lunedì 26 dicembre 2022

DI GALLINE, ANZI, FEMORI DI GALLINE

 La serie “Cosa succede a Sanguigna”, anche se sembra impossibile, non perde la sua linfa vitale. 

Ecco, cosa succede a Sanguigna? Succede che abbiamo un pollaio con un gallo e un numero variabile di galline (mai più di dieci), che il nostro pusher fornitore di galline è il podere Stuard e che non essendo noi particolari fan del brodo di carne prediligiamo galline ovaiole che ci durano anni (credetemi, le uova del pollaio sono tutt’altra cosa che le uova del supermercato e noi siamo viziati).

Succede che da quando è mancata mia suocera, domina assoluta del pollaio e di tutte le decisioni riguardanti il pollaio stesso, è subentrato il suo degno figlio Roberto che ha sviluppato un forte attaccamento al pollaio e a tutti i suoi componenti, recentemente per esempio decretando la morte di un gallo ancora giovane (cfr nel blog la sorte mortale del gallo precedente a questo) perchè “è troppo grosso e spezza la schiena delle povere galline”. Succede che appena può Roberto libera nel pomeriggio le galline per qualche ora sopportando di trovare nell’aia qualche merda di gallina e alle galline le “ore d’aria” piacciono un sacco. Succede che le galline non sono tutte uguali e che le preferite di Roberto sono due, di indole particolarmente docile e che ti seguono nell’aia, chiamate “le sciocchine” perché, portate nel pollaio dallo Stuard, ci hanno insolitamente messo qualche giorno per imparare a entrare nel pollaio la sera e ha dovuto insegnare loro  come fare.

Un paio di settimane fa succede il disastro: Roberto apre la porta del paddock del pollaio per portare alle galline un po’ di insalata fresca (i residui della pulitura) di cui sono ghiotte e queste cercano di uscire - in prima fila “le sciocchine” che appena hanno visto Roberto si sono come sempre avvicinate. Roberto però non voleva ancora farle uscire e con un piede ha fermato una e con il secchio dell’insalata che aveva in mano ha fermato l’altra. Sfortuna volle, però, che la seconda sciocchina avesse appena cominciato a svolazzare (come fanno le galline) e quindi abbia urtato con una zampa il bordo del secchio, spezzandosi il femore. La gallina è rimasta così, immobile, in equilibrio su una zampa e con un’ala aperta per circa un’ora, per poi accucciarsi a terra.

Roberto è tornato in casa desolatissimo e arrabbiatissimo col destino crudele e baro, raccontandomi  il mal-capitato e rassegnandosi a poco a poco a far fuori la sua preferita, docile, amichevole e ovaiola imbattibile.

Mentre lui preparava gli attrezzi per l’omicidio io ho fatto una ricerca sul Web e ho trovato l’esperienza di un signore che ha steccato la zampa della gallina che in un paio di settimane ha calcificato l’osso ed è tornata a camminare, pur con la zampa storta. Racconto il tutto a Roberto che si convince a tentare. Con Gigi avvolgono la zampa rotta con un pezzo tagliato della canna per innaffiare e lo fissano abbastanza stretto con lo scotch.

Questo succede a Sanguigna.

Ah, volete sapere come è finita? Per quasi due settimane la gallina si è aggirata saltellando su una gamba, ma senza deperire, continuando a fare uova e sempre in compagnia della sorella. Dopo solo pochi giorni dormiva sul trespolo più alto e da qualche giorno posa anche l’altra zampa. Tra qualche giorno le toglieranno il “gesso”, ma sembra salva.

 Forse è un miracolo di Natale…succede solo a Sanguigna.

giovedì 15 dicembre 2022

UN PULLMAN DI TROIE

Le parole del leader di Forza Italia e presidente del Monza calcio

"Il Monza si sta dimostrando una grande squadra. Abbiamo un gruppo forte, un ottimo allenatore e obiettivi ambiziosi. Sono contento di partecipare alla cena per gli auguri di Natale con gli sponsor", scrive sui social il leader di Forza Italia e proprietario del Monza calcio, Silvio Berlusconi.

Ma durante la cena la retorica cambia e Berlusconi rimarca il valore in panchina di Raffaele Palladino dopo aver esonerato Giovanni Stroppa: "Abbiamo trovato un nuovo allenatore che era l'allenatore della nostra squadra Primavera: è bravo, simpatico, gentile e capace di stimolare i nostri ragazzi". Poi arriva la battuta: "Io ci ho messo una stimolazione in più, perché ai ragazzi che sono venuti qui adesso ho detto: ora arrivano Juventus, Milan eccetera e se vincete con una di queste grandi squadre vi faccio arrivare nello spogliatoio un pullman di troie". 



mercoledì 14 dicembre 2022

PRENDERE PER IL CULO I POTENTI

 Charlie Chaplin, nel Grande dittatore, prese in giro Adolf Hitler. Era il 1940. Ancora non si sapeva dei campi di sterminio, ma Hitler aveva già scatenato la guerra, era già l’incarnazione mondiale del sopruso e della violenza. Eppure Chaplin lo trovava comico. E aveva ragione. Se rivediamo un comizio di Hitler, di fonte alla folla oceanica in delirio, proviamo due sentimenti contrastanti: l’orrore, pensando a cosa è stato il nazismo, e l’ilarità, vedendo un ometto invasato che strilla come un ossesso. 

In tutte le forme di prepotenza e di sopraffazione, in tutti i bulli, i dittatori, i golpisti, i fanatici, c’è una componente incancellabile di comicità involontaria. Pochi giorni fa un anziano barone tedesco, con una giacca verde inverosimile, è stato arrestato assieme a un gruppo neonazi perché voleva assaltare il Parlamento. Vedendo le sue fotografie, il sospetto è che l’abbiano arrestato anche per la sua giacca.

Il tizio con l’elmo cornuto che con i suoi compari diede l’assalto al Campidoglio, a Washington, ha commesso un delitto gravissimo in una democrazia. Ma mezzo mondo ha pensato, vedendolo con quell’elmo: guarda che cialtrone.

La nomenklatura sovietica schierata sulla Piazza Rossa, un filare di vecchi maschi con la faccia pietrificata dal potere, come se si stessero già allenando per diventare mummie, aveva una evidente componente comica. Sembravano usciti da una sceneggiatura dei Monty Python. Eppure sotto di loro passava l’arsenale nucleare. Purtroppo lasciato in eredità a Putin.

Nel cinquantesimo del tentato golpe di Junio Valerio Borghese, quello della Decima Mas (ma molto prima di Ballando con le stelle) ci si spaventa pensando a quanto è fragile la democrazia. Ma quando si sente che la Rai doveva essere occupata dalla Guardia Forestale, come è possibile non ridere? Che compito aveva, la Forestale alla Rai? Disboscare il gruppo dirigente? Rendere obbligatori i documentari sulle betulle?

E Mussolini? Se pensiamo che è entrato in guerra con Hitler e ha fatto le leggi razziali, ci fa orrore. Ma la sua maschera mascelluta e pettoruta, specie quando portava il fez, è comicità in purezza. L’indimenticabile Giorgio Faletti, quando faceva la guardia notturna Vito Catozzo, per farsi grosso metteva le mani sui fianchi esattamente come il Duce, porco il mondo che ci ho sotto i piedi. 

Perfino gli haters, quelli che organizzano i linciaggi on line, ci fanno rabbia, la rabbia che si prova di fronte alla disumanità della calunnia e del linciaggio di branco. Ma quando leggiamo i loro messaggi, quasi sempre fanno ridere, perché fanno ridere le frasi sconnesse, l’assenza di ragionamento, fa ridere il cedimento strutturale del comprendonio che è tipico del fanatico, ma anche del cretino. I due termini non sono sinonimi, ma quasi.

 

Il prepotente, il violento, il dittatore, è la rana che volle farsi bue. Intuisci che prima o poi scoppierà. Fa quasi pena, povera rana.

 

Mai abbassare la guardia di fronte ai prepotenti. Ma mai dimenticarsi, nemmeno per un attimo, di prenderli per il culo. Sarebbe un’omissione imperdonabile.


- Michele Serra FB Che Tempo che fa, 12 dicembre 2022

domenica 11 dicembre 2022

INTERPRETAZIONE PERFETTA 2

 A volte la cronaca incalza e ci costringe ad essere congruenti con il proprio pensiero. In questi giorni hanno arrestato, dopo avere trovato nelle loro case SACCHI di denaro, quattro italiani appartenenti all’area di sinistra del Parlamento europeo con accuse gravissime (corruzione da parte del Qatar) aggravate in specifico dalla loro posizione politica (area di appartenenza o origine il sindacato). Particolarmente interessante anche il lato dei legami familiari (ai domiciliari anche moglie e figlia, il bell’assistente parlamentare italiano compagno della bionda vicepresidente greca socialista…). 

