi proseguito un interessante discorso sulle città, partendo dalla distinzione tra animale generalista e animale specialistico. Gli animali si dividono un generalisti, cioè animali che si adattano ad ogni ambiente e in ogni ambiente possono sviluppare le loro potenzialità e la propria sopravvivenza, e animali specialistici, quelli che hanno bisogno di un determinato ambiente per sopravvivere.  Un tipico esempio di animale specialistico è il panda, che si nutre di germogli di bambù e deve quindi necessariamente vivere in foreste di bambù. L'uomo è invece un animale generalista, ma sta diventando sempre più un animale specialistico. Ad oggi il 54% della popolazione mondiale vive in aree urbane, e si prevede che nel 2030 il 70% della popolazione mondiale vivrà in città. In Italia, ad oggi, su poco meno di 62 milioni di italiani, 51 milioni vivono in aree urbane- ed è un dato in crescita. Si calcola che nel 1930 in Italia solo il 30% della popolazione viveva in aree urbane. L'uomo sta quindi diventando un animale specialistico: il suo ambiente è la città 

Le città sono però responsabili dell'85% dell'inquinamento mondiale ed emettono il 75% dei gas climateranti e inoltre le città sono ambienti in cui gli eventi estremi collegati al riscaldamento globale (ondate di calore, siccità ed eventi piovosi di grande potenza) sono più estremi e non riparabili. Si è cominciato a considerare le città come organismi viventi e quindi a valutare il loro metabolismo. le città hanno un metabolismo terribile, altamente sbilanciato su un enorme consumo e senza meccanismi circolari. Ci si deve occupare quindi, e con urgenza, di migliorare il metabolismo delle città (deimpermeabilizzazione, alberi, ciclo dei rifiuti, mobilità sostenibile e via dicendo)

Quindi, oltre a piantare alberi, miliardi di alberi che possano assorbire e trasformare CO2 dall'atmosfera dobbiamo occuparci del metabolismo delle città, per renderlo meno "cattivo", più in equilibrio, migliorando al tempo stesso gli spazi di convivenza che stanno raggiungendo vertici di ingestibilità.

E' estremamente difficile, anzi quasi impossibile, prevedere gli effetti nei prossimi anni dei cambiamenti climatici. Le nostre previsioni sono basate sull'esperienza e non abbiamo precedenti esperienze di quello che sta succedendo. Sappiamo però che grandi cambiamenti ci aspettano e non saranno positivi - a noi rimane il compito di attenuarne l'impatto.

Curare la vita, elemento raro e prezioso, dovrebbe essere la nostra unica preoccupazione.

venerdì 22 novembre 2024

SOLO UNA VOCALE

 Mi piace insegnare italiano agli immigrati e mi piace farlo da volontaria, senza attestati da inseguire, senza performance da garantire, senza vincoli di classi e scadenze.

Il mio ultimo "protetto" è un ragazzo neo diciottenne, di origine indiana, in Italia da quattro anni e ospitato in una comunità per minori in quanto allontanato da casa per problemi di alcolismo del padre. Lo chiameremo G.

G. è esattamente l'opposto dello studente perfetto: non ha voglia di essere lì, sbadiglia, arriva in ritardo, non fa i compiti, si dimentica il materiale a casa, è convinto di sapere già l'italiano "sono già quattro anni che sono qui". Per fortuna di tutti, è educato, allegro  e gentile, questo sì. 

A me non fa arrabbiare, dico la verità, a differenza della mia volontaria-collega che si arrabbia moltissimo per le sue mancanze. Io invece solidarizzo un po' con lui: è un ragazzo evidentemente smarrito, senza guida, in balia di quello che succede e degli attimi che si susseguono, privo di educazione formale e di disciplina al lavoro e allo studio. Un ragazzo che non sa cosa fare di se stesso e del mondo.

Quello che voglio qui raccontare però è un episodio divertente che è successo l'altro giorno a lezione (facciamo lezione 1-1, poi fa lezione il giorno dopo 1-1 con l'altra volontaria e lezione in gruppo con altri ragazzini con altre due volontarie il lunedì sera). Il libro che più o meno seguiamo aveva un esercizio di comprensione di quello che succedeva in una bacheca con alcuni post. Nella bacheca un tizio dice di essere nuovo a Bologna dove è venuto a studiare e chiede cosa c'è da vedere e da fare. A un certo punto viene fuori la basilica di San Petronio. Chiedo a G. se sa che cosa è una basilica, praticamente certa che non lo sapesse (ovviamente chiedo sempre io se lo sa, non si prende la briga di chiedere lui, anche perché odia non sapere cose di italiano) e lui ci pensa su un attimo e si illumina (onestamente cerca sempre soluzioni e si aggrappa a tutto ciò che sa) "Lo so! E' qualcosa che si mette sulla pasta". Rimango interdetta un attimo e poi scoppio fragorosamente a ridere. Lui mi guarda stupito e quando glielo spiego ci mettiamo a ridere insieme.

"In fondo è solo una vocale, no?"



giovedì 21 novembre 2024

MANUALE SINTETICO PER DIVENTARE TRUMPIANI

 REGOLE PER DIVENTARE TRUMPIANI

1. Se ti viene in mente una cosa orrenda, dilla

2. Le misure contano eccome, specialmente quelle dei comizi

3. Pettinarsi la mattina non serve; i capelli non sono una priorità 

4. Quando hai bisogno del consiglio di un amico, senti Putin

5. Ricorda, esistono solo tre tipi di donne: prede, pazze o cattive

(da Internazionale del 31 ottobre 2024. Grazie ad Anna per la segnalazione)

Di grande utilità, vero?

martedì 5 novembre 2024

LA MIA AMERICA E LA SUA…

 In un suo recente post Mario Calabresi parlava della sua fascinazione giovanile per l'America. Ne ricopio solo un pezzetto 

"Per molto tempo l’America è stato il Paese dei miei sogni, quello dove avrei voluto studiare, viaggiare, vivere. Immaginavo soprattutto New York, l’avevo conosciuta nei film di Woody Allen, in una pellicola che fece il pieno di Oscar come Kramer contro Kramer, con la battaglia drammatica tra Dustin Hoffman e Meryl Streep per avere la custodia del figlio dopo la separazione, negli articoli di giornale, soprattutto in quelli di Gianni Riotta sul Corriere della Sera e in tanti libri. A darmi la sensazione più forte che quella era la città dove volevo vivere, dove volevo perdermi, erano stati una serie di racconti raccolti nel volume “La città profonda” scritto da Furio Colombo e illustrato da Tullio Pericoli. Era uscito quando avevo compiuto 18 anni e mi aveva fatto vivere le storie sotterranee di Manhattan, tra i cunicoli della metropolitana dove vivevano colonie di homeless, mi aveva fatto camminare nelle avenue paragonate a lunghissimi e profondi canyon, mi aveva spiegato il mito dei grattacieli e il declino la rinascita della più bella delle stazioni, Grand Central Station.

