venerdì 25 ottobre 2019

ORARIO DEL NEGOZIO

Sulla saracinesca abbassata (per pausa pranzo) di una libreria nel magnifico centro di Mazara del Vallo


mercoledì 23 ottobre 2019

E IL CUORE MI VA IN PEZZI

E il cuore mi va in pezzi, certo, in ogni momento di ogni giorno, in più pezzi di quanti compongano il mio cuore, non mi ero mai considerato di poche parole, tanto meno taciturno, anzi non avevo proprio mai pensato a tante cose, ed è cambiato tutto, la distanza che si è incuneata fra me e la mia felicità non era il mondo, non erano le bombe e le case in fiamme, ero io, il mio pensiero, il cancro di non lasciare mai la presa, l'ignoranza è forse una benedizione, non lo so, ma a pensare si soffre tanto, e ditemi, a cosa mi è servito pensare, in che grandioso luogo mi ha condotto il pensiero? Io penso, penso, penso, pensando sono uscito dalla felicità un milione di volte, e mai una volta che vi sia entrato.

Jonathan Safran Foer, Molto forte, incredibilmente vicino

giovedì 17 ottobre 2019

DI BELLEZZA E DI BONTÀ

Forse è un peccato trasformare tanta bellezza e biodiversità


In banali e buonissimi sughi per l’inverno (però hanno anche loro una certa bellezza)



martedì 15 ottobre 2019

PER PENSARE: EUROPA 6. - E INFINE, LA DEMOCRAZIA?


Quello che noi intendiamo come democrazia è un modello di organizzazione politica sviluppato per ottenere la maggiore partecipazione possibile dei cittadini e la migliore rappresentazione possibile dei loro interessi all’interno di e per gli stati nazionali. La democrazia come la conosciamo è un prodotto del diciannovesimo secolo. E’ legata in maniera inscindibile al nazionalismo, come d’altro canto la nascita delle nazioni è stata condotta dagli eroi dei movimenti popolari. La nostra democrazia, le nostre idee di democrazia, le nostre esperienze con la democrazia, le nostre aspettative nei confronti della democrazia, tutto ciò che consideriamo standard democratici auspicabili, tutto questo era ed è ancora adesso la democrazia nazionale – dobbiamo inventare una nuova democrazia che non sia vincolata all’idea di stato nazionale, transitando dal diciannovesimo al ventunesimo secolo. Senza cadere nella trappola e nella tentazione della supernazione, sul modello degli USA.
La storia è piena di forme di organizzazione democratica scomparse allo scomparire dei loro presupposti, per esempio la classica democrazia antica è giunta al termine col superamento della società fondata sullo schiavismo, sostituita da una nuova formazione sociale. 
In Europa sta nascendo qualcosa di completamente nuovo: il primo continente postnazionale. Questo funzionerà solo se sviluppiamo anche un nuovo modello di democrazia che rispecchi questo sviluppo storico. I più grandi deficit democratici dell’attuale costruzione della UE si potrebbero eliminare senza difficoltà e con poca fatica: è vero che la Commissione europea ha un problema di legittimazione. Lo si risolverebbe subito se i Commissari fossero eletti dall’Europarlamento, ma questo richiede che l’Europarlamento ottenga tutti i diritti previsti dal parlamentarismo, in primo luogo l’autorità sul budget.
Nella situazione attuale, sempre più intrecciata e accavallata a livello globale, la semplice idea che una nazione possa imporre gli interessi della maggioranza della propria popolazione a scapito delle altre, trovando la felicità nella forma di una monade aggressiva e solipsistica, è del tutto assurda. Date le condizioni in cui possiamo organizzarci e dobbiamo costruire la nostra vita, tutto si verifica a livello transnazionale: la creazione di valore, i flussi finanziari, l’ecologia, la comunicazione, la cultura.
Questa crisi non è finanziaria o monetaria, bensì politica. Gli interessi nazionali dei singoli stati membri hanno impedito che insieme alla moneta comune, che ha rappresentato un grande passo avanti per l’integrazione, venissero decisi anche gli strumenti politici indispensabili: una comune politica finanziaria, fiscale ed economica. I singoli stati nazionali non hanno voluto cedere tanta sovranità.
Non si pensa a una supernazione e quindi per esempio non si pensa a una lingua comune. Una lingua comune è ambizione di uno stato nazionale. In Europa il tema non si pone, perché non si tratta di far nascere una nazione europea. La pluralità linguistica e culturale costituisce la ricchezza di questo continente, che produce identità a livello locale. L’identità europea altro non è che la certezza che il continente sia solido e compatto per quanto riguarda l’uniformità del quadro normativo, i diritti umani, lo stato di diritto, la pace, l’equità e la sicurezza sociale.