Seguendo il filo del ragionamento del precedente post, cosa ci dice tutto questo degli italiani? Corrotti, pasticcioni (suvvia, il contante in casa!), bugiardi, trafficoni, tragattini, indifferenti al bene comune, ma la famiglia -signora mia!- rimane perno essenziale.

Certamente non mi rappresentano e sicuramente non rappresentano la maggioranza degli italiani, ma non c’è dubbio che portino conferme a un certo modo di essere che purtroppo dobbiamo spesso registrare, colpiti ogni volta.

(ho la piccola speranza che vengano fuori coinvolgimenti di esponenti di altre nazionalità…)

Che figura di merda, però!

venerdì 9 dicembre 2022

VERGOGNA!

 Ieri ero in macchina con Luigi diretta al negozio mitico (di Soragna) cui ricorriamo quando qualcuno dei nostri maschi ha bisogno di giacche e/o di vestiti un po’eleganti - Gigi si laurea venerdì prossimo e ha bisogno di un outfit un po’elegantino.

Gigi guida e chiacchieriamo amabilmente del più e del meno quando se ne esce con una storia che non conoscevo

“Perché io fino in terza media, pensavo non ci fossero altre scuole oltre il liceo. Ho capito che ce n’erano altre quando in terza media ho chiesto al mio compagno di classe Mirco Tortini - te lo ricordi? - che liceo avrebbe fatto. Sapevo che c’erano il liceo scientifico e il classico e forse il linguistico e l’artistico. E Mirco  mi ha risposto che lui non pensava di fare il liceo ma l’istituto tecnico per geometri. Lí mi si è spalancato un mondo nuovo e sono risalito a tutte le possibilità in campo. Ma ti rendi conto?”

Poi Gigi mi ha lanciato un sorrisetto e uno sguardo in tralice “Non dovreste vergognarvi?”. Io mi sono messa sulla difensiva dicendo che non gli avevamo nascosto nulla “ma non è questo il punto, è la mentalità che si rivela e a cui mi avete sottoposto,…”. 

Non ho saputo cosa replicare.

INTERPRETAZIONE PERFETTA

 È andata in scena oggi un’interpretazione iconica, quasi perfetta. C’è stato uno scambio di prigionieri tra Stati Uniti e Russia. I prigionieri oggetto di scambio quasi personificano ciò che si pensa dei loro popoli (si pensa, sottolineo. I popoli sono un qualcosa di molto più complesso e variegato, ma qualche verità o tendenza non sono comunque da negare, in presenza di elementi che le suffragano).

La prigioniera americana è una cestista cretina alta due metri che non ha saputo rinunciare al suo piccolo sballo da fumo nemmeno nei pochi giorni trascorsi in Russia. Sono certissima che le giocatrici avessero tutte ricevuto seri briefing sui pericoli inerenti il soggiorno in un paese come la Russia e sono anche abbastanza sicura che, se la intervisteranno (ops, errore, QUANDO la intervisteranno) la suddetta cretina, duramente punita, peraltro, rivendicherà il suo diritto costituzionale agli svaghi personali.

Il prigioniero russo è invece un trafficante d’armi fiancheggiatore di terroristi e soprattutto di regimi terroristici, con le mani grondanti sangue.

Un’americana e un russo, appunto, rappresentanti non del loro popolo, ma di alcune caratteristiche evidenti dei rispettivi popoli.

Intanto, un altro Paese spara sui propri giovani, in particolare sulle proprie giovani donne, e li condanna a morte e li giustizia.

Forse ci meritiamo l’estinzione…

domenica 27 novembre 2022

IL CAMBIAMENTO CLIMATICO E I CAMPIONATI MONDIALI DI CALCIO

 Finalmente, riflettendo,  ho capito meglio la dinamica di un tema che mi lascia sempre molto incerta. Non riesco a capire fino in fondo perchè non ci preoccupiamo abbastanza del tema “cambiamento climatico” (chiamiamolo così perchè sembra più rassicurante, ma é in verità più realisticamente “la fine del mondo”). Tantissimi altri problemi ci appaiono immensamente più importanti, mentre sono razionalmente del tutto irrilevanti rispetto ai danni già irreversibili e sempre peggiori che stiamo infliggendo al bellissimo pianeta di cui siamo ospiti. Non entro nel merito, lo hanno fatto tanti altri prima di me e molto meglio.

Io non sono esente da questa dinamica, doverosamente mi impegno il più possibile nel mio piccolo e mi preoccupo e mi scandalizzo, ma poi ci sono tutti i fatti e gli scandali di ogni giorno che tornano sempre in primo piano. Mi chiedo da parecchio tempo come mai e una prima risposta l’ho avuta da Garimberti e dallo stesso studio della storia: noi uomini siamo molto concreti e razionali, ma anche infinitamente preda di impulsi irrazionali, primordiali, non civilizzati, folli. La pancia interferisce e infiltra il pensiero razionale. Ma la spiegazione mi sembrava ancora altamente insufficiente. Adesso sono arrivati i mondiali di calcio in Qatar e la mia rabbia e indignazione sono montate, ho dichiarato a destra e a manca che erano da boicottare, da ignorare, da rifiutare.

Poi, ho visto il mio marito civilizzato, poco appassionato di calcio tranne che per le partite della Nazionale e negli ultimi tempi qualche partita di Champion mentre sta stirando, con sentimenti e azioni politiche giuste e totalmente condivisibili, ma  che ogni sera si attacca alla TV per la partita di turno (sta vedendo anche in questo momento Germania-Spagna). E allora ho pensato che è umano fare molta fatica ad uscire dal proprio piccolo, dalla sfera intima ed immediata, da ciò che ci piace e ci fa stare bene. Quindi non critico Roberto,anzi. Io non vedo i Mondiali perchè del calcio non me ne frega niente (mi annoia),  non li avrei guardati comunque, quindi il mio boicottaggio non passa il setaccio delle cose vicine, che mi toccano. E io faccio lo stesso con il cambiamento climatico: sono razionalmente molto preoccupata, ma il tema non mi è “vicino” e rimane certo sempre lí, ma sullo sfondo.





LE PRATERIE DEL SOVRANISMO

 Varsi, Comune montano della Provincia di Parma, mi ha fatto riflettere come il sovranismo, più che un movimento, sia in realtà una prateria sconfinata di sovranismi sempre più specifici, dettagliati, vicini… 🤣 🤣 🤣



domenica 20 novembre 2022

FAREBBE ANCHE RIDERE… LAVROV


 Non so se rallegrarmene, dal momento che quello stile di vita ipermaterialista non piace troppo nemmeno a me. O se invece affliggermi per la truffa morale perpetrata ai danni dei ragazzi russi, mandati a morire in nome di un’idea alternativadi mondo che i vari Lavrov sono poi i primi a rinnegare. Loro non intendono abbattere il sistema occidentale, ma diventarne i principali beneficiari. E a farne le spese, di solito, sono i poveri cristi intronati dalle fandonie del potere, a cui fingono di credere anche certi utili idioti di casa nostra, che straparlano di un mondo complesso e multipolare, non perchè vogliano cambiare il mondo, ma perché vogliono cambiare padrone.


Farebbe quasi ridere e preferisco davvero ridere perché a trattarne sul serio non si smuove una virgola, mentre “una risata vi seppellirà “? Non so, ma almeno avrò riso, spernacchiando.

giovedì 3 novembre 2022

TORNANDO DALLA VITA

 

Ogni notte, tornando dalla vita 


Ogni notte, tornando dalla vita,
dinanzi a questo tavolo
prendo una sigaretta
e fumo solitario la mia anima.

La sento spasimare tra le dita
e consumarsi ardendo.
Mi sale innanzi agli occhi con fatica
in un fumo spettrale
e mi ravvolge tutto,
a poco a poco, d’una febbre stanca.
I rumori e i colori della vita
non la toccano più:
sola in se stessa è tutta macerata
di triste sazietà
per colori e rumori.

     Nella stanza è una luce violenta
ma piena di penombre.
     Fuori, il silenzio eterno della notte.

Eppure nella fredda solitudine
la mia anima stanca
ha tanta forza ancora
che si raccoglie in sé
e brucia d’un’acredine convulsa.

     Mi si contrae fra mano,
poi, distrutta, si fonde e si dissolve
in una nebbia pallida
che non è più se stessa
ma si contorce tanto.

      Così ogni notte, e non mi vale scampo,
in un silenzio altissimo,
io brucio solitario la mia anima.

Cesare Pavese



sabato 17 settembre 2022

SINTESI PRESSOCHÈ PERFETTA

 Stamattina, viaggiando tra Olbia e Alghero in macchina, abbiamo ascoltato alcune brevi interviste fatte a passanti della strada ad opera di giornalisti di Radio Capital che chiedevano per chi voti. Risposta di un uomo con marcato accento romanesco (chiedo scusa della traduzione scritta che è sicuramente scorretta)  “pe’ Berlusconi perchè lui ha fatto magnà llaltri e poi ha magnato lui. Tutti llaltri hanno magnato solo loro”. 