Poco dopo avevo incontrato un libro che si chiama “Strade Blu” (è un bel caso di sintonia se la collana con cui escono i miei libri da Mondadori si chiami proprio così) scritto da William Least Heat-Moon, un insegnante di inglese che dopo aver perso il lavoro ed essersi separato dalla moglie aveva deciso di partire per un lungo viaggio nell’America profonda con un furgone scassato, trasformato per l’occasione nella sua casa. Come compagna di viaggio si era portato “Foglie d’erba”, la più bella raccolta di poesie di Walt Whitman. Le “strade blu” erano le rotte minori e secondarie dell’America rurale, dove Least Heat-Moon aveva raccolto storie minori ma affascinanti e mai deludenti. La colonna sonora di questa America che immaginavo, ma non avevo mai visto, era la musica di Bruce Springsteen, soprattutto quella dell’album “The River”.

Così grazie al cinema, ai libri, alle canzoni e agli articoli di giornale che ritagliavo e conservavo, si era costruito il mio immaginario. Quello di un Paese pieno di storie, di fatica, di avventure e di spazi immensi, una società che sogna, resiste, rinasce e va sempre avanti, una nazione che include chi arriva e trasforma gli immigrati in cittadini.
Nell’estate dei miei 21 anni, dopo aver risparmiato facendo l’edicolante e il tabaccaio, lo spalatore di neve e il sondaggista, sono partito per il mio primo corso d’inglese, all’università di San Diego. Quando si è aperta la porta degli Stati Uniti ho trovato la luce della California e il Pacifico: un battesimo che andava al di là di ogni mia aspettativa.

Poi ci sono stati il Grand Canyon, il deserto e infine New York. Non dimenticherò mai l’emozione che ho provato alla vista dello skyline mentre con il taxi arrivavo a Manhattan. Il sole stava tramontando e quelle luci sui ponti e grattacieli mi erano assolutamente familiari: talmente tanto l’avevo vista e immaginata che mi sembrava di essere a casa. Ci sarei tornato d’inverno, scoprendo la meraviglia di una gigantesca nevicata che paralizzò la città e la rese incredibilmente silenziosa."

Ho mandato il post (c'era molto altro, era un post sulle incombenti elezioni americane, in realtà) a un vecchio amico (mi infastidisce leggermente questa cosa che davanti ad amico o ad amica metto sempre l'aggettivo "vecchio", ma tant'è) che mi ha risposto: 

"Curioso. NY è stata una folgorazione anche per me (e anche la California) ma non c'è una cosa (eccetto Allen) che sia nelle mie suggestioni. Il mio pantheon è quasi tutto nero brillante, le mie letture e i miei sogni americani sono altri. Curioso che ognuno abbia la propria America (Lui, onestamente, se posso, mi pare un filo più scontato)".

Questo scambio mi ha dato da pensare: come è la mia America (io la chiamo Stati Uniti, se dovessi parlare dell’America dovrei includere l’amata America latina)?
Mi ricordo che la prima, immediata e potente fascinazione l’ho avuta al mio primo viaggio negli States, un indimenticabile coast to coast fatto con Roberto nel 1987. Gli Stati Uniti non erano per me prima del viaggio un pantheon, anzi, erano il Paese del Vietnam e dello spietato golpe cileno. Mi attirava New York, mi sembrava un paese di meraviglie naturali, ma il famoso “mito” americano si scioglieva in una società senza storia e senza radicamento, quella storia di provincia, di mentalità ristretta e di Coca Cola ed hamburger che mi dava un leggero senso di nausea  (quella sensazione negli anni non è mai cambiata, ancora adesso quando vedo Trump strafogarsi di quel cibo così very American mi ritorna al naso l’odore nauseabondo emanato dai MacDonald, un misto di carne bruciacchiata e fritto, e il mio leggero senso di nausea).
Ritornando al nostro viaggio, detto in sintesi, mi sono innamorata dei cieli americani, alti, ampi, proiettati verso l’infinito. Gli spazi, il vuoto, ma soprattutto quei cieli…
Ho poi goduto immensamente New York, città con le sue difficoltà e durezze, totalmente assurda e monumento della follia a cui può arrivare il genere umano, ma con una caratteristica inimitabile: chiunque può trovare a New York quello che ama di più: arte, storia e storie, cibo, musica, luoghi iconici dei nostri tempi (recentemente anche memorie), skyline, perfino natura (Central Park non è per niente un parco cittadino, domato e antropizzato). 
Poi, diversi anni dopo, sono andata ad abitare (con una figlia piccola) in Indiana, West Lafayette, Purdue University. Anche lì, ogni mattina, con il mio caffè in mano, mi riconnettevo ogni giorno con quel cielo e con quella certezza di essere al sicuro, che nessuno mi avrebbe minacciato, sopraffatto, umiliato ma che la convivenza sarebbe stata pacifica, accogliente, competitiva solo se si fosse accettata la competizione. E sono stata felice, per qualche anno, ho imparato un sacco di cose e ho vissuto con semplicità e facilità. Sarò per sempre grata agli States per questo.
Oggi stiamo aspettando l’esito di un’elezione sulla quale ho letto montagne di articoli per arginare il senso di irrealtà ed impossibilità che la circonda. La mente non accetta che un “maiale” (così l’ha efficacemente e sinteticamente descritto la mia amica Maria) sarà votato da milioni di persone ignoranti,  manipolate e arrabbiate. Irragionevolmente, in me alberga ancora la speranza di ritrovare la sensazione di quelle mattine americane - deve esserci ancora, rintanata in qualche angolo, a dare ancora speranza a un paese martoriato dalle divisioni create ad arte (veramente il culmine lo raggiunge il tema immigrazione in un paese fatto interamente da IMMIGRATI ! Unbelievable) e dalla rabbia e dal rancore cavalcati e fomentati da maschi guerrafondai e fascisti.
Good luck, America!
(Chissà se anche la mia “America “ è un filino più scontata”…)