(Robert Menasse, Un messaggero per l’Europa, Sellerio)

PER PENSARE: EUROPA 5. “L’EUROPA NON FA NON DICE NON DECIDE – LE ISTITUZIONI EUROPEE


La COMMISSIONE EUROPEA elabora progetti paneuropei, propone direttive e regolamenti per tutta l’Unione e controlla quale “custode dei trattati” che le regole del gioco vengano rispettate da tutti.
Il PARLAMENTO EUROPEO, i cui rappresentanti sono direttamente eletti, controlla a sua volta la Commissione, deve concordare con lei, nel caso la può anche destituire e decide in materia di bilancio del budget comunitario
Tra queste due istituzioni sovranazionali, davvero europee per spirito e compiti, si è infilato il CONSIGLIO EUROPEO dei Capi di stato e di governo dei paesi membri.  Il Consiglio era stato all’inizio creato per incentivare la comunitarizzazione europea e farla avanzare passo dopo passo fino a diventare superfluo, ed è invece diventato l’ultimo baluardo con il quale i capi di stato e di governo bloccano proprio questa via. Il Consiglio Europeo è un’istituzione con alta legittimazione democratica, ma tuttavia non ha alzato di livello la democrazia, bensì il nazionalismo, facendo sì che sia la comunità sia ciascun stato membro si ritrovi con problemi che non possono essere risolti con nessuno degli strumenti democratici in nostro possesso. E’ impossibile nell’Unione Europea e nel mondo globalizzato soddisfare il furore nazionalista. Inoltre, la “difesa degli interessi nazionali” è sempre stata una truffa: gli unici interessi ad essere difesi sono quelli delle èlite politiche nazionali, economiche e finanziarie.
Il problema della UE è che rispetto alle soluzioni sovranazionali ha troppo poche competenze, non troppe, e la colpa è di quelli che noi possiamo votare, cioè i governi nazionali. I funzionari della Commissione sono già orientati ad una politica fiscale, sociale e migratoria unica. Sono invece i politici provinciali delle varie nazioni a non consentirlo, perché vogliono trattenere questi temi come pegno a fronte della perdita di potere nei confronti della UE e perché offrono soluzioni apparenti, demagogiche e populiste, come droga ai loro elettori, pensando solo a cosa possono rivendere come un successo, cioè quello che hanno “riportato a casa” a vantaggio “solo dei nostri” e contro la UE, a spese degli “altri”.

(Robert Menasse, Un messaggero per l’Europa, Sellerio)

PER PENSARE: EUROPA 4. ”LA UNIONE EUROPEA è SOLO ELITES, CAPITALE E BANCHE”



Ritorniamo all’inizio: l’idea era di creare un’Europa che trasse un insegnamento reale ed efficace dalla propria storia disastrosa ed è proprio questa grande idea comune che unisce, negata di continuo, il progetto europeo.  Era un’idea geniale: : strappare le radici del nazionalismo mediante la limitazione e l’intreccio delle economie, e in questo modo non solo conciliare nazioni avversarie, ma anche superarle attraverso l’interdipendenza delle economie nazionali, creando così pace autentica e duratura. E si sa che tutto ciò che chiamiamo cultura o che associamo con la cultura si sviluppa meglio nella pace che nella deprivazione e nella distruzione provocate dalla guerra e dall’economia di guerra.
L’Unione europea come progetto di pace e libertà è quindi, a ben vedere, essenzialmente anche un progetto cultural- politico. E il peso dell’economia in questo progetto non è un problema, bensì la sua forza: è la base concreta che serve per qualsiasi idea, è la realtà che, come hanno più volte dimostrato gli ultimi decenni, non tiene testa all’idea e si modifica di continuo. Il problema, quindi, o semmai l’aspetto arrogante, non è quindi prefissarsi una politica culturale europea, bensì il fatto che oggi gli stati nazionali non le concedono il portafoglio. La Cultura è da ogni punto di vista il settore più povero della struttura dell’Unione europea. Manca di budget, di competenze, di peso: la politica culturale è rimasta alla sovranità dei singoli Stati membri.