I politologi e i giornalisti dovrebbero inchinarsi e forse vergognarsi. Non ho mai sentito una sintesi migliore, quasi perfetta…

giovedì 8 settembre 2022

GROPPO ALLA GOLA

 L’inizio di questa storia coincide con un mio piccolo successo: in vista della visita di Anna e Olivia verso fine mese, una settimana di permanenza a Sanguigna, ho finalmente convinto Roberto di salire nel nostro enorme fienile per tirare fuori dei giochi per Olivia appartenuti ad Anna o a Luigi che fossero adatti per lei. Avendo grandi spazi, ero certa che avremmo trovato cose interessanti, e infatti, ben stivati e accumulati in un angolo, inscatolati e coperti da un telo di plastica, abbiamo trovato un dondolino e una macchinina da cavalcare, una grande sabbiera con coperchio e tre o quattro scatoloni di giochi (perfino il famoso box che usava ai tempi dell’Anna e che già ai tempi di Luigi era considerato anti-educativo). Domenica scorsa con Roberto abbiamo tirato fuori gli scatoloni e io ho promesso di scegliere un po’ di giochi adatti all’età di Olivia rovistandoci dentro con calma. Ieri ho fatto il lavoro, riscoprendo e ricordando deliziata quasi ogni gioco.

La sorpresa è stata che al fondo di uno di questi scatoloni c’era uno strato di carte varie molto vecchie. Le ho portate giù dal fienile e stamattina le ho guardate per buttarle via. Erano appunti e carte sia miei che di Roberto degli anni appena post-università o dell’Università, tanto lavoro, tanta passione per cose ormai dimenticate, ho persino ritrovato un saggio sulla burocrazia fascista che mi aveva commissionato e finanziato il povero Roberto Ruffilli per suoi studi. Una chicca era un bustone colmo delle mie buste paga dei lavori estivi degli anni dell’Università: buste paga del Comune di Parma per il lavoro da educatrice in colonia estiva (anni 1976-1981), di Althea, Greci Geremia e Ardita per il lavoro di operaio stagionale nell’industria conserviera (anni 1976-1981).  Ricordi, montagne di ricordi, un po’ di commozione che bisogna controllare per non perdersi e intristirsi.

Era però in agguato il colpo da groppo alla gola. Tra le carte c’era un notes dove c’erano annotate le cose da fare (dall’appuntamento all’Archivio di Stato, al libro da leggere, l’articolo da cercare, il versamento irpef da fare ecc.). Il notes è questo (e si capisce a che anno risale)


Siccome sono una fedelissima adepta del riciclo, mi sono impegnata a strappare le pagine ad una ad una per buttarle nella carta, fino a che sono incappata in questa pagina


La scrittura è quella della me ragazza, quella con i capelli molto neri e il sorriso sempre pronto. Non so se è una citazione o l’ho scritta io - non ricordo niente. Ma, oggi, un bel groppo alla gola per il resto della giornata. Come faccio a buttare via il notes?

giovedì 1 settembre 2022

MA AVRÒ TUTTE LE ROTELLE AL LORO POSTO?

 A volte mi chiedo (e mi chiedo se se lo chiedano tutti, una volta o l’altra) se ho tutte le rotelle al loro posto, se sono io la strana o strano è il mondo. 

Oggi stavo leggendo il giornale (rigorosamente cartaceo) in quella modalità automatica che i lettori di giornali ben conoscono, selezionando con un’occhiata le cose che mi interessano e da leggere. Mi cade quindi l’occhio su una foto con trafiletto che ricorda (ce ne sono in abbondanza in giro) l’anniversario della tragica morte di Diana Spencer, argomento che per me riveste lo stesso interesse, all’incirca, della storia delle formiche. Ma l’occhiata mi basta per cadere nella mia personalissima malattia che chiamo “sindrome del correttore di bozze”, malattia credo molto rara, ma sicuramente non letale. L’articoletto era questo

Non si capisce nemmeno se la foto è scattata a Parigi o a Kensington, ma quello che mi abbaglia e per me riluce sulla pagina è l’errore ortografico che invece il commento non rileva per niente
[“A great hope crushed in its infancy” cioè una grande speranza spezzata prematuramente, letteralmente nella sua infanzia. “Its” =suo, sua e non “it’s” terza persona singolare tempo presente del verbo essere]. 
Devo essere io la strana, nessuno viene turbato dalla sciatteria intollerabile degli errori di ortografia, ma nemmeno dalla morbosa attrazione tra loro e il mio sguardo. Ahimè….


mercoledì 24 agosto 2022

CITAZIONI (VITO MANCUSO) PER RIFLETTERE

 ENTUSIASMO

"Ci sono dei momenti nella vita, dì solito legati a relazioni con persone o a eventi naturali, che ci fanno sentire di più di essere al mondo, ci fanno sentire più vivi. Non scaturiscono dalla vita biologica, anche se senza di essa non potrebbero avere luogo e interferiscono con essa rendendola più fluida. Scaturiscono dalle emozioni, dal sentimento, dalla ragione fecondata dalla forza della vita, dalla musica della vita che ci pervade fin quasi a farci essere musica. In questi momenti ci sentiamo più vivi, più pieni di vitalità, di energia, di voglia di fare, o forse semplicemente di essere. Voglia di essere, desiderio di esistere. Talora anche coraggio di amare. Momenti nei quali si potrebbe dire che raggiungiamo la pienezza delle nostre potenzialità vitali in modo che sembra (o è una realtà?) che varchiamo la soglia di un’altra dimensione. Gli antichi greci, nostri padri, hanno conosciuto e descritto momenti di questo genere parlandone in termini di entusiasmo" 

CURA E RELAZIONI

«L’essenza della vita è definibile come cura in tutte le complesse articolazioni del suo esistere. Dicendo che nella nostra più intima essenza siamo cura, affermo che siamo relazione, più precisamente un plesso instabile e sempre in divenire di relazioni, che a volte contraggono e a volte espandono la nostra esistenza. Tutto ciò ci consegna al significato attivo di cura in quanto premura e attenzione, e insieme ci espone al significato passivo di cura in quanto inquietudine e affanno. Ciò che comunque emerge come decisivo è il fatto che non c’è prima un io isolato che intreccia poi le sue relazioni, come pensava quasi tutta la filosofia e la teologia del passato che ritenevano di comprendere l’uomo cogliendone l’essenza a prescindere dai suoi legami e dalle sue relazioni. Al contrario, ognuno di noi è e diviene le sue relazioni. E la cura attiva e passiva, è il nostro pathos, a consegnarci la nostra identità». 

VITA AUTENTICA

«Un essere umano cambia quando cambiano i suoi desideri la cui somma si chiama speranza, i quali, invece di tendere verso i bisogni, salgono e divengono aspirazioni, così che, invece di sentire il desiderio irresistibile dell’ennesimo paio di scarpe o di una borsa o di una camicia, o di una carica o di un riconoscimento o di un applauso, inizia a sentire il desiderio di meno scarpe, meno borse, meno camicie, meno cariche, meno riconoscimenti, meno applausi, meno tutto, solo cose vere, per favore, solo cose e persone vere, per favore: musiche vere, pagine vere, amici veri, relazioni vere. Vita autentica». #VitoMancuso #IlCoraggioelaPaura #Garzanti

LA DIFFERENZA TRA ISTRUIRE ED EDUCARE

«La formazione dei ragazzi è sempre meno educazione e sempre più istruzione, istruire viene da instruere, preparare per, e noi prepariamo i nostri ragazzi per essere strumenti in una struttura – ospedaliera, bancaria, aziendale – si concepisce l'essere umano come ingranaggio di un meccanismo più grande; il che non è sbagliato ma non sufficiente perché l'essere umano è la sua interiorità, la sua capacità critica e creativa, quindi non solo a servizio della struttura ma anche capace di ribellarsi alla struttura. Se le materie umanistiche sono ripresentate nella capacità di scoprire l'umano nell'uomo e riattivarlo, questo è educare, e-ducere, tirare fuori. Tirare fuori cosa? La libertà. All'istruzione non interessa la libertà ma l'esecuzione. Questo appiattimento sull'istruzione è un tradimento della nostra tradizione, della paideia classica e dello specifico umano». #VitoMancuso

(Dalla pagina Facebook di Vito Mancuso)

giovedì 11 agosto 2022

LA TECNOLOGIA

 (Ascoltata stasera in dialetto sotto la Pergola della Corale Verdi - Giardino Ducale di Parma, compagnia dialettale la Nuova Corrente - età media degli spettatori sopra i settanta anni, serata piacevole di semplice e popolare comicità)

“Ah che bellezza la tecnologia, quanti doni ci ha dato: il latte e i formaggi senza lattosio, la pasta senza glutine, perfino la carne senza carne… siamo ancora in attesa di un Parlamento senza deficienti”

domenica 7 agosto 2022

AMBASCE

 Ma ditemi voi, come fa una povera moglie sessantaquattrenne a reggere e sopportare un marito sessantaquattrenne completamente affascinato da Marianna Aprile, che l’improvvida programmazione de la 7 fa apparire ogni sera, con i seni prosperosi, l’affascinante erre moscia e la conversazione intelligente, davanti al nostro desco familiare dopo il Tg?