venerdì 25 ottobre 2024

AMORI SENILI

 Mattina presto, tavolo della cucina, colazione insieme di quel piccolo nucleo di famiglia che è rimasto (io e un signore alto con i capelli un po’ brizzolati di nome credo Roberto). Caffè, tè verde, yogurt, avena, marmellata di produzione casalinga, biscotti fatti in casa. Intanto su la 7 (what else?) guardiamo le (deliziose) previsioni del tempo di Sottocorona commentando sul periodo difficile di troppa pioggia e alluvioni e poi c’è Omnibus condotto dalla brava Alessandra Sardoni sui temi del giorno. Qui si accende il mio interesse: ospite è Mario Calabresi di cui avevo appena letto sul telefono la bellissima (come sempre) newsletter settimanale “Altre Storie” e di cui, come è noto nella mia cerchia ristretta, non sono solo estimatrice e fan, ma anche innamorata (beh, forse è più un innamoramento che un amore, ma non stiamo a sottilizzare).

Quando vedo Calabresi, riprendo immediatamente lo scherzo che ogni volta scambio con Roberto “Sai che lo voglio sposare, vero?”. Roberto, sorridendo, come ogni volta mi ricorda “È troppo giovane per te, lo sai” (Mario Calabresi è del 1970, dodici anni più giovane di me). 

Ci ho pensato su un attimo “Allora potrei adottarlo, va bene lo stesso”.

Risate, arteriosclerosi, sipario.


(Per aggiungere ad una - almeno gioiosa - botta di arteriosclerosi)

Su Whatsapp Maria, vecchia amica, non legata da vincoli matrimoniali e fan sfegatata di Mario Calabresi, risponde al questo post “Semmai lo sposo prima io !!! 😅😅 “

La mia controrisposta: “Be, sarebbe perfetto! Tu lo sposi e io lo adotto! Diventeremmo anche parenti! 😍”

sabato 19 ottobre 2024

TANTI MODI DI ESSERE FAMIGLIA

 Qualche giorno è venuta a cena da noi una coppia di vecchi amici (lei era nostra compagna di classe), Giovanna e Silvano. Abbiamo fatto la pizza e passato una piacevole serata di chiacchiere: politica-figli e nipoti-malattie e tutti i temi cari a noi vecchietti ancora in tiro. I nostri amici ci raccontano che A., il figlio maggiore (ne hanno tre) giornalista e conduttore del Telegiornale di TV Parma, ha dovuto quella sera leggere il telegiornale con un filo di voce arrocchita in quanto raffreddatissimo, in assenza di qualcuno che potesse sostituirlo. 

Durante la serata, suona il telefono di Giovanna e la sentiamo rispondere con un filo di preoccupazione : “Caterina, è successo qualcosa?” per poi quasi immediatamente rasserenarsi e continuare la conversazione per pochi minuti. Poi, finita la telefonata, con un sorriso ci ha spiegato. “Caterina è la badante ucraina che per anni ha curato i genitori di Silvano, una bravissima donna a cui siamo affezionati e anche lei è molto legata a noi, come una di famiglia. Adesso cura un’anziana signora e la chiama “la mia signora”. Le ho risposto un po’preoccupata perchè l’avevo sentita da poco e avevo paura fosse successo qualcosa, ma ha telefonato perché ha sentito il TG Parma questa sera e ha visto e sentito A. molto raffreddato e provato e senza voce e quindi voleva avere notizie e mandargli i suoi auguri”. 

Mentre Silvano prontamente prendeva il telefono e chiamava A. per riferirgli della chiamata di Caterina “perché gli fa sicuramente piacere”, io stavo pensando due cose. La prima era “Ma si chiamerà veramente Caterina oppure un nome simile ucraino, tipo Ekaterina.?” La seconda era che ci sono molti modi, amorevoli, per essere e fare famiglia.

PICCOLE STORIE DI OLIVIA E DELLA SUA MAMMA

 Placido sabato mattina a casa Stuker/Ranieri. Ancora in pigiama.

Anna ad Olivia: “Guarda che non gioco con te se non parli italiano”



Olivia subito offesissima, sembra pensare “Ma come, ti offro l’occasione di divertirti con me perché sei la mia amatissima mamma e tu mi ricatti per una cosa astratta che non capisco bene in che cosa consista come l’italiano?”

Immagino che il sereno sia però tornato molto presto. Anzi, lo so, li abbiamo appena chiamati.

domenica 13 ottobre 2024

E UNA STORIA ESATTAMENTE OPPOSTA?

 Nell’impresa agricola di cui Roberto è presidente ed amministratore delegato,  come ogni autunno inizia la lotta alle “ponghe” (denominazione locale di ratti o pantegane) che in particolare in autunno e inverno minacciano i pollai, rubando il cibo delle galline in modo spesso famelico e aggressivo

Il capo degli operai agricoli del podere, M., persona pacata, affidabile e amorevole (tutti noi ci sentiamo rassicurati in sua presenza e i ragazzi disabili che frequentano il podere con inserimenti lavorativi lo portano in palmo di mano) ingaggia la sua lotta con le ponghe utilizzando il veleno in basse dosi, utili per ammazzare le ponghe più piccole, ma che riesce solo a tramortire quelle più grosse, e quindi deve lui pensare a finirle - il modo mi è sconosciuto, in modo particolare perché non voglio in effetti conoscerlo.



Insomma, M.l’altro giorno trova di fianco al pollaio, tramortita, una ponga molto grossa e con le mani accuratamente protette da grossi guanti, la prende per andare a finire il lavoro in un posto riparato, ma incontra R.,  una dipendente del podere ed una delle tre/quattro gattare e animaliste (purtroppo per J.D. Vance tutte anche mamme - e tutte anche con laurea) che lavorano con vari ruoli nel podere e che amorevolmente si prendono cura di ogni animale che frequenta abitualmente o occasionalmente il podere. R. chiede con ansia a M. “No, no, non ammazzarla, portala là in fondo ai campi e lasciala libera, poi si riprende”.