(Robert Menasse, Un messaggero per l’Europa, Sellerio)

PER PENSARE: EUROPA 3. “SMANIA REGOLAMENTATRICE”


Ciò che a livello nazionale è mera “legislazione”, nell’ambito del processo di unificazione europea scade nella “smania regolatrice”, ciò che in ogni stato si chiama semplicemente “amministrazione”, nelle discussioni sulla UE viene subito definito “dittatura dei funzionari” o “moloch burocratico”. Il personaggio del BUROCRATE si costruisce a partire dalle immagini negative di tutte le classi sociali: il burocrate è privilegiato e ignaro del mondo come un aristocratico decadente, flemmatico e testardo come un piccolo borghese, ossessionato dalle regole come un rappresentante sindacale, lavativo come l’ula ltimo dei proletari, ottuso e subdolamente furbo come un contadino, nell’architettare assurdità è fantasioso come un imprenditore che prima di tutto crea il bisogno da soddisfare, e come tutti gli “scrocconi del sistema” ha l’idea fissa di prosperare alle spalle dei contribuenti. Il motivo principale dell’euroscetticismo (secondo il 36 per cento degli intervistati nel 2011) o del “rifiuto della UE” (42 per cento) risiedeva nel fatto che a prendere “importanti decisioni politiche” sarebbero “funzionari privi di legittimazione burocratica”. Allora guardiamoci meglio:
La burocrazia europea è estremamente snella, per amministrare un intero continente la UE ha meno funzionari della sola città di Vienna
La burocrazia europea costa poco: l’UE ha un budget pari all’1% del prodotto interno lordo europeo e il 6% di questo budget (=0,06% del PIL europeo) paga la burocrazia europea.
La burocrazia europea è altamente qualificata, poliglotta, radicata nella propria cultura di origine ma libera dall’irrazionalità di una cosiddetta identità nazionale.
Stiamo parlando di funzionari e i funzionari non sono mai votati, neanche in Italia. Inoltre, ogni sistema ha bisogno di un apparato amministrativo, di burocrati.
Solo tre istituzioni europee crescono in termini assoluti: il Parlamento, la Corte di Giustizia e la Corte dei Conti, quindi: la democrazia, la certezza del diritto e il controllo del budget. Tutte le altre istituzioni sono, per quanto riguarda il numero dei funzionari, stabili e snelle.

(Robert Menasse, Un messaggero per l’Europa, Sellerio)

PER PENSARE: EUROPA 2. “NAZIONALISMO E INTERESSI NAZIONALI”


Cosa sono gli “interessi nazionali”? Quali interessi nazionali, legittimi alla luce dei diritti umani e nel contempo unici, sono solo per gli “italiani” e non anche per i tedeschi, i portoghesi… La formulazione corrente recita:  
“Se poteste scegliere tra uno stato nazionale sovrano che difende i propri interessi nel quadro dello stato di diritto e un moloch burocratico fondato e guidato da èlite che intende uniformare la pluralità culturale europea in preda a una smania regolatrice sotto il segno dell’opacità, cosa scegliereste?”
Ma si può anche immaginare questa formulazione
“Cosa scegliereste tra uno stato nazionale che, finanziato con denaro pubblico, difende gli interessi di un piccolo gruppo di èlite nazionali politiche ed economiche ed è disposto a farlo, a seconda delle circostanze, anche con la forza (di cui sareste senza dubbio vittime anche voi) e una libera associazione di liberi cittadini i cui diritti alla libertà vengono garantiti da istituzioni sovranazionali che mantengono la pace a prescindere da dove abitiate su questo continente, da dove viaggiate o ovunque decidiate di stabilirvi per fare fortuna?”

Sentirsi a casa è un diritto fondamentale, l’identità nazionale no. Si è a casa quando gli odori e le cadenze pizzicano la nostra corda interiore, casa è un luogo concreto in cui non si è in visita, dove le particolarità linguistiche e le stramberie delle tradizioni instillano, se non un senso acritico di approvazione, almeno una specie di appartenenza. La casa è l’unico posto dov’è a fuoco che anche ciò che è diffuso e poco chiaro, dove il pane ha un sapore particolare, dove l’emozione è più grande e la rabbia nei confronti di chi bada solo al proprio orticello è poderosa come l’amore per gli ortaggi che vi crescono. 