Almeno, gli rallegra la serata, però.

PICCOLE AVVENTURE DI VIAGGIO

 La bellezza dei viaggi, a mio avviso, dipende anche dai piccoli pezzi di avventura che accadono e che a volte ti fanno meravigliare o imbufalire, ma che inevitabilmente insegnano qualcosa. Abbiamo ripercorso con la mente alcune (piccole, dato il furore organizzativo che permea la mia mente mentre pianifico i viaggi) dis/avventure che negli anni ci sono capitate e che ricordiamo con grande affetto. Quest’anno  tra il 18 e il 25 di luglio abbiamo intrapreso un viaggio in macchina attraverso l’Europa con il duplice scopo di riportare a casa (Zurigo) Anna e Olivia che erano venute in visita la settimana prima e poi andare da lí a Parigi per riportare a casa Luigi dopo quasi un anno di studio+tirocinio, concedendoci qualche giorno di viaggio/vagabondaggio in Francia (Digione, Annecy, Yvoire, Chamonix, Chambery, Briançon). Una bella vacanza.

La piccola avventura che voglio raccontare ha avuto un’origine primigenia nella sera del 18, mentre cenavamo tutti sul balconcino affacciato sul lago di Zurigo della casa di Anna e Andre. Chiacchieravamo pigramente mentre calava la notte e iniziava lo spettacolo delle luci sul lago, c’erano il fresco e l’indolenza allegra  tipiche delle fresche sere d’estate, tra persone che si vogliono bene. Quando il discorso è caduto sul viaggio o io o Roberto abbiamo sollevato il problema ancora irrisolto del rifornimento del gas metano della nostra macchina appunto a gas naturale (tutte e tre le nostre macchine sono a gas metano) già un po’rassegnati a subire il salasso dei rifornimenti a benzina. La rassegnazione, però, è un vocabolo pressochè sconosciuto per Andre, che ha cominciato a smanettare con il telefono finchè non ci ha scaricato la app dei distributori di metano in Francia con tanto di orari, prezzi (importanti in questo periodo di prezzi folli) e numeri di telefono. Dalla app abbiamo visto che i distributori di metano in Francia sono pochissimi (una grossa concentrazione intorno a Parigi) ma ce ne sono alcuni (e qui Roberto ha fatto un’osservazione intelligente “Ma come fa ad essere efficiente e remunerativa una rete così poco capillare ed estesa?”). Nel viaggio da Zurigo a Parigi di quasi 700 km abbiamo individuato un distributore nei pressi di Auxerre molto ben posizionato, vicinissimo allo svincolo autostradale e con prezzi accettabili.

La mattina dopo, accompagnata la Oli al suo asilo nido e con un po’ di tristezza accomiatatici da lei, siamo partiti. Viaggiare in Francia è bellissimo, le strade sono perfette e circondate da boschi, fiumi e laghi. Il termometro segna 41 gradi. Arriviamo allo svincolo, usciamo, qualche giravolta ed arriviamo al distributore. Zona industriale deserta, distributore senza addetti e senza macchinetta per i pagamenti, un sole che spacca le pietre, quasi una scena da film americano. Siamo persi ed interdetti, ma ci accorgiamo di una presenza umana di fianco al distributore (all’ombra), un corpo vestito da operaio che sporge dal retro di un furgoncino aperto dentro il quale sta facendo qualcosa. Roberto richiama la sua attenzione e chiede nel suo francese scolastico se sa come funziona il distributore. 

Emerge dal furgone un marcantonio di due metri in tuta blu, completamente pelato e con lunga barba grigia, con una chiave inglese in mano, rosso e sudato, che con impeccabile gentilezza spiega che i distributori di metano in Francia sono solo per professionisti dei trasporti (camion, autobus) e ci vuole una tessera speciale che è solo in loro possesso. Si scusa per la Francia intera per questo tratto di inciviltà che danneggia immeritatamente i turisti. Roberto ed io siamo evidentemente delusi, ma il signore si illumina e dice “Facciamo così”. Apre uno sportello, inserisce una tessera e dice a Roberto di fare rifornimento. Mentre Roberto riempie il serbatoio gira qualche volta una macchinetta intorno alle varie bocchette del distributore, registrando dei dati. Sorride “Facciamo che faccio un check delle condizioni manutentive”. 

Cerchiamo di pagarlo, ma si mette a ridere e non vuole assolutamente soldi, lo ringraziamo calorosamente e lui torna a sudare sul retro del suo furgone. Prima di partire, un po’ esterrefatti dall’esperienza, mi viene però in mente che nella borsa frigo in macchina conservavo alcuni sacchetti di pesche di Sanguigna, parte dell’esagerata produzione di quest’anno, che avevamo portato con noi per il viaggio (ne avevamo lasciato anche 30 kg a Zurigo tra le flebili proteste di Anna). Ho preso un sacchetto e l’ho portato al signore per ringraziarlo e l’ho passato, fresco, nelle sue manone, spiegando che erano pesche dal mio giardino in Italia. Il signore è rimasto quasi senza parole, forse è persino arrossito un po’ e mi ha fatto un sorriso dolcissimo. E siamo ripartiti, credo tutti contenti di ciò che avevamo fatto e vissuto e di ciò che siamo, in fondo fratelli di specie umana che ogni tanto riescono a toccarsi.



sabato 16 luglio 2022

IN RICORDO

 Tre anni fa ci lasciava Andrea Camilleri. E ci manca. Se il mondo assomigliasse a lui non saremmo in pericolo…



venerdì 15 luglio 2022

NON È INCREDIBILE?

Eppure, dopo aver sentito sia Putin che i suoi scherani prezzolati e confusi accusare l'Occidente di aggressione e minacciare guerra e ritorsioni dopo avere apertamente e sfacciatamente invaso un paese sovrano e davanti alle televisioni e agli occhi di tutto il mondo pianificare e portare avanti non solo la conquista, ma la distruzione, l'annientamento, la deportazione, gli stupri. Eppure, dopo aver sentito sia Putin che i suoi scherani prezzolati e confusi nei talk TV russi minacciare continuamente di distruggere l'Europa con ordigni nucleari e vantarsene, l'accusa fatta agli occidentali è quella di fomentare la guerra che loro stessi hanno iniziato (chissà quando e chissà come). 
 Eppure, ci sono pseudo intellettuali e pseudo politici italiani che dicono che l'Occidente è ipocrita e spostano l'attenzione sull'"allargamento a Est della NATO", dimenticandosi di sottolineare che è stato chiesto dagli stessi popoli interessati, prima ancora che dai governi e spostano l'attenzione sui molti conflitti in cui l'Occidente ha messo le mani (Afghanistan, Irak, Libia, Kossovo, perfino Vietnam e Cuba) dimenticando sia la maggiore complessità delle situazioni sia le folle oceaniche - io c'ero per l'Irak e la Libia, in Kossovo e Afghanistan la situazione era molto meno chiara - che manifestavano contro e che non vedo nè in Russia nè in Cina oggi. 
 Avrei una proposta: i sostenitori e giustificatori di Putin siano coerenti: invece di vivere in questo Occidente ipocrita e marcio vadano a vivere nella Russia vittima e minacciata. Tutti ne trarrebbero vantaggio. 
 PS. non sono fieramente filo-Occidentale, AFFATTO, sono solo saldamente convinta che la democrazia valga la pena in ogni caso, nonostante le contraddizioni, gli errori, le ipocrisie. E che la democrazia sia un faticossimo accumularsi di parole, discussioni, arretramenti e avanzamenti, degenerazioni, fino alla attuale follia di gente che nega i fatti, rimescola malamente e superficialmente l'evidenza - ma che valga comunque la pena. È evidente, secondo me, in quello che sta succedendo proprio in questi giorni, con un manipolo abborracciato di eletti confusi e barricaderi che hanno elevato l’incompetenza a mito che sta tenendo in ostaggio un grande paese come l’Italia. E sono una minoranza nel paese, anche piccola, ma hanno comunque il loro seguito, soprattutto sui social. Che fare? Buttare a mare la democrazia o incassare e cercare di convincere, raddrizzare, riorientare, mediare? Che alternativa abbiamo?

