Durante il lunghissimi processo di svolgimento delle elezioni presidenziali americane ho letto moltissimo al riguardo, ben rifornita da un opportuno abbonamento al The New Yorker e ho effettivamente sviluppato alcune riflessioni stimolate dalle letture stesse.
La prima cosa che ho notato è il forte, fortissimo cambiamento che si è sviluppato nel tempo e forse in queste elezioni è arrivato a compimento vero, che ha subito la figura del/dei leader (in realtà il numero di leader necessari nel tempo è progressivamente diminuito fino ad arrivare ad oggi dove si registra un solo leader e qualche leader forte ma minore di contorno). Si potrebbe grossolanamente riassumere questo cambiamento nel passaggio dal carisma al fascino.
Ricordo i leader durante la mia giovinezza - la leadership era molto presente durante i comizi, erano leader carismatici, "larger than life" si dice in inglese, e coltivavano con cura un'aura messianica, una vicinanza a Dio, interpretando alla lettera l'etimo della parola greca carisma ("dono divino"). Oggi, nell'era parcellizzata e divisiva di Internet, quello che viene chiesto ai leader invece è fascino, una qualità non divina, ma quotidiana, basata su piccoli momenti di presunta autenticità che svelino il carattere del leader e lo rendano più vicino, accessibile, autentico e degno di fiducia. Il carisma era costruito sulla lontananza, la differenza dall'audience, l'essere "il migliore" (Togliatti). Il fascino è costruito sulla prossimità (finta?), sulla finta umiltà, sull'avere molto in comune con chi ascolta. Quindi largo spazio a luoghi di incontro (reale o virtuale) con gli elettori che siano più accoglienti possibile per gli elettori che guardano o assistono (molto emblematico lo staging praticato sia da Harris che da Trump in un McDonald) e ampio uso di scorci di finto backstage o di situazioni goffe, in cui i politici appaiono teneri, con la guardia abbassata, o tonanti e arrabbiati, proprio come noi, gli elettori. Ogni incontro con i leader di oggi si situa in una ampia gamma di emozioni che vanno dalla seduzione all'inganno puro.
E qui trova il suo spazio l'osservazione di Serra (Amaca di oggi) sulle leadership con elementi psichiatrici di cui Trump è il campione. "L'elemento psichiatrico, da sempre rilevante nella storia dell'umanità, sta ingigantendo la sua influenza, almeno qui in Occidente (dell'Oriente continuiamo a sapere e capire piuttosto poco), con manifeste forme di squilibrio ed aggressività purtroppo spesso confuse con vivacità, spontaneità, fine delle ipocrisie. E' un vizio dei tempi quello di assolvere le intemperanze e le cattive maniere spacciandole per schiettezza: La destra populista, di questo equivoco permanente, ha fatto il suo cavallo di battaglia culturale e politico, ridicolizzando la correttezza e l'educazione (e all'occorrenza anche le convenzioni internazionali) come forme di vuoto buonismo".
Un'altra osservazione che ho maturato riguarda la lontananza dalla politica e dalle tematiche e i problemi sul piatto che ho osservato in questa campagna elettorale. Mentre in patria e anche i commentatori nostrani rilevavano, a ragione, come Kamala Harris non prendesse davvero posizione sulle tematiche ma si limitasse a blandire il più possibile l'elettorato senza scontentarlo, i “ragionamenti" politici di Trump si limitavano a scavare il più possibile nei recessi razzisti della psiche americana per condurre una campagna incentrata sull'odio più profondo e sulle più profonde insicurezze degli elettori. E allora perché a Kamala Harris veniva richiesto un programma economico di livello accademico e a Trump no? Direi che mi sembra del tutto coerente con la tipologia di politico costituita da Trump (e, in modi diversi ma molto simili tra loro nella sostanza, da Bolsonaro ed Erdogan, per finire all'inarrivabile Vladimir Putin): un aspirante autocrate che ha preso nelle sue mani un partito Repubblicano in crisi per trasformarlo in un partito che esiste solo per promuovere e far avanzare la carriera politica personale del leader e non per realizzare azioni politiche coerenti. Le proposte di Trump non riguardano le tematiche politiche ma sono tutte incentrate su un tema: Trump muoverà la sua bacchetta magica e i problemi spariranno, dalla fine delle guerre all'annessione del Canada alla sconfitta della Cina. In fondo, Trump è stato mandato dal cielo per risolvere tutti in nostri problemi. (e il fatto che da stasera sarà ufficialmente un pregiudicato, condannato per una trentina di capi d'accusa, non cambierà nulla perché la tipologia di politico che rappresenta non soffre di tali dettagli).
Quale tipologia di politico ha vinto? Lo sappiamo. Sarà un disastro - un disastro annunciato e "democratico".
Beh, il fascino può dare molta carica, ma non è un dono divino, questo no. Non mi spingerei a riporre troppa speranza in qualcosa di così terrestre e manipolabile. Ma io non sono un elettore medio, temo.
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