Smettiamola di guardare il dito, chiediamo dov’è la luna.
Una pericolosa sensazione si è fatta strada tra noi e dentro di noi: che questo virus sia meno pericoloso e forse sia mezzo sconfitto.
I dibattiti si incentrano sulla possibilità di andare a messa, dal parrucchiere, a trovare la nonna ma non la fidanzata, su chi potrà fare il bagno e se sarà più sicura la spiaggia o lo scoglio.
È un abbaglio colossale. Il virus è lo stesso di prima, continua a contagiare e a uccidere e non abbiamo ancora evidenze che abbia perso forza. Uscire di casa la prossima settimana potrebbe avere lo stesso tasso di pericolo della prima settimana di marzo. L’unica differenza la faranno la nostra consapevolezza e le nostre cautele.
Non mi interessa che il governo faccia l’elenco delle attività che possono riaprire e con che scadenza se non mi garantisce che è stata messa in piedi una rete che ci rende più sicuri. E di questa rete non c’è traccia. Bisogna fare tamponi, test sierologici e solo allora si potrà pensare che la app potrà avere un senso e che ognuno di noi si possa sentire protetto dalle Istituzioni.
Uno dei miei fratelli ha avuto una settimana di febbre alta e tosse, poi ha perso completamente gusto e olfatto per una decina di giorni, ha chiamato il medico di base svariate volte e ha ricevuto il consiglio di stare in casa. Nessuna visita ma soprattutto nessun tampone. Sono passate due settimane e non abbiamo idea se sia ancora positivo e contagioso (ci sono casi in cui lo si è per svariate settimane dopo la fine dei sintomi), per sicurezza nessuno di noi lo incontra e, a turno, continuiamo a lasciargli la spesa sulla porta di casa.
Mia madre dopo aver ascoltato la conferenza stampa di Conte, che permette le visite ai nonni, ci ha chiamato e ha detto: “Vi voglio bene ma non vi avvicinate, io continuo la mia quarantena, come posso pensare di incontrare mio figlio se nemmeno a Milano è ancora possibile fare un tampone? Mi spiace ma finché non ci daranno qualche sicurezza per me sarà sempre marzo”.
La penso come lei, senza le tre T (test, tracciamento e trattamento) continuerò a tagliarmi i capelli da solo davanti allo specchio. Dobbiamo pretendere reti di sicurezza, non dei contentini alla nostra voglia di normalità.
La fase che inizia adesso, in mancanza di una infrastruttura di garanzia che individui e isoli gli infetti, sarà quella della responsabilità individuale. Finché non ci sarà un vaccino o un protocollo di cura efficace, ognuno di noi si dovrà difendere da solo, con attenzioni, precauzioni e una buona dose di sano scetticismo
(Post Facebook di Mario Calabresi, 27 aprile 2020)
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