venerdì 24 gennaio 2025

LA STORIA SIAMO NOI - MIA NONNA

 Lo scorso novembre ho letto questo  sulla Gazzetta di Parma

"Avviso a partecipare a La storia siamo noi! Le memorie dei parmigiani sul tuo cellulare!”, "un progetto del Comune di Parma e di ADE s.p.a. che, grazie alla collaborazione di cittadine e di cittadini di Parma, si propone di raccogliere in podcast  i racconti delle vite di persone della città che ora riposano nel cimitero della Villetta. I podcast si potranno ascoltare direttamente al Cimitero monumentale della Villetta, inquadrando col cellulare i QR code sulle targhe lungo un percorso nel camposanto, oppure sulla piattaforma Spotify.

Il progetto si pone come obiettivi raccontare e non dimenticare le storie di cittadine e cittadini che ora non ci sono più, nella consapevolezza che la storia locale è fatta anche delle tante vite di coloro che hanno vissuto in città: aneddoti, testimonianze e vicende che contribuiscono a costruire la memoria collettiva della comunità e a tramandarla alle nuove generazioni.

I cittadini e le cittadine che intendono condividere storie, testimonianze, ritratti di un/una familiare, di un/una parente, di un’amica o di un amico, di un/una conoscente sepolto al Cimitero Monumentale della Villetta, possono inviare un testo di massimo 500 parole o un file audio di massimo tre minuti all’indirizzo email podcast@adespa.itentro il 30 novembre 2024. La partecipazione è gratuita.

Tutti i racconti ricevuti verranno valorizzati durante un evento che si svolgerà la prossima primavera; le cinque storie più rappresentative verranno trasformate in podcast dagli studenti e dalle studentesse delle Scuole Superiori di Parma e provincia, che si occuperanno dello sviluppo dei testi e della realizzazione degli audio.

Anche i nuovi racconti – come quelli della prima edizione del progetto - entreranno a fare parte del percorso creato al Cimitero della Villetta e verranno distribuiti nei canali podcast italiani."

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Ho pensato allora di partecipare per raccontare la storia della mia amatissima nonna Dina. Ho pensato un po' a come approcciare la storia (tra l'altro in max 500 parole) e sono partita dal fatto della sua storia che da bambina mi aveva più colpito, così ho mandato una mail con questo piccolo racconto:

Era così stanca che doveva ricordarsi di mettere in pratica quello che le aveva insegnato il suo amato papà: bisognava dimenticarsi di pensare e concentrarsi solo sul mettere un piede davanti all’altro e fare i gesti ripetitivi ed automatici che ripeteva tutto il giorno: andare a prendere il mattone ancora caldo che veniva portato coi carretti e portarlo all’operaio che lo impilava in mucchi ordinati nel cortile. Ma aveva solo nove anni, era un soldo di cacio minuto, e dopo molte ore tutto le faceva male. Persino il vantaggio, molto invidiato dalla maggior parte degli altri operari, di lavorare vicino al cuore caldo della fornace invece che al freddo a un certo punto non la aiutava più. Era però molto orgogliosa delle lodi di tutti che notavano quanto lavorasse bene, con costanza e con forza, nonostante un fisico esile e i pochi anni di vita. Inoltre, aspettava con ansia il momento in cui il suo bel papà sarebbe arrivato a prenderla per portarla a casa – il papà lavorava a pochi metri di distanza, ed era una persona importante, il capoturno della fornace, ed era alto, forte, pieno di ottimismo, sorridente, anche se un po’ meno sorridente da quando era tornato un paio di anni fa da quella che chiamavano la “Grande Guerra”. Lei provava a volte a chiedere, ma lui non voleva parlarne, le accarezzava i capelli e si limitava a dirle che le voleva bene. Oggi però la stanchezza era proprio tanta e come ogni tanto le capitava cominciò a piangere, anzi non a piangere, erano semplicemente lacrimoni che le scorrevano sulle guance. Continuò però il suo lavoro e finalmente vide il papà, tra la nebbia delle lacrime, che la prendeva in braccio e le asciugava le lacrime con i baci. Poi come sempre la avvolgeva nel suo ampio tabarro, la posava sulla canna della bicicletta saldamente appoggiata sul suo petto e si avviavano verso casa in silenzio. Al sicuro e al calduccio, felice, stanchissima, non le ci voleva molto a scivolare nel sonno. E chissà che non sognasse la sua lunga vita futura, con i suoi dolori come la morte dopo pochi anni del padre socialista per i postumi del pestaggio dei fascisti e le gioie di un marito alto e bello come il suo papà e che la adorava come lui, la figlia e due nipoti amatissimi che vedevano in lei il punto di riferimento dei propri ricordi e della propria vita di bambini e adolescenti.

Una vita semplice ma non inconsapevole attendeva quella bambina che lavorava duramente in fornace ogni giorno – una vita utile e feconda.

DINA BALESTRAZZI 1912-1993

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