venerdì 20 marzo 2020

SOLITUDINE

Così, in questa notte del pieno del Coronavirus, dovrei andare a letto e non mi decido, non percepisco più il senso di andare a letto a una certa ora e svegliarmi in un’altra data ora - sembra tutto mischiato, confuso. Ho paura ? Un po’, forse, ma nemmeno tanta. Roberto è stato ammalato la settimana scorsa, ha avuto qualche giorno di febbre non alta e senza altri sintomi, ma da domenica è senza febbre e sta bene, anche se viviamo in questa grande casa in camere diverse, con bagni diversi, mangiando separati e in luoghi diversi. Ci parliamo alzando la voce tra una stanza e l’altra - parla più al telefono con i suoi colleghi, forse dovrei telefonargli.
 Oggi mio fratello ha iniziato anche lui - la febbre non è alta, ma lui ha in casa e cura mia madre ottantacinquenne e non autosufficiente. Un po’ di paura, ma ancora gestibile, anche se si sobbalza ad ogni piccolo colpo di tosse.
Un po’ di paura per il futuro economico del nostro paese e anche della nostra famiglia, in uno scenario che si prefigura apocalittico.
I figli, ringraziando il cielo, sono insieme a Zurigo, non sono completamente al sicuro, è ovvio, nessuno lo è, ma stanno bene, sono in un posto bellissimo e si vogliono bene e sono tranquilla per loro.
La madre ottantanovenne di Roberto è rintanata in casa con una brava badante e sarà quel che sarà.
Quindi un po’ di paura, ma soprattutto un desolante senso di solitudine - mi sento sola, e non se ne vede la fine. Così mi stanca ogni sforzo per fare cose, uscire a prendere il giornale, a fare spesa (per la prima volta da 15 giorni, date le molte risorse casalinghe di cui dispongo, in mezzo a una fila disciplinata di fantasmi silenziosi, dotati di protezioni e senza voglia di scambiarsi nemmeno una parola), mi stanca persino leggere e questa notte sembra infinita...
La forza di andare a letto me la dà la speranza che arrivi finalmente questo benedetto e maledetto picco...
In solitudine.

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