La bellezza dei viaggi, a mio avviso, dipende anche dai piccoli pezzi di avventura che accadono e che a volte ti fanno meravigliare o imbufalire, ma che inevitabilmente insegnano qualcosa. Abbiamo ripercorso con la mente alcune (piccole, dato il furore organizzativo che permea la mia mente mentre pianifico i viaggi) dis/avventure che negli anni ci sono capitate e che ricordiamo con grande affetto. Quest’anno tra il 18 e il 25 di luglio abbiamo intrapreso un viaggio in macchina attraverso l’Europa con il duplice scopo di riportare a casa (Zurigo) Anna e Olivia che erano venute in visita la settimana prima e poi andare da lí a Parigi per riportare a casa Luigi dopo quasi un anno di studio+tirocinio, concedendoci qualche giorno di viaggio/vagabondaggio in Francia (Digione, Annecy, Yvoire, Chamonix, Chambery, Briançon). Una bella vacanza.
La piccola avventura che voglio raccontare ha avuto un’origine primigenia nella sera del 18, mentre cenavamo tutti sul balconcino affacciato sul lago di Zurigo della casa di Anna e Andre. Chiacchieravamo pigramente mentre calava la notte e iniziava lo spettacolo delle luci sul lago, c’erano il fresco e l’indolenza allegra tipiche delle fresche sere d’estate, tra persone che si vogliono bene. Quando il discorso è caduto sul viaggio o io o Roberto abbiamo sollevato il problema ancora irrisolto del rifornimento del gas metano della nostra macchina appunto a gas naturale (tutte e tre le nostre macchine sono a gas metano) già un po’rassegnati a subire il salasso dei rifornimenti a benzina. La rassegnazione, però, è un vocabolo pressochè sconosciuto per Andre, che ha cominciato a smanettare con il telefono finchè non ci ha scaricato la app dei distributori di metano in Francia con tanto di orari, prezzi (importanti in questo periodo di prezzi folli) e numeri di telefono. Dalla app abbiamo visto che i distributori di metano in Francia sono pochissimi (una grossa concentrazione intorno a Parigi) ma ce ne sono alcuni (e qui Roberto ha fatto un’osservazione intelligente “Ma come fa ad essere efficiente e remunerativa una rete così poco capillare ed estesa?”). Nel viaggio da Zurigo a Parigi di quasi 700 km abbiamo individuato un distributore nei pressi di Auxerre molto ben posizionato, vicinissimo allo svincolo autostradale e con prezzi accettabili.
La mattina dopo, accompagnata la Oli al suo asilo nido e con un po’ di tristezza accomiatatici da lei, siamo partiti. Viaggiare in Francia è bellissimo, le strade sono perfette e circondate da boschi, fiumi e laghi. Il termometro segna 41 gradi. Arriviamo allo svincolo, usciamo, qualche giravolta ed arriviamo al distributore. Zona industriale deserta, distributore senza addetti e senza macchinetta per i pagamenti, un sole che spacca le pietre, quasi una scena da film americano. Siamo persi ed interdetti, ma ci accorgiamo di una presenza umana di fianco al distributore (all’ombra), un corpo vestito da operaio che sporge dal retro di un furgoncino aperto dentro il quale sta facendo qualcosa. Roberto richiama la sua attenzione e chiede nel suo francese scolastico se sa come funziona il distributore.
Emerge dal furgone un marcantonio di due metri in tuta blu, completamente pelato e con lunga barba grigia, con una chiave inglese in mano, rosso e sudato, che con impeccabile gentilezza spiega che i distributori di metano in Francia sono solo per professionisti dei trasporti (camion, autobus) e ci vuole una tessera speciale che è solo in loro possesso. Si scusa per la Francia intera per questo tratto di inciviltà che danneggia immeritatamente i turisti. Roberto ed io siamo evidentemente delusi, ma il signore si illumina e dice “Facciamo così”. Apre uno sportello, inserisce una tessera e dice a Roberto di fare rifornimento. Mentre Roberto riempie il serbatoio gira qualche volta una macchinetta intorno alle varie bocchette del distributore, registrando dei dati. Sorride “Facciamo che faccio un check delle condizioni manutentive”.
Cerchiamo di pagarlo, ma si mette a ridere e non vuole assolutamente soldi, lo ringraziamo calorosamente e lui torna a sudare sul retro del suo furgone. Prima di partire, un po’ esterrefatti dall’esperienza, mi viene però in mente che nella borsa frigo in macchina conservavo alcuni sacchetti di pesche di Sanguigna, parte dell’esagerata produzione di quest’anno, che avevamo portato con noi per il viaggio (ne avevamo lasciato anche 30 kg a Zurigo tra le flebili proteste di Anna). Ho preso un sacchetto e l’ho portato al signore per ringraziarlo e l’ho passato, fresco, nelle sue manone, spiegando che erano pesche dal mio giardino in Italia. Il signore è rimasto quasi senza parole, forse è persino arrossito un po’ e mi ha fatto un sorriso dolcissimo. E siamo ripartiti, credo tutti contenti di ciò che avevamo fatto e vissuto e di ciò che siamo, in fondo fratelli di specie umana che ogni tanto riescono a toccarsi.
Nessun commento:
Posta un commento