Non ho assistito di persona alla scena, ma posso immaginarla con una certa chiarezza. M.  ha sorriso con quel suo pacato sorriso e senza commentare ha continuato per la sua strada, pensando “Studiare tanto e amare gli animali va benissimo, ma qualche danno collaterale lo fa”

sabato 12 ottobre 2024

PICCOLE MERAVIGLIE



 Stamattina, una bella mattina di ottobre soleggiata e tiepida, ho pensato di fare l’ultimo raccolto di basilico per l’ultimo pesto fresco della stagione (ne ho diversi congelati, buoni, per carità, da consumare in pieno inverno, ma mai così intensamente profumati come il pesto appena fatto).

Ho raccolto un bel cesto di basilico dalle mie varie piantine sparse qua e lá nel giardino, di cui ovviamente ho buttato via più della metà (molte delle foglie cominciano ad annerire - è l’ora di morire), ma da cui ho ricavato comunque 160 gr di foglie di basilico, due sughi per la pasta.

Mentre pulivo vedo una minuscola pallina non più grande di un’unghia e sto per schiacciarla pensando fosse un insetto, ma poi mi rendo conto che è una minuscola lumachina che lasciata lì si apre e passeggia col suo corpo completamente trasparente.

Roberto (grande nemico delle lumache, ghiotte della nostra insalata) dice che è una lumaca appena nata. Una piccola meraviglia.

(PS la sua momentanea bellezza le ha salvato la vita, non ho avuto cuore di schiacciarla come faccio con le sue sorelle adulte e l’ho liberata nel giardino)

domenica 6 ottobre 2024

IL PESO DEI PADRI

 "I bambini che nascono e crescono in Medio Oriente - Israele, Gaza, Cisgiordania, Libano - sembrano bambini come tutti gli altri. Anzi, sono bambini come tutti gli altri. Sono persone nuove, nascono nuove. Pagine bianche. Dovrebbe spettare a ciascuno di loro scrivere, riga dopo riga, la propria vita.

Non è così. Ogni bambino che nasce da quelle parti, dal momento stesso in cui viene al mondo, trova il suo libro già scritto. Lo hanno scritto il padre, e il padre del padre, e il padre del padre del padre, e tutti i padri prima di loro. 

Delle madri si sa molto meno. Hanno avuto diritto di parola solo molto di recente. E non dappertutto. E sicuramente le madri non hanno scritto neppure una riga dei due Libri per eccellenza, la Bibbia e il Corano. Che sono i Libri del Padre.


Nel caso di un bambino israeliano possiamo addirittura contarli, quanti sono questi suoi padri antenati. Sono centoventi. Il calcolo è presto fatto. Netanhyau, in un paio di suoi discorsi, per legittimare la sua scelta di guerra ha fatto riferimento a Re David. Che regnò su Gerusalemme tremila anni fa. Mille anni prima che nascesse l’ebreo più celebre di ogni tempo, Gesù di Nazareth.

Poiché ci sono quattro generazioni per secolo, il totale, da Re David a un bambino che nasce oggi in Israele, è di centoventi generazioni. Eppure l’ultimo brevetto di guerra degli israeliani, un missile intercettatore, si chiama David’ Sling. La fionda di Davide. L’arma più moderna, più tecnologica, l’arma neonata, porta il nome di un capotribù dell’Età del Ferro. Un famoso verso di Salvatore Quasimodo dice: “Sei ancora quello della pietra e della fionda, uomo del mio tempo”.


Bisognerebbe fare il conto di quanti padri si portano in spalle, appena nati, i bambini delle altre tribù della zona, i musulmani sunniti, quelli sciiti, i cristiani delle varie chiese. Un mosaico di popoli e di religioni che, per fortuna, non comprende più i sumeri, gli ittiti e i fenici, ma non diciamolo ad alta voce che qualcuno potrebbe prenderlo come un suggerimento. Si tratta comunque, poveri bambini, di un peso immane, una catena senza fine, generazioni di perseguitati e di persecutori. Da secoli. Da sempre. Una volta invasori, una volta scacciati. Ho letto, e temo che sia vero, che il 60 per cento dei miliziani di Hamas sono orfani di precedenti conflitti… Nascono già assegnati al loro destino di guerra.


Come se ne esce? Ho proprio paura che non se ne esca. Perché l’unica via d’uscita possibile, centoventi generazioni dopo re David, sarebbe una rivoluzione impossibile. La rivoluzione dei bambini. I bambini e le bambine che si rivoltano contro i padri, anzi contro i loro centoventi antenati diretti, e dicono: la mia vita è mia. Io sono mio. Non sono venuto al mondo per vendicare i torti di secoli fa, o per rivendicare vittorie sepolte nel tempo. Non voglio inciampare nelle ossa dei morti, sono venuto al mondo per vivere. La Bibbia, il Corano, e tutte le vostre memorie, li considero con rispetto. Lo stesso rispetto che riservo a chi mi ha preceduto, e mi ha dato la vita.

Ma il mio libro, me lo scrivo da solo."


Michele Serra a Che Tempo Che Fa

lunedì 30 settembre 2024

DONNA VITA LIBERTÀ

 In questi giorni il Papa ha definito l’aborto un “omicidio” di bambini, le donne che lo praticano “assassine” e i medici che lo praticano “sicari”. In quanto esponente di un mondo in cui la “frociaggine” impera e di vecchi maschi non solo privi di figli, ma privi dell’esperienza stessa di rapporti con le donne e portatori di dinamiche familiari e lavorative nulle, mi chiedo (e mi viene da ridere) “da che pulpito”…

Da atea, ammetto che Papa Francesco non mi è piaciuto mai di più dei suoi predecessori: tutti esaltano il suo ruolo pastorale vecchio stampo e io lo riconosco come il modo accattivante di bontà esibita e ipocrisia ben costruita così caro alla Chiesa Cattolica. Vecchio stampo, appunto. Quindi non sono per niente “delusa” da Papa Francesco, piuttosto sorpresa invece che la verità sia stata per una volta detta chiaramente.

Grazie per avere offeso tutte le donne, così tentate dall’omicidio dei loro bambini e adesso anche i (pochi, per convenienza) ginecologi non obiettori. Sono invece eroi quei ginecologi che prendono lo stipendio dallo Stato ma si rifiutano di applicare una delle sue leggi. Nessuno li costringe, è ovvio, ma vadano a lavorare per il privato, grazie.