domenica 10 luglio 2022

lunedì 4 luglio 2022

BATTUTE DA DESCO FAMILIARE

Stasera attorno al desco familiare con alle spalle una giornata cocente ed il temporale che stava montando fuori seguiamo il telegiornale su Raiuno (quando c'è turbolenza la7 non funziona) e al termine mandano la pubblicità che io non vedo perchè mi ero appena alzata per iniziare a sparecchiare. Sento Roberto che impreca "Ma guarda che roba questa The Voice Senior ci sono dei vecchietti che si rendono ridicoli". Pausa. Io penso intanto che sia rimasto colpito anche da una possibile seppur alquanto improbabile immedesimazione. Poi improvvisamente prosegue "E questi stronzi che non varano la legge sull'eutanasia". A questo punto forse mi ha visto un po' spiazzata dal brusco cambio di argomento e ha spiegato "cosí non si arriva a questo punto". Ah, ecco, sí, d'accordo...

mercoledì 22 giugno 2022

THROUGH THE BARRICADES

In questi giorni difficili di guerra ho sentito alcuni giorni fa una canzone che mi è sempre piaciuta moltissimo e ho realizzato non per la prima volta quanto esprima il dolore e lo sperdimento della violenza della guerra (allora era il terrorismo irlandese). Da allora la canto (la canticchio) dentro di me e vorrei condividerla. Così l’ho anche tradotta (e non è stato facile e il risultato è insoddisfacente, ma rispecchia più o meno come l’ho percepita, più che capita) - in grassetto la traduzione

Mother doesn't know where love has gone (mamma non sa dove se ne sia andato l’amore)

She says it must be youth That keeps us feeling strong (dice che dev’essere la giovinezza che ci fa sentire ancora forti)

I see it in her face, that's turned to ice (lo vedo nel suo viso raggelato)
And when she smiles she shows the lines of sacrifice (e dalle rughe di sacrificio che mostra quando sorride)
And now I know what they're saying  (e adesso so cosa vanno dicendo)
'Cause our sun begins to fade (perchè il nostro sole sta iniziando a tramontare)
And we made our love on wasteland (e abbiamo coltivato e consumato il nostro amore in una terra desolata e perduta)
And through the barricades ( e attraversando le barricate)
Father made my history (mio padre ha fatto la mia storia)
He fought for what he thought (ha combattutto per ciò che pensava)
Would set us somehow free (ci avrebbe in qualche modo liberati)
He taught me what to say in school (mi ha insegnato cosa dire a scuola)
I learned it off by heart (e io l’ho imparato e interiorizzato)
But now that's torn in two (ma adesso è strappato in due pezzi)
And now I know what they're saying (e adesso so cosa vanno dicendo)
In the music of the parade (nella musica della parata)
We made our love on wasteland (abbiamo coltivato e consumato il nostro amore in una terra desolata e perduta)
And through the barricades  (e attraversando le barricate)
Born on different sides of life (siamo nati in due differenti lati della vita)
We feel the same and feel all of this strife (ma ci sentiamo allo stesso modo e percepiamo nel profondo questo conflitto)
So come to me when I'm asleep (e allora vieni da me quando sono addormentato)
We'll cross the line (e varcheremo il confine)
And dance upon the street (e balleremo in strada)
And now I know what they're saying  (e adesso so cosa vanno dicendo)
There's the drums begin to fade (mentre il suono dei tamburi inizia a svanire in lontananza)
We made our love on wasteland (abbiamo fatto coltivato e consumato il nostro amore in una terra desolata e perduta)
And through the barricades (e attraversando le barricate) 
Oh, turn around and I'll be there (oh, voltati e io sarò là)
Oh, there's a scar through my heart but I'll bare it again (oh, c’è una cicatrice che attraversa il mio cuore, ma lo denuderò ancora)
Oh, I thought we were the human race (oh, credevo fossimo la razza umana)
But we were just another borderline case (ma eravamo solo un altro caso limite)
And the stars reach down and tell us (e le stelle ci raggiungono e ci dicono)
There's always one escape (c’è sempre una via d’uscita)
Oh, I don't know where love has gone (oh, non so dove se ne è andato l’amore)
And in this trouble land (e in questa terra disgraziata)
Desperation keeps us strong (è la disperazione a mantenerci forti)
Friday's child is full of soul (il bambino del venerdí è pieno di vita)
With nothing left to lose, there's everything to go (e poichè non ha niente da perdere, davanti ci sono infinite possibilità)
And now I know what they're are saying (e adesso so cosa vanno dicendo)
It's a terrible beauty we've made (abbiamo creato una bellezza terribile)
So we make our love on wasteland ( e quindi abbiamo coltivato e consumato il nostro amore 
in una terra desolata e perduta)
And through the barricades (e attraversando le barricate) 
Now I know what they're are saying (e adesso so cosa vanno dicendo)
As hearts go to their graves (mentre i cuori smettono di battere)
We made our love on wasteland (abbiamo cstruito e coltivato il nostro amore in una terra desolata e perduta)
Oh, and through the barricades (e attraversandi le barricate) 

Al link qui sotto la canzone con un magnifico Tony Hadley








martedì 21 giugno 2022

ELEMENTI DI EPOPEA FAMILIARE : LA MATURITÀ

 Nella storia di ogni famiglia ci sono racconti ripetuti che a forza di essere raccontati diventano epopea (nella piccola dimensione familiare, ovvio). Uno di questi è la maturità dei nostri figli. Mi è ritornata alla mente oggi leggendo che domani cominciano gli esami di maturità 2022. La nostra maturità data l’anno preistorico 1977, quella di Anna 2007 e quella di Luigi 2017.

Successe nel 2007 che Roberto fosse invitato ad un convegno ora non ricordo se di pastai o mugnai in California - occasione che abbiamo preso al volo per farci una decina di giorni di vagabondaggio magnifico in California. L’unico lato negativo è che questi giorni coincidevano con la maturità dell’Anna, che ci siamo persi, non eravamo lí a darle conforto e solidarietà e a soffrire con lei come fanno i bravi papà e le brave mamme e per  tanti anni lei ce lo ha rinfacciato, per lo più scherzosamente, ma la storia è stata più volte raccontata e presa ad esempio sul tipo di genitori (poco supportivi, ma anche poco ansiosi) che eravamo - degeneri forse, vagabondi sicuro.

Nel 2017, all’avvicinarsi della maturità di Luigi, la storia è tornata a galla. L’Anna faceva pressing sulla par condicio, ma soprattutto Roberto aveva libero solo quel pezzo di estate e quindi siamo andati nella Spagna del Nord (Galizia, Paesi Baschi, Asturie…) - un bel giro, pieno di fascino. E ci siamo persi la maturità di Luigi.

A distanza di anni, sorridiamo ancora di questa cosa, ormai tutti e quattro ampiamente “maturi” (noi sul confine del sovramaturo…)

venerdì 17 giugno 2022

COSA MANCA?

 Enumeravamo ieri sera con Roberto e ci sono venute in mente le dieci piaghe bibliche. Le sono andata a cercare:

1 - Acqua mutata in sangue: tutta l'acqua del Nilo divenne sangue, impedendo l'irrigazione dei campi e uccidendo i pesci del fiume. Secondo gli studiosi, questo episodio rappresentava metaforicamente il sangue del popolo ebraico versato in decenni di schiavitù.

2 - Rane: dal fiume imputridito si levò un'orda di rane che invase, gracidando, il palazzo del faraone. Quando le rane morirono, la puzza dei loro cadaveri attraversò tutto il paese.

3 - Zanzare: dopo le rane fu la volta delle zanzare, che tormentarono gli Egizi e diffusero malattie.

4 - Mosche velenose: terminata l'invasione delle zanzare arrivarono le mosche, anch'esse portatrici di pestilenze.

5 - Morìa del bestiame: quasi tutto il bestiame d'Egitto cominciò a morire di morte sconosciuta, riducendo il regno alla fame.

6 - Ulcere su uomini e animali: bolle e ulcere purulenti iniziarono ad infestare i corpi di uomini, donne e bambini.

7 - Grandine: una spaventosa tempesta di grandine rovinò tutti i raccolti

8 - Locuste: qual poco che si salvò venne divorato dalle locuste. al termine dell'invasione, gli Egizi poterono cibarsi delle locuste morte e pensarono che il peggio fosse passato.

9 - Tenebre: di fronte all'ostinazione del faraone Dio fece calare una notte scura che durò tre giorni (presso gli ebrei invece si mantenne la luce).

10 - Morte dei primogeniti: la più famosa e terribile. Per piegare definitivamente l'arroganza del faraone, Dio inviò un vento che uccise tutti i primogeniti maschi d'Egitto. Prima di scagliare quest'ultima Piaga, Dio però avvisò Mosè e gli ebrei, raccomandando a ciascuna famiglia di sacrificare un capretto e cospargere col suo sangue gli stipiti delle porte. In questo modo, vedendo il sangue del sacrificio, il vento di morte non avrebbe colpito gli abitanti di quella casa.

