Mi è capitato recentemente di discutere via Facebook( via Facebook, non ci posso credere! Ho mollato quasi subito, non è possibile condurre una discussione seria via Facebook) con un amico cui la categoria "mediocrità" non si applica affatto, nemmeno lontanamente. Eppure, questo amico ha serenamente affermato che se fosse il prossimo sindaco di Parma la prima cosa che farebbe sarebbe dare gratis gli "asili" ai figli degli immigrati, perchè partono in prima elementare già col 6 perchè non sanno l'italiano. Questa affermazione (innocua, di per se stessa) mi ha colpito per la sua mediocrità e per il fatto che questo amico rappresenta una delle migliori teste pensanti che conosco.
Tralascio molti commenti, ma due li devo almeno sfiorare:
1. Asilo nido e scuola dell'infanzia sono due ordini di scuole molto diversi, non solo per i costi e le rispettive tariffe sostenute dalle famiglie (su cui sono ferratissima - è il mio mestiere), ma soprattutto per i bisogni familiari ed educativi a cui rispondono. L'asilo nido in Emilia-Romagna copre circa il 30% dei bimbi in età corrispondente, sia italiani che stranieri (e da almeno un paio d'anni non c'è lista d'attesa, nonostante mediocri e altisonanti titoli di gionale e convinzioni non eradicabili. La scuola dell'infanzia intorno al 95% dei bimbi di età, sia italiani che stranieri (cioè, in pratica, tutti). Non è veramente possibile a mio avviso farne un discorso unico. E qui mi fermo, perchè voglio fare il post su altro.
2. La compartecipazione delle famiglie (cioè quello che pagano ogni mese) è calcolata sull'ISEE cioè su un indicatore di capacità reddituale - alcune famiglie pagano pochissimo o anche niente in base alla loro situazione reddituale. Anche qui mi fermo, sottolineo solo che anche la retta massima copre solo circa un terzo dei costi del servizio.
Se capisco bene, la problematica rappresentata riguarda l'insuccesso scolastico dei figli della migrazione. Questo tema mi riguarda professionalmente solo lateralmente - occupandomi di servizi sociali ne vedo le conseguenze (ragazzini e ragazzi a disagio sociale), ma anche direttamente nella parte programmazione dei servizi di prevenzione (che è la cenerentola dei servizi - la prevenzione non dà sufficiente visibilità) Inoltre, da qualche anno ho ben presente una lezione magistrale di un professore della Bocconi che affermava che il maggiore svantaggio competitivo che la Regione Emilia-Romagna patirà nei prossimi vent'anni sarà questa massa di oggi ragazzi e domani lavoratori dequalificata e priva degli strumenti non solo di lavoro, ma anche di comprensione del mondo - saranno qui tra noi, cosa ce ne faremo?
Inoltre, ho avuto una figlia che è stata per i primi sei anni della sua vita una "seconda generazione" (ce ne sono di quattro tipi: stranieri nati in Italia, stranieri nati all'estero e giunti in Italia in età prescolare, stranieri nati all'estero e giunti in Italia tra i 7 e i 12 anni, stranieri nati all'estero e giunti in Italia tra i 13 e i 17 anni) e l'ho osservata imparare a parlare in spagnolo, passate all'italiano per tre mesi e poi parlare in inglese - sono molto sensibile e interessata alla problematica. E infine, ho fatto un master in Education negli Stati Uniti, dove la linguistica L2 è stato uno dei temi di studio.
Quello che abbiamo oggi in Italia è descritto da molti dati, ma ne prendo solo un paio: a 18 anni sono ancora sui banchi di scuola l'80% dei ragazzi italiani (SOLO l'80%!) e il 60% dei ragazzi di origine straniera - il 19% degli italiani di quell'età ha un ritardo scolastico di almeno un anno, il 36% degli stranieri (di cui il 40% di due anni o più). Inoltre, solo il 18% degli stranieri segue un percorso liceale, istituti tecnici (33%), gli altri istituti professionali o corsi di formazione professionale (e il 50% non terminerà il corso di studi).
Le cause?
- le stesse che per i ragazzi italiani - basso capitale umano (sociale, economico e culturale) della famiglia e ci sarebbe molto da dire ma non mi soffermo
- le famiglie migranti hanno spesso esigenze di inserimento precoce dei figli nel mondo del lavoro e quindi scelgono percorsi più culturalmente poveri e più rapidamente monetizzabili
- i ragazzi stranieri hanno un problema di identità e di apparteneza (altro tema enorme)
- la lingua non è la causa prevalente - la quasi totalità è capace di comunicare senza problemi, senza accento e senza incomprensioni. Non manca l'alfabetizzazione primaria, manca l'alfabetizzazione secondaria, quella della competenza linguistica scritta, quella "per studiare".
La cosa da sottolineare è che il fattore linguistico più importante, in verità, è la competenza linguistica nella lingua materna: il livello di competenza in L2 è una parziale funzione del tipo di competenza che si è sviluppato in L1 nel momento in cui inizia l'esposizione intensiva a L2 quindi bisognerebbe sostenere ed incentivare i genitori stranieri ad usare la lingua materna con i bambini e non "insegnare" precocemente l'italiano e valorizzare il più possibile la L1.
È quindi prioritario l'asilo nido per tutti? Molte cose si possono fare, sia come sindaco che come insegnanti che come sistema scolastico - forse è semplice dire "devono imparare l'italiano' ma forse un po' semplicistico? Forse bisogna problematizzare, approfondire, ascoltare chi studia e chi opera - non è molto di moda, ma non c'è speranza senza. Altrimenti siamo "altruisti irrazionali" (Giovanna Zincone, La Stampa 25 novembre 2013) o, più semplicemente, incorriamo in una mediocrità inaspettata e immeritata.
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