In quanto a noi, continueremo a cercare di fare del nostro meglio, mettendo al mondo e allevando figli maschi che rispettino i nostri diritti e la nostra integrità.  Se come dice il Papa (mentendo spudoratamente) la Chiesa è donna, allora forse la chiesa ha una speranza. Ma quello che importa è che la vita, nella sua faticosità e complessità, diventi sempre più donna.

Donna, vita, libertà.


mercoledì 18 settembre 2024

UNA PICCOLA LUCE NELLA NOTTE




 Così è andato, stamattina, volato a Parigi verso il suo dottorato,  carico di entusiasmo, aspettative e ansie e con un progetto concreto di iniziare a formare il suo nucleo familiare (Nina lo dovrebbe raggiungere in novembre, espletate le formalità di lavorare da remoto in un altro paese e in una casa che deve ancora essere trovata).

Cosí è andato, portandosi con sè le piccole routine che avevamo creato in questi due mesi di convivenza e che ci mancheranno per un po’ - ne creerà altre, lontano e con altri.





E il mio vecchio cuore, che ha visto tante partenze, non si abitua mai - ogni volta si spezza. E poi si adatta, faticosamente, ma si adatta. La vecchiaia non mi piace affatto, è piena di cose spiacevoli, ma una delle cose peggiori è questo svanire di un’idea di famiglia che era la mia famiglia e che faccio fatica ogni volta a riadattare a una famiglia nuova, ramificata, spezzata e molteplice. Ma è poca cosa, in fondo, stiamo tutti vivendo la vita che ci siamo scelti e costruiti giorno dopo giorno.

Da alcuni anni, dopo avere letto un articolo sull’usanza di mettere candele alle finestre per facilitare il ritorno a casa di notte (in tempi in cui non c’erano i flash dei cellulari e nemmeno le luci dei lampioni), ero solita, se Anna o Luigi tornavano la sera dopo che ero andata a letto, lasciare accesa una candela sul tavolo della cucina. Mi sembrava un piccolo faro che vegliasse sul loro ritorno a casa e lo facilitasse. Da un po’ ovviamente non lo facevo più (Gigi è partito per Monaco un anno e mezzo fa), ma in questi mesi in cui è stato a casa è capitato qualche volta e mi piaceva molto andare a letto, spegnere tutte le luci e voltarmi ad ammirare la piccola luce sul tavolo. Da stasera tornerò a non farlo più, ma solo per stasera accenderò ancora la candela per suggellare due promesse. La prima, facile, è che questa casa e questa famiglia sarà sempre qui per loro, quando e come lo vorranno. La seconda, che non so se saremo capaci di mantenere, è che non saremo un peso per le loro vite.

Una piccola luce nella notte. Buon viaggio, Gigi (solo piccole cose stupide da mamme).



venerdì 6 settembre 2024

“DISPONIBILE A QUALSIASI COSA” /STUPITECI

 Non intendevo lasciare mia moglie che per me è la persona più importante della mia vita. Sono disponibile a qualsiasi cosa, ma non a rinunciare a mia moglie”.

Pensa se non lo era, la persona più importante della sua vita.
Non farei considerazioni sulle vicende personali del ministro Sangiuliano se non fosse andato lui stesso a descriverle in espliciti termini al Tg1. E farò solo due brevi considerazioni su tutta la storia, non perché non ce ne siano da fare – dal disperante al comico – ma perché che altro ancora vuoi dire?

La prima è che non c’è niente di “serio”, niente di “grave”, in questa storia, se non il suo essere esemplare del livello di mediocrità umana e stupidità che prevale in una crescente parte degli umani di questo paese. Ma in sé la storia è solo ridicola e penosa, e sono ridicoli e rivelatori della scarsezza di idee e impegni anche i toni indignati e solenni delle opposizioni: dal marziano allarme sui presunti segreti per la sicurezza nazionale detenuti dal ministro Sangiuliano, all’emergenza sulle riprese video a Montecitorio (qualunque deputato pubblica foto di Montecitorio), alle accuse al Tg1, che è un telegiornale e ha (per amichettismo, certo) fatto lo scoop dell’intervista al protagonista della notizia della settimana.
Il massimo di capacità di mettere in crisi il governo in due anni le opposizioni lo stanno esibendo grazie a quanto è scemo il ministro della Cultura nelle sue relazioni private.

La seconda cosa è questa, che riguarda le frasi qui sopra dette dal ministro Sangiuliano al Tg1. Per il quale sua moglie – la quale ci perdoni tutti per questa indiscrezione, la cui responsabilità è però di uno solo – “è la persona più importante della sua vita”: e però ha appena comunicato di averla tradita con una relazione con un’altra persona. Questo è il modo con cui il ministro – esemplare occasionale di una affollata categoria di pensiero e comportamento – ritiene si trattino le cose e le persone più importanti della vita, e il livello di priorità che si è dato in questo senso. Quale fiducia si deve avere nella coerenza e nell’affidabilità su qualunque altra cosa importante per tutti di cui si occupi un ministro?
Lo scandalo eventuale è solo qui: il potere agli scarsi, il prodotto della prolungata guerra culturale e politica contro le qualità umane, morali e intellettuali. E il risultato è il ridicolo, senza mai neanche la dignità del drammatico.

(Luca Sofri, blog Wittgenstein, 6 settembre 2024)

Chissà se sua moglie sarà invece disponibile a lasciare un uomo di cosí eccelsa statura morale…

Peggio lui o peggio lei? Se è capitato anche a voi di partecipare alle animate chiacchiere di fine estate sulla vicenda Sangiuliano/Boccia, invidio quelle e quelli che hanno saputo prendere posizione a favore dell’uno o dell’altra. Io sono partito da un salomonico ex aequo, “peggio tutti e due”, non sono riuscito a muovermi di un centimetro e un poco mi dispiace: stabilire un o una peggiore consentirebbe di scoprire che c’è anche un o una migliore, o comunque meno peggio.
(Avrei dovuto fare una premessa, la faccio adesso: non stiamo parlando di due persone ma delle loro figure mediatiche, dei ruoli interpretati davanti a un folto pubblico. Le persone godono, tutte, di una loro impenetrabilità, per dirla un poco all’antica hanno un’anima, e l’anima delle persone, almeno per adesso, non è un bene disponibile sul mercato mediatico. Resta rinchiusa. Non conosciamo l’anima di quei due. Ma il ruolo sì, lo abbiamo visto in scena. È di quello, dunque, che legittimamente parliamo).