Ci siamo chiesti cosa abbiamo oggi: dunque, l’epidemia, la guerra, la siccità e la carestia, la crisi demografica, l’invasione delle cavallette in Sardegna ed in altri luoghi del mondo, la crisi della democrazia, i dolori delle ondate migratorie. Alcune possono essere pari pari affiancate alle piaghe bibliche, altre sono di più stretta attualità. Roberto riteneva che non ci facessimo mancare niente, ma io ho trovato una piaga al momento non attiva, il terremoto. E anche Roberto ne ha trovata una, ricordando una notizia che aveva letto in cui gli scienziati al lavoro al telescopio cinese Fast, il più grande del mondo, avrebbero rilevato segnali sospetti dal cosmo (articolo pubblicato sul quotidiano ufficiale del Ministero della Scienza e Tecnologia cinese e misteriosamente rimosso). Sí, manca all’appello in effetti l’invasione degli alieni.

domenica 12 giugno 2022

SVOLTA EPOCALE: NON È UN INSULTO

 Svolta epocale offertaci dalla scienza


Molte le applicazioni pratiche immediate. Per esempio, TESTA DI CAZZO (solo se rivolto a un uomo) non può più essere considerato un insulto, ma diventa mera constatazione di fatto…

giovedì 9 giugno 2022

ESSERE SOPRAFFATTI

 Vito Mancuso condivide oggi questa citazione


La leggo contemporaneamente a un desolato Whatsapp di Albertina

“Non c’è speranza. Siamo in piazza per la chiusura della campagna elettorale di Guerra [candidato Sindaco del PD con Pizzarotti] e sta parlando Bonaccini con sottofondo di urlanti contro l’aeroporto [questione di grande scontro l’allargamento della pista dell’aeroporto]. Alla fine, che siano le tariffe rifiuti o le striscie blu, l’inceneritore o il cargo la storia si ripete”

Tutta la mia fibra, la mia storia e le mie convinzioni sono contro la citazione di Amiel, ma stasera mi sento stanca, sopraffatta dall’irrazionalità e dalla ignorante follia che sembra dilagare intorno. 

L’unica osservazione che mi sento di fare è che in realtà l’”uguaglianza” su cui si basa la democrazia  non si basa sull’idea che siamo tutti uguali, ma sulle pari opportunità garantite a tutti e che i criteri di merito e di valore, di esperienza e fatica individuale non vengono negati, ma valorizzati. E che lo sforzo dovrebbe essere quello di elevare la media e non di esserne sopraffatti. 

Però stasera in effetti mi sento piuttosto sopraffatta.

P.S. cambierà qualcosa in termini di ragionamento che delle urla di ieri non rimanga pressochè nulla? Le tariffe rifiuti sono maggiormente tollerate (e calmierate) dalla maggiore consapevolezza sul tema rifiuti, dalla differenziata (e, bisogna dirlo a bassa voce, dall’inceneritore), delle righe blu non frega più niente a nessuno. Addirittura, quelli che urlavano contro l’inceneritore non solo l’hanno costruito ma sono passati dalla parte di quelli contro cui si urla oggi (alleati col PD o spariti nel nulla). Cambia qualcosa? Non tanto, non è che si può mettersi comodi sulla riva del fiume ed aspettare di vedere passare i cadaveri perché intanto molti danni vengono perpetrati.

giovedì 2 giugno 2022

INTIMITÀ

 Così, stasera ho chiuso il libro e ho pensato che dovevo scriverlo. Ma non so come scriverlo.

Ecco, per cominciare il libro che ho finito appena di leggere è “L’ultima intervista” di Eshkol Nevo. È il quarto libro che leggo di Eshkol Nevo, ho iniziato con “Tre piani” per l’eco che ha avuto per il film di Moretti, che non mi è piaciuto per niente, mentre il libro mi è piaciuto. E ho proseguito nel suo percorso di scrittura - ho amato sopra tutti “Nostalgia”. Mi piace Nevo, scrittore israeliano, perché porta l’impronta fantastica che spesso possiedono gli scrittori israeliani, sopra a tutti Yehoshua, che niente altro è se non la capacità di parlarti. Le storie sono vive, reali, e qualcuno te le racconta a tutto tondo e con grazia, con empatia.

Ma con quest’ultimo libro, un libro particolare anche come idea di costruzione e trama (con tratti di furbizia che non esito a riconoscere, ma non fanno la differenza) è stato molto di più. Quasi non oso dirlo, ma è stata un’esperienza che non posso che definire, con stupore, INTIMA.  La percezione netta che la voce del libro fosse la voce di un carissimo amico, che parlassimo di fatti e sensazioni ben note, che avevamo già condiviso, forse con echi di altre cose di cui avevamo già parlato, di esperienze vissute con molta vicinanza, di serate insieme, di particolari sintonie tra noi. Come se ci fossimo scelti, trovati, consolati, scaldati. Solo un’altra volta, nella mia lunga frequentazione di libri, ricordo un’esperienza simile, tantissimi anni fa, con Pavese e “Il mestiere di vivere” ma allora era stata un’esperienza più seria, più dolorosa, anche se non meno appassionata. Con Eshkol Nevo è stato più piacevole, più lento e leggero, più vitale, più quotidiano, un soffio gentile, un innamoramento tangibile e diretto. 

Insomma, devo scriverlo, ma non so come scriverlo. Diciamo solo così: chiuso il libro, mi manca già immensamente la sua voce.

mercoledì 1 giugno 2022

NOI SIAMO SEMI

“ Hanno tentato di seppellirci. Non sapevano che noi siamo semi”. (Proverbio messicano)

In molte parti del mondo cercano ancora di seppellirci, calando su di noi le cortine di vesti, veli, regolamentazioni su come dobbiamo comportarci e su cosa dobbiamo fare del nostro corpo, fino ad annullare la nostra vita nel sangue e nella violenza. Non ce la faranno. Noi siamo semi e rinasciamo sempre. E abbiamo anche imparato, seppur mai abbastanza, a combattere.



martedì 31 maggio 2022

I BAMBINI CHE SI PERDONO NEL BOSCO

 "Quando un bambino va a scuola, è come se fosse portato nel bosco, lontano da casa. Ci sono bambini che si riempiono le tasche di sassolini bianchi, e li buttano per terra, in modo da saper trovare la strada di casa anche di notte, alla luce della luna. Ma ci sono bambini che non riescono a fare provvista di sassolini e lasciano delle briciole di pane secco come traccia per tornare a casa. E’ una traccia molto fragile e bastano le formiche a cancellarla: i bambini si perdono nel bosco e non sanno più tornare a casa.

La scuola è come un bosco in cui alcuni sanno ritrovare la propria strada, sanno leggerla e sanno orientarsi: passano la giornata nel bosco e si divertono a scoprirlo, a conoscerlo nelle sue bestiole e nei suoi alberi e riescono a collegare tutto questo alla traccia e alla memoria che li riporta a casa. Sono padroni di un territorio perché sono padroni dei segni per riconoscerlo e per collegarlo; e la loro casa non è un posto remoto e divenuto inaccessibile, ma è una possibilità e quindi una presenza da cui ci si può allontanare sicuri di ritornare.

Altri bambini passano la giornata nel bosco e anche loro imparano tante cose: conoscono alberi e piante, animali e insetti, ma alla fine della giornata conoscono anche la paura di non sapersi orientare, di non sapere la strada di casa. Hanno imparato tanto, forse, e l’hanno dimenticato perché non riescono a collegarlo alla traccia ed alla memoria della strada di casa: il bosco diventa il posto pauroso in cui si perdono, senza riconoscere le proprie tracce, sempre estranei e sempre respinti.

I bambini che sanno tornare a casa sono capaci anche di andare avanti nel bosco ed oltre il bosco.

I bambini che si sono persi non sanno tornare a casa e non sanno neppure andare avanti, perché ogni passo che fanno è sempre per perdersi un po’ di più, per non saper riconoscere niente di sé e delle cose che stanno loro attorno: se si incontrano tra loro non si riconoscono e non sanno neppure diventare compagni di strada.

Non hanno strada, perché non sanno leggere i segni che possono costituire una strada o un sentiero: sono condannati a vagabondare senza spazio e senza tempo, e possono preferire di venire rinchiusi in una gabbia."


Di Andrea Canevaro da  I bambini che si perdono nel bosco, Firenze, La Nuova Italia, 1976

lunedì 30 maggio 2022

SE FOSSI IN UCRAINA

 E così, dal fondo della notte d’estate, mi viene da pensare… non riesco a smettere di pensare a cosa farei se fossi in Ucraina, sotto l’aggressione russa. Trovo naturale chiedermelo, penso che la maggior parte di noi almeno una volta ci abbia pensato, ma non  è facile. Innanzi tutto, bisogna differenziare: essere a Mariupol o a Kiev non è la stessa cosa. Vivere nella paura o vivere nella paura e nei sotterranei e sotto le bombe non è la stessa cosa. Essere stati testimoni di eventi traumatici o averli sentiti raccontare non è la stessa cosa.

