Ho da poco finito di leggere la giallista per antonomasia che parla del giallo - potevo perderla?
http://www.anobii.com/books/A_proposito_del_giallo/9788804630227/011c50583e5a986dd4/
Ed é proprio lei, senza fronzoli, dritta al sodo, una piacevole conversazione, da cui ahimé manca però pressoché tutto il genere giallo degli ultimi 25/30 anni. Peccato! Sarebbe stato interessante capire la sua opinione anche sui giallisti odierni. Utile anche per recuperare qualche "buco" di lettura (non ho mai letto Dorothy Sayers e sembra indispensabile e confesso che non avevo mai sentito nominare Ngayo Marsh).
Cito quella che secondo me é la parte in cui lei dá la sua definizione di giallo, mi sembra molto interessante e condivisibile "...non si può negare che il giallo procuri un sollievo dalle tensioni e dalle responsabilitá della vita quotidiana; é particolarmente apprezzato in tempi di conflittualitá, ansia e incertezza, quando la societá affronta problemi che né il denaro, né le teorie politiche, né le buone intenzioni sono in grado di risolvere o ridurre. E lì, nel giallo, noi abbiamo un problema al centro del romanzo, un problema che si risolve, non per fortuna o per grazia divina ma con l'ingegno umano, l'umana intelligenza e il coraggio. Veniamo confermati nella speranza che, nonostante certe evidenze contrarie, viviamo in un universo benefico ed etico, in cui i problemi si possono risolvere con mezzi razionali, recuperando la pace e l'ordine dallo sconvolgimento e dal caos personale e collettivo."
Non si poteva dire meglio, forse bisogna avere 94 anni ed essere inglese ed avere scritto "I figli degli uomini" per dirlo cosí bene.
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