La mia opinione, a sipario chiuso, è che sia il tipo di relazione a far cadere le braccia. La sua decrepitezza, la sua scontatezza. Miliardesimo remake di un film vecchio almeno tre o quattromila anni. Il maschio di potere che usa il suo ruolo per sedurre (o illudersi di sedurre) la dama ambiziosa che lo corrisponde per farsi strada in società. Non stiamo parlando di Luigi XV e della du Barry, non stiamo parlando di Versailles ma della provincia campana e della sua piccola borghesia, tutto è in scala minima, le grandi cortigiane erano colte e ingegnose, usavano l’eros come chiave per schiudere le porte del Palazzo ma una volta dentro sapevano essere artefici, o tra gli artefici, della politica e della cultura. Se du Barry avesse avuto un account Instagram, sarebbe stato in tre lingue, raffinatissimo, e fotoscioppato (ante litteram) dai più prestigiosi truccatori, parrucchieri, sarti, decoratori e tappezzieri di Francia.

Naturalmente non è lecito né generoso imputare ai nostri due coevi di non essere all’altezza di quel modello. Esiste un patriarcato kolossal, fastoso e tragico, e un patriarcato malamente emulato (il kitsch è l’emulazione fallita, diceva Tommaso Labranca). Però possiamo, questo sì, lamentare il piatto, banale conservatorismo di quei due ruoli e di quella relazione. Compreso il patetico finale, molto nazional-popolare, di lui colto sul fatto che piange e invoca la moglie, santa donna; e l’amante che, sfiorata la legittimità e ricacciata nell’illegittimità, sibila “non finisce qui”, lasciando intendere che nella sua non breve incursione a Palazzo ha aperto certi cassetti, carpito certi segreti, e dunque facciano attenzione, là dentro, a come parlano.

Ogni relazione (quasi ogni) è una prestazione di coppia, la si mette in atto in due, e dunque non è mai facile distinguere bene le responsabilità, capire chi ha voluto che cosa, e perché. Nel piccolo groviglio si possono distinguere, naturalmente, scorci differenti, che legittimano soluzioni differenti del gioco “peggio lui o peggio lei”. Lui più citrullo e dunque meno colpevole? Lui più potente e dunque più colpevole? Lei costretta dalla stratificazione secolare del potere maschile a usare l’eros come strumento di carriera? Lei ben contenta di usare l’eros come scorciatoia per la scalata in società, risparmiandosi ben altre fatiche professionali e culturali? Ogni opinione è legittima, io resto inchiodato alla mia prima impressione: è quel tipo di relazione nel suo insieme che mi sembra tristemente giudicabile. Ruoli ossificati, come se niente fosse cambiato sotto il cielo dai tempi di Versailles, salvo la metratura delle stanze dove si combinano le faccende d’amore e di potere, e il calibro delle decisioni che si prendono tra le lenzuola. Quanto all’eros, è ingiudicabile, come l’anima. Magari il Re e la du Barry, sotto quei baldacchini, combinavano poco e male, mentre nei peggiori motel si fanno faville. Rispose Mastroianni, a chi gli chiedeva come ci si sente ad avere amato dive bellissime: “ci sono sconosciuti, nel mondo, che hanno amato sconosciute bellissime, e nessuno ne sa niente”. Magnifico e definitivo.

In ogni modo, tornando ai nostri due non eroi, fossi stato il drammaturgo di questo piccolo atto unico avrei cercato disperatamente di inserire qualche variante, perché lo spettabile pubblico potesse almeno sperare in qualche inattesa novità di stagione. Un colpo di teatro. L’avanguardia che spiazza i classici. Qui di seguito alcuni esempi di possibili battute inattese, che avrebbero fatto uscire di scena l’odore di stantio, e consentito ai due attori momenti di gloria che il loro povero copione non ha previsto.

Lui: “Sì, ho un’amante. La scelta più azzeccata della mia vita. Anche mia moglie è entusiasta perché mi levo dalle scatole più spesso del solito. Non vede l’ora di conoscerla per ringraziarla”.
Lei: “Davvero lui fa il ministro? Pensavo avesse una pizzeria a Positano. In ogni modo non è un problema, pazienza se è ministro, mi sono messa con lui solo perché mi fa impazzire fisicamente”.
Lui: “Sono per l’amore libero. Credo che la famiglia tradizionale sia una camera a gas. Amatevi, toccatevi, sentitevi liberi e datevi piacere. Checché se ne dica, è molto meglio fottere che comandare. Parola di ministro”.
Lei: “L’informazione, in questo Paese, funziona malissimo. Sono stata fidanzata anche di Mattarella, ho un figlio con Draghi e una figlia con la Santanché grazie alla fecondazione eterologa. Possibile che non vi siate mai accorti di niente?”
Lui: “A letto le leggevo de Maistre e Prezzolini, ma si addormentava sempre. Non siamo mai riusciti a combinare nulla”.
Lei: “Se mi date il numero di telefono di Giuli, lo contatto subito. I ministri della Cultura sono il mio tipo d’uomo”.

(Michele Serra, OK Boomer, il Post, 9 settembre 2024)

Serra un maestro a usare l’ironia come arma di critica e satira “UNA RISATA VI SEPPELLIRÀ “

mercoledì 28 agosto 2024

INFATTI…

 


LA MADONNA DI FONTANELLATO

 


Cucina, ore 8:15 del mattino, due anziani signori stanno facendo colazione e la TV è accesa su Omnibus (la 7) che manda in onda un servizio sui russi che imperversano con razzi e missili e bombardamenti sull'Ucraina, anzi sui civili e le infrastrutture civili dell'Ucraina. Ascoltiamo anche perché ho visto che tra gli ospiti commentatori c'è anche Fubini, che in genere ha cose interessanti da dire. Parla per il momento una Senatrice del Movimento 5 Stelle che alle 8 del mattino appare pesantemente truccata e pesantemente ingioiellata. Mi viene in mente mia nonna, donna semplice e di studi limitati, ma dotata di una certa innata finezza, che davanti a uno spettacolo del genere commentava "Quella si crede di essere la Madonna di Fontanellato" (la Madonna di Fontanellato è una statua di Madonna con annesso Santuario sito nel paese di Fontanellato, oggetto di devozione locale in particolare ai tempi della generazione di mia nonna, pur di suo non particolarmente devota. La statua presenta una Madonna pesantemente ingioiellata).