Allora ipotizzo di essere a Kiev in una casa normale. Qual è la prima cosa che farei? Di quella sono abbastanza certa: la prima cosa che farei è infrangere ogni codice morale supplicando i miei figli di stare dove sono, a Parigi, a Zurigo, al sicuro, di non pensarci nemmeno di tornare.

Fatto questo, però, la domanda è: io me ne andrei? Qui sono meno sicura della risposta, ma credo che non me ne andrei. Ho ancora un pezzo di vita davanti, ma posso rischiare questo pezzo perché la maggior parte della mia vita si è svolta ed è stata una buona vita, con i suoi frutti. L’altro motivo è che Roberto non se ne andrebbe mai, rimarrebbe lí a difendere la sua casa, il suo paese, la sua città, la sua nazione, per rabbia prima ancora che per nobili sentimenti, imparerebbe a sparare e a sputare il suo dolore sugli aggressori. Un altro motivo è che sono troppo vecchia ormai per ricominciare a costruirmi una vita altrove, mendicando uno spazio che non ho cercato e voluto. Un altro motivo è che potrei essere utile. Non credo potrei sparare se non proprio per difendere la mia vita e in fondo sono solo una vecchietta, ma so fare cose e oltre allo sparare in guerra ci sono molte altre cose da fare. So cucinare, so organizzare sistemi anche complessi, so guidare, so usare i mezzi di comunicazione, so insegnare e stare con i bambini. Tutte cose utili in guerra e che farei, sorretta dalla paura ma più ancora dalla rabbia, per tutte le ore di veglia  senza battere ciglio.

E così, dal fondo di questa notte, mi immagino a fare una cosa che immagino mi abbiano  insegnato a fare, pericolosa, ma estremamente utile: individuare mine e sminare  - me lo immagino come una cosa da fare con manualità, attenzione e cura, qualità che possiedo. Avrei paura, tanta paura, ma qualcosa bisogna pur fare ed è probabilmente l’attività bellica più contigua al pacifismo che posso immaginare.

Rido di me stessa per questi pensieri non comici, ma ridicoli, sono proprio una vecchia scema. Mi affaccio alla finestra e aspiro il profumo della notte e penso alla mia grande fortuna…

LA GOCCIA

 Un piccolo episodio curioso. L’altro giorno di mattina presto Roberto esce per la sua corsa mattutina di un paio di volte a settimana. Esce in pantaloncini e canottiera per correre la sua decina di chilometri sull’argine e i vari sentieri della golena. Bisogna premettere che Roberto è affetto da Ranierite più o meno acuta a seconda dei periodi. Cos’è la Ranierite? Una malattia non grave che però impedisce quello che si chiama percorso netto, cioè di uscire di casa in una volta sola. Quando esce di casa almeno un rientro è necessario per prendere qualcosa di dimenticato (il telefono, il portafoglio, la borsa, il maglione, le chiavi della macchina… tutto va bene tranne la testa perché quella è attaccata al corpo). A volte i rientri sono più d’uno.

Ma torniamo all’altra mattina, dicevamo che Roberto esce di casa in pantaloncini e canottiera, chiude la porta con la chiave che poi posa un po’ nascosta da un mucchietto di pezzetti di legno che c’è nel cortile (il nascondiglio varia a seconda della configurazione variabile del cortile) per riprenderla al ritorno per aprire la porta e entrare in casa.  Poi mangia qualche ciliegia dall’albero e fa per partire, ma si rende conto di avere dimenticato il telefono che porta sempre con sè per fare foto e anche perché l’età avanza e i percorsi sono poco battuti, non si sa mai. Quindi riprende le chiavi, infila la chiave nella serratura ma la chiave non gira e non riesce neanche ad estrarla. Attimo di panico, avrà sbagliato chiave? Ma la chiave di porta blindata è inconfondibile nel mazzo ed è la chiave giusta. Poi, ne sono certa anche se nel suo racconto non appare (tutta questa storia è da lui riportata, ovviamente) comincia ad imprecare violentemente prendendosela con il cielo e i suoi abitanti poi giù giù fino all’umile chiave, tira e ritira, riesce a farla girare e alla fine ad estrarla. Esaminandola, si rende conto che la chiave, solo quella chiave del mazzo, è impiastricciata di resina. La pulisce con l’alcool e si rende conto andando a vedere che in quei pochi minuti in cui la chiave è stata vicino ai pezzi di legno una goccia di resina dal legno è colata esattamente sulla chiave sporcandola.  Una coincidenza quasi incredibile.

Questa storiella è dedicata a tutti quelli “che tanto non cambia mai niente” - a volte una goccia invece può cambiare un racconto…

mercoledì 18 maggio 2022

ASCOLTANDO LETTA


Lunedí scorso, nell’ambito della campagna elettorale per l’elezione del nuovo Sindaco di Parma (il prossimo 12 giugno) sono andata ad ascoltare Letta presso la Clubhouse dell’Amatori Rugby Parma. Poco più di un centinaio di persone ad ascoltare una mezz’oretta di conversazione, niente di impegnativo, nè formale nè “da comizio”. Di fianco a Letta il candidato Sindaco Michele Guerra, un giovane signore che ha evidentemente letto molti buoni libri, docente universitario ed (ancora in carica) Assessore alla Cultura dell’Amministrazione Pizzarotti, scelto tramite un faticoso accordo tra il PD e Effetto Parma, la lista di Pizzarotti (che notoriamente non ha più a che vedere da molto tempo con i 5 Stelle). 

Il rito è stato celebrato con tutti i suoi passaggi e scansioni: breve benvenuto del Segretario Comunale, poi del Segretario Provinciale, poi del Segretario Regionale, tutti felici e tutti onorati, tutti uomini, tutti quarantenni, con jeans, camicia bianca o azzurrina senza cravatta e giacca blu. Poi il candidato sindaco, anche lui con le stesse caratteristiche antropologiche.

Poi ha parlato Letta e il mio cuore vecchio e piuttosto diffidente si è aperto al piacere di ascoltare qualcuno che non solo parla con vocabolario più che adeguato, ma che cerca, nei limiti di un possibile dato dalle circostanze, di mantenere il discorso su temi alti, generali, su analisi ovviamente semplificate, ma non piacione, su una complessità edulcorata, ma sempre posta in evidenza. Ha parlato di guerra e armi, ma soprattutto di Europa e democrazia, di uno sforzo possibile su lavoro e salari. Mi è piaciuto, mi ha convinto con quella convinzione laica che non è richiamo all’”appartenenza”, tratto che più mi sconcertava e allontanava dal PCI, ma tentativi, come lui stesso ha detto, di costruire significati e analisi e soluzioni che solo un partito può garantire, che nessun leader, per quanto bravissimo, può da solo creare.

Ad un certo punto, mi è venuto in mente un pensiero che mi ha fatto sorridere. Ho pensato “Ecco, il professore di Sciences Po”, nel momento in cui ha citato Prodi e la famosa “tessitura fine” di Prodi come riferimenti per il futuro prossimo. Come si dice: costruire la cornice, fissare i riferimenti.

Note stonate che non mi hanno rovinato la serata, ma quasi. Solo due. La prima riguardava il riconoscere continuo di personaggi che hanno in questi venticinque anni minato qualsiasi possibilità dei DS, PDS e PD che si sono susseguiti di vincere le elezioni amministrative coi loro personalismi, le loro liti, le loro divisioni. E sono (quasi) tutti ancora lí. Davanti a me, in vestito rosso fiammante, una delle protagoniste della presentazione di tre liste di sinistra (la cui somma era ampiamente al di sopra del 50% nel risultato finale) nel mio paesino di origine nel Parmense, con il risultato di consegnare l’amministrazione del mio paese (sempre stato di sinistra) a un sindaco della Lega. E, insieme a molti altri, era ancora lí in prima fila, invece che a casa a cena. Un lieve senso di nausea ha accompagnato tutta la mia serata.

La seconda nota stonata mi ha fatto veramente arrabbiare, invece. Non c’era un palco, ma solo alcune sedie, su cui peraltro non si sono mai seduti, per Letta e i suoi accompagnatori, girate verso il pubblico. Ecco, appunto, chi c’era in queste sedie? Fa già arrabbiare che il Segretario generale, quello Regionale, quello Provinciale, quello Comunale e il candidato Sindaco fossero tutti uomini, 5 uomini a rappresentare un pubblico (e dei votanti) almeno per il 50% femminili. Ma a questa ferita siamo ormai non dico assuefatte, ma preparate, pronte a subirla. Quello che mi ha fatto più arrabbiare, però, è che tra i “relatori” hanno infilato anche una donna del Parmense Assessore regionale alla Montagna e -ovviamente - alle Pari Opportunità e una ragazza giovane che non conosco e di cui nessuno ha presentato il ruolo. Nessuna delle due ha parlato, ma erano evidentemente là per assicurare la “rappresentanza di genere” in quella accezione di facciata dietro cui nascondersi che è tipica della gran part dei contesti e anche del PD. Sarebbe stato di gran lunga meno ipocrita e penoso (e mi avrebbe fatto arrabbiare meno) se non ci fossero state.

