mercoledì 19 marzo 2014

Anzianitá?

In questi giorni stiamo preparando una (abbastanza complessa) proposta formativa per gli operatori dell'area anziani (assistenti sociali, infermieri, medici, operatori socio sanitari ecc). Il primo incontro del ciclo l'abbiamo pensato come un momento di riflessione sul tema dell'"anzianitá" da una prospettiva antropologica e sociologica. La formatrice con cui lo stiamo preparando ha proposto una prospettiva interessante, più accentuata nell'etá anziana, ma non del tutto estranea anche al resto della vita: la prospettiva del "far fronte", cioè della non risoluzione, della "non guarigione", ma dell'affrontare e gestire un corpo, una mente, una vita in cui le modificazioni sono  non- rimediabili. Questo in un contesto di onnipotenza, di fretta di guarire, di cura e guarigione cui siamo assuefatti. Nell'ottica sanitaria (ma anche nell'ottica sociale) questo relega gli anziani alla serie B - non si vincono guerre e non si scrivono articoli sulla cronicità, anche se interessa numeri molto grandi di persone. I curanti sono quindi figure secondarie, operatori socio- sanitari, infermieri, scocciati medici di base.
Queste riflessioni mi hanno colpito rispetto al mio mal di schiena, perchè da subito, e non senza un po' di sconforto, ho sia subito sia anche consapevolmente scelto un' ottica di gestione della problematica e di gestione e conservazione, invece di interventi più apparentemente risolutivi - un'ottica di serie b, infatti non finanziata dal SSN che mi avrebbe finanziato un'intervento chirurgico e il rifornimento di antidolorifici ma non la fisioterapia e la ginnastica correttiva.
Un'altra riflessione interessante riguarda l'ottica connessa a quella del far fronte, cioè il qui ed ora. Diventare anziani significa riconoscersi nei propri limiti, ma soprattutto nelle proprie potenzialità. Ci sono limiti fisici, più facilmente riconoscibili ( ma non tutti riescono a riconoscerli, e da qui il dilagare dei botox e dei viagra, tra gli altri) ma anche limiti sociali, il cui non riconoscimento porta a quel rendersi pesanti, ripetitivi, lagnosi, quell'essere a malapena sopportati perché ci si sente ancora al centro della scena e invece non lo si è più - ma il centro della scena non segna la propria importanza, anche se pochi lo sanno. E anche chi cura gli anziani ha bisogno dell'ottica del qui ed ora, per ri- conoscere il senso e la dimensione della cura e gli spazi passati in cui è nata la cura stessa e l'oggi che la modella.

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