Dalla bocca della Senatrice, in collegamento, parte la solita sequela di frasi fatte sul pacifismo del Movimento e sul fatto che il Governo/l'Europa/gli Stati Uniti/il PD ecc non hanno organizzato dei tavoli di negoziazione tra la Russia e l'Ucraina per raggiungere la pace (stavolta il soggetto era il Governo, ma la frase può avere altri soggetti a seconda dell'occasione), ovviamente senza perdersi in inutili argomentazioni rispetto al come e alla verosimiglianza delle negoziazioni di pace (basta enunciare e non spiegare). Noi assistiamo muti, assuefatti al solito spettacolino. Poi la Senatrice parte con "Non so quanto i vostri telespettatori abbiano capito del servizio di apertura.." e allora sento Roberto sbottare, mugugnando e cercando contemporaneamente di continuare a ruminare i biscotti frollini da me amorevolmente preparati e sfornati per la colazione "Questa ci crede dei cretini. Se ha capito lei il servizio sta pur certa che l'abbiamo capito anche noi".

Niente da dire e da obiettare, anzi sono scoppiata a ridere. Forse è una buona idea chiedere aiuto alla Madonna di Fontanellato

giovedì 22 agosto 2024

BELLISSIMA INIZIATIVA


Putin approva il decreto per offrire asilo ai giovani occidentali che rifiutano la democrazia liberale: “Accogliamo chi respinge omosessualità e globalismo”

Putin ha firmato un decreto sul «sostegno umanitario» che rende più facile ottenere il permesso di soggiorno per quegli stranieri che «condividono i tradizionali valori spirituali e morali russi».

A coloro che esprimeranno il desiderio di stabilirsi nella Federazione Russa sulla base della non accettazione delle «linee guida ideologiche neoliberiste distruttive» imposte da alcuni governi verrà concesso un permesso di soggiorno temporaneo senza dover passare per la trafila delle quote migratorie e senza dover sostenere l’esame di lingua e storia previsto per i migranti economici.

Le nuove facilitazioni non saranno per tutti: il ministero degli Esteri stilerà una lista dei Paesi che «impongono linee ideologiche neoliberiste distruttive che contraddicono i valori tradizionali». Stranieri e apolidi potranno ricevere visti ad ingresso singolo di tre mesi, per recarsi in Russia e presentare richiesta di permesso di soggiorno per ragioni ideologiche. 


La trovo una bellissima iniziativa e spero abbia enorme successo, anzi auspico che tutti coloro che nel nostro Paese sostengono “i valori tradizionali” emigrino in Russia e lí li mettano finalmente e concretamente in pratica. Saremmo tutti più felici.

venerdì 16 agosto 2024

STORIE DI ANNA - GELATO DI PRUGNE

 Anche ad Anna piacciono le storie e ogni tanto ce ne racconta una del suo numeroso nucleo familiare: Andrè, il suo compagno, ha tre figli da un matrimonio precedente, due fratelli con una famiglia e un paio di figli a testa, una amorevole mamma - Omo - con un amorevole compagno tedesco, Heli,   poco più che settantacinquenni, molto in gamba e molto attivi e che si prendono cura dei vari nipoti e della loro vita. Così penso di potere iniziare, con il suo consenso, una nuova rubrica dal titolo STORIE DI ANNA. Questo è il testo del messaggio Whatsapp che abbiamo ricevuto da Anna un paio di giorni fa (il messaggio è originale, in corsivo e tra parentesi i miei minuscoli editing


Una storia bella: come sapete quest’anno abbiamo una produzione eccezionale di prugne, non solo deliziose ma sanissime, neanche un Casimiro (Casimiro è il piccolo scherzoso modo di dire che in famiglia abbiamo tutti imparato dalla nonna Bianca per indicare i vermetti e le piccole infestazioni che rovinano i frutti). Di conseguenza ho iniziato a processarle, svariate marmellate e torte. Ho iniziato anche a distribuirle in giro per la mia rete: Omo e Heli come sempre ottimi sponsor, hanno fatto torte e marmellate per tutti e continuano, a parecchi amici che sono stati costretti a fare torte per famiglie e uffici, Kita (l’asilo nido, ovvero la scuola di Olivia) svariati chili tutti i giorni quindi merende per 40 bambini e infine anche 5 chef che lavorano con me che le hanno trasformate in varie cose: ricoperte di cioccolato, succhi di frutta, fermentate in vino, essiccate e molte confetture e simili. Però il bello viene adesso, Heli & Omo ci raccontavano ieri sera che oggi sarebbero andati a trovare un signore di 95 anni, tale Fred, che non mangia più dolci e non ha più tanta fame ma l’unica cosa di cui ha veramente voglia è il gelato alla prugna. E noi un po’ stupiti commentavamo che strana cosa, che strano gusto…Andrè ha preso in mano la situazione e ieri sera dopo avere cercato ricette varie alle 22.30 si è messo a fare il gelato alla prugna per l’amico Fred (solo per capire meglio preciso che André è molto appassionato di cibo e ha frequentato la scuola alberghiera da ragazzo). Ecco Fred oggi è molto contento e dice: “tuo figlio potrebbe farlo un’altra volta”


Da sinistra a destra Omo, Fred e Heli (e il gelato di prugne di Andrè)



E la storia continua…


Omo e Heli sull’albero nel giardino di Anna e Andrè che continuano a raccogliere prugne. Ai piedi della scala tre nipotini biondi tra cui Olivia




SVOLTE

 Il 13 agosto appena passato nostra figlia Anna ha compiuto trentasei anni.

Ho pensato che trentasei anni fa siamo diventati mamma e papà e la nostra vita da quel momento è radicalmente cambiata. Per fortuna.

Auguri, Anna!



sabato 10 agosto 2024

AIUTO! NON HO NIENTE DA METTERMI

 Lo ammetto, quello che io credevo ed etichettavo come "trend" è ormai diventato una moda, anzi una moda consolidata. 

Quale trend? quello di dire impunemente tutto e fare esattamente il contrario, senza vergogna, senza pentimento, senza ripensamento.