Long way to go….

mercoledì 11 maggio 2022

PERIODO DI SCELTE AGLI ANTIPODI

 Sulla differenza fra astenersi dall'armare l'aggredito e disarmarlo

(Post di Adriano Sofri, FB, 11 maggio 2022)

Discriminante com’era stata a ridosso dell’invasione dell’Ucraina, la questione della fornitura di armi alla difesa di quel paese era diventata via via più oziosa, nella parte in cui riguardava l’intenzione personale di ciascuno. Ciascuno di noi infatti si era chiesto se avrebbe contribuito ad armare la resistenza ucraina all’aggressione, nessuno di noi aveva la più piccola fionda, la più fievole cerbottana, da trasmettere a quei combattenti. Trasferita sul piano dei governi, e ratificata la prima risposta – sì, l’Italia avrebbe partecipato come gli altri paesi europei e dell’alleanza militare di cui fa parte – è presto diventata una pretestuosa logomachia di armamenti difensivi o offensivi, carezzevoli o letali, e un varco golosamente occupato da capipartito ingordi di consensi, sulla falsariga sperimentata contro la tirannide dei vaccini. La disputa sul governo e le armi è priva di qualunque pregio morale, a differenza di quella sulla scelta personale, che per qualcuno è scelta fra accettazione necessitata della violenza e nonviolenza, per altri fedeltà alla legittima difesa, senza la quale è il diritto a scomparire. La nonviolenza – cui il chiacchiericcio corrente sostituisce il nome espropriato di pace – può essere una scelta radicale, che non ammetta per sé nemmeno l’eccezione della legittima difesa, nemmeno il soccorso legittimo all’inerme sopraffatto. Una simile scelta, che è a suo modo religiosa anche quando non abbia un’ispirazione positivamente religiosa, è, temo, molto ma molto meno diffusa, sincera e vincolante di quanto non si deduca dalle pubbliche dichiarazioni. E molto ma molto meno coerente (per fortuna): nelle sue varianti di sinistra, quanto si traduce in una dissociazione dall’attività delle donne combattenti yazide di Shingal, curde del Rojava, per fare una prova? 

Ci sono dati di fatto incontrovertibili. Uno è che non si poteva essere per il negoziato senza essere per la difesa armata degli ucraini, e si doveva sostenerne la difesa armata per consentire il negoziato. La premessa era che gli ucraini si difendevano, oltre ogni previsione non di noi, passanti senza conoscenza, ma dei loro tutori più, letteralmente, agguerriti, compreso il Pentagono, che aveva accordato loro una resistenza attorno alle 72 ore, come nel calcolo più prudente dei consiglieri di Vladimir Putin. La resa avrebbe ipso facto tolto di mezzo il negoziato: la resa non si negozia, si firma, come quando col ginocchio premuto sul collo si batte con una mano sul tappeto per implorare: Basta. La resa è stata il programma sentito ed effimero di molti dicitori della pace, e subito dopo, quando si è fatta evidente la strenuità della resistenza (malvista da lontano come un eccesso doloso di legittima difesa) le si è sostituito l’auspicio della sconfitta. Che cosa vuol dire se non questo la deplorazione dell’invio di troppe armi e troppo efficaci o sofisticate? Sono tante le possibili sincere, disinteressate, appassionate ragioni degli assolutisti della pace predicata, ma è un fatto che si è svolta una campagna vasta di educazione alla viltà, che ha recuperato malamente l’armamentario retorico del sacro egoismo nazionale, dello scongiuro dell’eventualità che la risacca della guerra nel cuore d’Europa venisse a lambire le nostre rive. (Era il vero brutto connotato del primo documento dell’Anpi, poi variamente corretto). 

Man mano che la guerra procedeva e gli eventi sul campo modificavano il paesaggio delle possibilità, è affiorata nella dirigenza ucraina e in quella dei grandi alleati, gli angloamericani soprattutto ma anche numerosi esponenti dell’Unione Europea e dei singoli Stati, la tentazione di rivendicare la “vittoria” ucraina. Si passava così la linea che fissava la più auspicabile, e delicata, regolazione di un conflitto così cruento e sempre sul punto di esorbitare dai suoi confini territoriali e diplomatici, in una specie di pareggio: l’Ucraina che vince solo perché non perde, la Russia di Putin che perde solo perché non vince. E’ questo, in sostanza, il senso di una frase come quella enunciata da Macron sull’attenzione a non umiliare la Russia. (Con un eccesso di ottimismo, anche: perché la dose di distruttività pura che Putin è in grado di scatenare ancora è pressoché sconfinata, e ha oltretutto il nome fatale di Odessa). 

Come che sia, bisogna reciprocamente concedersi il beneficio della sincerità. Io non saprei e non vorrei opporre alcuna obiezione a chi, accanto a me, mentre passo la mia cerbottana al soldato ucraino, ribadisse di non poterlo fare, e magari intanto si distinguesse per il soccorso offerto al soldato ferito. (Perfino in un’attività elementare come quella di fare l’elemosina per strada mi sono rassegnato a non diffidare sempre di chi ne teorizza il danno). Ma una frontiera decisiva separa la rinuncia ad armare chi si sta battendo ed è attaccato e più debole e chiede aiuto, dall’impegno attivo a impedire che quell’aiuto venga fornito da altri. Da chi voglia togliermi di mano la cerbottana. Da chi dichiari di non poter armare nemmeno l’aggredito, e si impegni a disarmarlo.

E poiché per oggi sono già stato troppo lungo, finisco con un esempio amarissimo, tanto più per chi, come me, sente ancora la magia delle memorie del valore. Sono successi in Italia, all’aeroporto pisano, al porto di Genova, forse anche altrove, episodi che si sono illusi di ravvivare quella magica memoria di solidarietà internazionalista del lavoro. Operai che si sono rifiutati di caricare materiale militare destinato all’Ucraina, secondo la deliberazione del parlamento. Un boicottaggio attivo e ribelle dell’appoggio a quella difesa. Sono stati salutati, quei gesti, come una fedeltà al valore antico. Nell’adunanza romana sulla cosiddetta “Pace proibita” sono stati applauditi, e hanno ricevuto gli applausi con la coscienza, immagino, di un bel dovere compiuto. Negli stessi giorni, si è saputo che una cosa apparentemente simile era avvenuta in Bielorussia. Là ferrovieri e lavoratori di apparati logistici avevano sistematicamente sabotato i collegamenti ferroviari destinati al rifornimento delle truppe russe oltre confine, e in particolare la famigerata colonna di 70  km di mezzi militari alla volta di Kyiv. Per queste tipiche azioni partigiane clandestine – incendi di centraline, manomissioni di scambi ridotti alle operazioni manuali... – decine di lavoratori sono stati arrestati per tradimento, spionaggio, terrorismo... Azioni apparentemente simili, ho scritto. Non ho bisogno di spiegare perché sono agli antipodi.

martedì 10 maggio 2022

ITALIANO CON RADICI

(Paolo Nori, post Facebook del 9 maggio 2022)

e mi ero accorto che felicità, in dialetto parmigiano, non esisteva.

I parmigiani, la felicità, non sapevan neanche cos’era, non sapevano neanche dove stava di casa, non sapevano neanche com’era pitturata; non c’era, in parmigiano, un parola per dire felicità, non si diceva, in parmigiano, sono stato felice, si diceva «A ston stè ben», son stato bene.

Così come non c’era, in dialetto parmigiano, un’espressione per dire «Ti amo»; si diceva «At voj ben», ti voglio bene; e io, per quello, non ho mai detto a nessun «Ti amo», nella mia vita, e se lo dicessi ho l’impressione che mi crollerebbe la faccia, che dovrei poi raccogliere i pezzettini della mia faccia sparsi per tutta la stanza.

A mor, in dialetto parmigiano, non significa Amore, significa Io muoio. Che è una cosa diversa.

Cioè io, a pensarci, la mia lingua, il pozzo delle mie emozioni, io l’ho scavato a Parma, e quando devo lavorare con loro, con le mie emozioni, devo usare le parole che ho sepolto a Parma, devo tornare a Parma e buttare giù il secchio in quel pozzo lì che ho scavato a Parma non posso fare altrimenti.

E la lingua che uso, sia quando parlo che quando scrivo, è italiano, ma è un italiano che ha le sue radici nella lingua dei miei nonni, che avevano fatto la terza elementare e che parlavano un italiano che a me sembra meraviglioso.

Quando ho cominciato a scrivere, nel 1996, 16 settembre, il giorno dopo la morte di mia nonna Carmela, io mi ricordo che ho preso l’impegno, con me stesso, di scrivere cose che potesse capire mia nonna Carmela, e la felicità, mia nonna Carmela, non sapeva cos’era, ma non perché era infelice, perché era di Parma.


Ecco, così, non ci avevo mai pensato,  ma sembra vero