Il nazionalismo sta morendo? Si potranno abolire i parlamenti nazionali? Utopia? Ma era utopia anche la caduta del Muro, erano utopia i Trattati di Roma: la razionalità pragmatica dei cosiddetti realisti si è resa spesso drammaticamente ridicola agli occhi della storia. Esistono molte più opzioni di quelle che oggi sembrano fattibili.
Lo sviluppo postnazionale, l’intreccio degli stati europei, le loro interdipendenze sono così avanzati ormai da rendere impossibili le soluzioni nazionali ai problemi, siano essi economici o di altra natura, e al contempo il ritorno alla nazione ha di nuovo acquistato peso non solo come mentalità, ma anche a livello politico e istituzionale, grazie al rafforzamento del Consiglio nel sistema europeo, rendendo impossibili soluzioni sovranazionali coerenti. - il Consiglio europeo dei capi di governo nazionali è in costante contraddizione con qualsiasi sviluppo postnazionale e non solo: il suo potere e le sue competenze sono state recentemente rafforzate contro il senso stesso di questo sviluppo.

(Robert Menasse, Un messaggero per l’Europa, Sellerio)

PER PENSARE: EUROPA 1. IL SENSO STORICO E POLITICO


Da un po’ di tempo accarezzo l’idea di documentarmi un po’ di più sull’Europa e sulle varie cose che sento in giro la cui superficialità, pressapochismo e strumentalizzazione politica appaiono evidenti anche a chi non ha studiato abbastanza. Ho letto un po’ in giro e soprattutto ho trovato un libro molto interessante (Robert Menasse, Un messaggero per l’Europa, Sellerio) che tenta proprio di analizzare le “parole d’ordine” che vengono usate per l’Europa. In qualche post cercherò di spiegare quello che ho capito. Intanto il senso storico e politico che sta alla base dell’Unione Europea. 
A metà del secolo scorso l’Europa giaceva di nuovo in macerie. L’ideologia della nazione autodeterminata, autocosciente e autocratica, le dinamiche del nazionalismo, le “storiche avversioni” tra nazioni, il tentativo di imporre a tutti i costi gli “interessi nazionali” a scapito degli altri stati sono costati la vita a milioni e milioni di persone, hanno inferto sofferenze senza fine ai sopravvissuti e il nazionalismo sfrenato ha trovato il proprio culmine in un atroce crimine contro l’umanità che oggi ha come simbolo Auschwitz. Quindi, se mai ci si fosse lasciati alle spalle quella miseria, sarebbe stato necessario far sì che le catastrofi prodotte dal nazionalismo e dagli interessi conflittuali delle nazioni non potessero più ripetersi. L’idea dei padri fondatori del progetto di pace europeo era di agevolare un tale intreccio istituzionale ed economico tra nazioni, rendendole interdipendenti, da impedire il perseguimento di qualsiasi interesse individuale, come accade nel commercio comunitario. Il motivo razionale e storico di quella che sarebbe diventata la UE è quindi l’ambizione, satura di esperienze sanguinose, di superare il nazionalismo mediante uno sviluppo postnazionale da organizzare e portare avanti attraverso istituzioni sovranazionali. 
Ovvio che la UE, per come è impostata, è un progetto elitario. L’utopia consisteva nel costringere gradualmente gli stati nazionali a cedere sovranità intrecciando le loro economie, soffocarli passo dopo passo finchè non fossero scomparsi sfociando in un’Europa senza confini. Già allora questa idea della necessaria scomparsa degli stati nazionali non aveva la maggioranza, malgrado le catastrofiche esperienze di tipo nazionalistico fossero ancora fresche e ognuno avesse ben chiare davanti agli occhi le conseguenze dell’estasi nazionalista. Ma dalla critica del carattere “elitario” della UE emerge in realtà il malessere per la perdita strisciante di una identità che a ben vedere è sempre stata una chimera, ma che ha potuto tenere insieme le èlite e il popolo all’interno degli stati nazionali.