Gli esempi sono molteplici, ne cito alcuni alla rinfusa, ma ce ne sono molti altri:

- Putin che invita l'Iran a "non colpire i civili" quando lui da anni (con intensificazione negli ultimi due anni e mezzo) massacra civili

- Trump che accusa del suo attentato Biden e "il clima di odio" che hanno creato intorno intorno a lui, mentre sparge ogni giorno e a piene mani insulti e incitamenti al non riconoscere il voto democratico (per tacere del fatto che l'attentato è stato compiuto con una di quelle armi d'assalto che Trump difende ad oltranza dai timidi attacchi dei democratici).

- papa Francesco che pubblicamente afferma "chi siamo noi per giudicare le persone omosessuali" e poi discetta ripetutamente in privato sulla "frociaggine" che vede in giro

- la Meloni e la sua coorte che lamentano ad alta voce l'egemonia della sinistra sulla cultura, mentre occupa fino all'ultimo strapuntino di ogni possibile carica pubblica in RAI, istituzioni culturali ed enti culturali e infarcisce la TV pubblica di narrazioni di destra dai conduttori alla fiction

- e i giornalisti? Esempi a bizzeffe (secondo me il campione è Travaglio, per quanto riguarda dire cose non vere assolutamente, ma ammetto di non leggere firme dei giornali di destra che mi dicono imbattibili).  Sul tema specifico, prendo ad esempio un articolo dell’Huffington Post a firma Marina Terragni sul gettonatissimo tema della pugile algerina che pare affetta da sindrome di Morris (iperproduzione di testosterone) su cui si è scatenato lo shitstorm dei russi (in fondo poi l’Algeria è un concorrente del gas russo, no?) e di quelli di destra per cui ogni diversità è una minaccia (anche essere omosessuali è una “malattia”). Ebbene, la giornalista dell’Huff esordisce censurando fortemente chi pontifica sul tema (“tutti commissari genetici”) per poi pontificare per 6 colonne e circa 300 righe sul tema da una prospettiva “femminista”. Evidentemente non è una genetista, ma se ne intende di moda.

- e poi.. beh, Salvini è su questi argomenti il nostro eroe. Ogni possibile contraddizione e castronata è da lui agevolmente praticata. Quella che continua a farmi più ridere è il suo sostegno alla famiglia tradizionale, mentre il comportamento privato è una continua smentita della famiglia tradizionale (notevole è anche il baciare continuamente croci e rosari, mentre incita a lasciar affondare barche piene di esseri umani che cercano di valicare il Mediterraneo).

Così, insomma, riluttante, ma devo ammetterlo: è una moda consolidata e ampiamente praticata. Era praticata anche prima ma non era una moda, anzi le contraddizioni venivano indicate al pubblico ludibrio. Adesso invece se non dici castronate evidentemente non vere vuol dire che non sei nessuno.

E niente, oggi ho aperto l'armadio e ho constatato con desolazione che non ho niente da mettermi. Il mio guardaroba è ahimè tutto fuori moda. Sigh! come farò?

mercoledì 7 agosto 2024

LA SCOTTATURA DEL FICO

 C’è un detto in dialetto parmigiano che dice (tradotto in italiano) “È davvero un peccato morire, perchè ogni giorno se ne impara una nuova” ed è proprio vero, oggi ho (abbiamo) imparato una cosa completamente nuova.

I fatti: domenica scorsa Roberto ha come al solito lavorato in giardino, nonostante le temperature torride e un’afa insopportabile. Contrariamente alle sue abitudini ha lavorato in pantaloni corti e maglietta (in genere usa pantaloni lunghi e camicia con le maniche lunghe) ed è ovvio il perchè- un perchè che si potrebbe sinteticamente riassumere in “per non morire”. La mattina dopo, dopo una notte tormentata, si sveglia con una sfogazione molto importante su cosce e ginocchia e fino a metà gamba, rossa, gonfia, calda e con prurito. Un po’ di sfogazione anche sulle braccia, davanti e dietro. La sua autodiagnosi è stata un’intossicazione alimentare (essendo io la cuoca di casa mi ha scherzosamente accusato di aver tentato di avvelenarlo) e la sua prognosi “passerà”, ma non è passata e non è migliorata. Oggi decide quindi di passare in farmacia e mentre spiegava e faceva vedere ad una farmacista il suo problema, l’altra farmacista presente ha, con una certa eccitazione, dichiarato “Ma sí, l’ha avuta anche mio marito, è la scottatura del fico!”. È seguita sommaria descrizione sulle foglie e il latte del fico che contengono sostanze ustionanti e fornitura di pomate al cortisone e “ci metterà un sacco di tempo a guarire”.



In effetti domenica Roberto aveva lavorato abbastanza per estirpare alcune piantine di fico che pervicacemente insistono a rispuntare, complice il nostro vecchio enorme fico di casa e contrariamente alle sue abitudini lo aveva fatto in pantaloni corti e maglietta.

Tornato a casa, una immediata ricerca su inernet ha confermato e precisato

Il latice del fico è presente nel tronco della pianta, nelle foglie e nelle bucce dei frutti: si tratta di un liquido denso e bianco, visibile quando si incidono parti della pianta. Tra i vari composti chimici presenti nel latice del fico, ci sono anche le furanocumarine, molecole con azione fototossica.

Le furanocumarine o psoraleni sono tra le sostanze fotosensibilizzanti più conosciute e studiate. Si tratta di molecole dotate di una struttura in grado di assorbire i fotoni dei raggi solari. Le furanocumarine sono capaci di accumulare energia dai fotoni e di mantenere elevato il loro livello energetico nel tempo, per poi scaricare tutta l’energia di eccitazione in una volta, verso l’interno.
Se le furanocumarine vengono in contatto con la pelle e successivamente ci si espone al sole, l’energia accumulata e riversata tutta insieme causa scottature solari e ustioni che possono essere anche gravi. In alcuni casi si possono anche formare macchie scureiperpigmentate che possono perdurare anni sulla pelle.

Cavolo, mai sentita questa cosa in tanti anni di vita in campagna. Quante cose da imparare…


PS ricevo da un amico via Whatsapp quest’altra piccola storia

Agggiungo un’altra curiosità. Ero ragazzino e giocando ripetutamente in ginocchio a terra nel mio cortile mi erano comparse delle verruche che non volevano più andarsene. Un mio caro zio arrivò con un ramo di fico, staccò due rametti e lasciò gocciolare sui miei ginocchi un liquido lattiginoso e colloso. Operazione ripetuta il giorno successivo. E dopo pochi giorni le verruche erano sparite