Quando un ministro della PA, nominata per non si sa quali meriti tranne di essere stata scelta da quella grande mente strategica di Veltroni afferma che la pubblica amministrazione deve buttare fuori gli anziani per far posto ai giovani non solo dice una minchiata, non solo segue un luogo comune (entrambe sono cose che quasi tutti i politici comunemente praticano) non solo mi offende (come cittadino italiano sono abituata ad essere maltrattata) ma soprattutto va ad ulteriormente erodere quello che dovrebbe essere la sua prima preoccupazione e cioè la motivazione di quei molti dipendenti pubblici che fanno sempre più fatica a trovarla, ogni giorno.
Bisognerebbe:
- delineare dei percorsi di carriera ( possibilmente premiando ed incentivando il merito e buttando fuori gli impresentabili)
- curare la formazione
- fare leggi che dicano cose coerenti, fare leggi quadro, diminuirle
- informatizzare
- curare il benessere organizzativo, motivare e riconoscere, favorire e non cassare l'imprenditività
- far timbrare gli insegnanti e far fare loro più ore frontali
E potrei continuare...
Ma cosa conto, io? E domani mattina, per iniziare la mia faticosissima settimana che solo anni di formazione, di esperienza e una grande motivazione a non mollare mai mi permetteranno di sopportare, troverò un'ulteriore motivazione pensando al crossing over che forse - forse!- potrà salvare quella bimba che sta per nascere dalle minchiate e dai luoghi comuni ...
domenica 30 marzo 2014
giovedì 27 marzo 2014
L'Anna si è laureata
Martedì scorso l'Anna si è laureata - bene - alla specialistica di Scienze e Tecnologie alimentari alla Statale di Milano. La nostra gioia è grande, un grande traguardo per lei e anche un piccolo traguardo per noi genitori.
Osservando il suo sguardo felice, gli occhi che le brillavano, ho avuto un deja vu di lei, nemmeno tre anni, un tombolotto biondissimo, che camminava per la strada di Capula, in Messico dove vivevamo.
Capula è un pueblito tipico in Michoacan dove producono ceramiche artigianali tradizionali e consiste (o almeno consisteva più di 20 anni fa, quando noi ne percorrevamo le strade) di una serie di botteghe artigianali affacciate su una strada principale sterrata, fangosa, profondamente segnata dalle ruote dei carri, più bassa del livello delle botteghe.
Mentre guardavo le ceramiche ho perso per un attimo di vista l'Anna, l'ho cercata con lo sguardo e l'ho vista, con la sua magliettina a righine bianche e nere (ricordo anche che aveva un taschino nero) in mezzo alla strada, nel fango e nelle buche. Stava cantando e ha sollevato su di me uno sguardo limpido, sereno, spalancato sul mondo, "dritto e aperto nel futuro".
Uno sguardo non molto dissimile a quello che ho incrociato martedì sotto la corona d'alloro.
Auguri, mia bambina grande.
Osservando il suo sguardo felice, gli occhi che le brillavano, ho avuto un deja vu di lei, nemmeno tre anni, un tombolotto biondissimo, che camminava per la strada di Capula, in Messico dove vivevamo.
Capula è un pueblito tipico in Michoacan dove producono ceramiche artigianali tradizionali e consiste (o almeno consisteva più di 20 anni fa, quando noi ne percorrevamo le strade) di una serie di botteghe artigianali affacciate su una strada principale sterrata, fangosa, profondamente segnata dalle ruote dei carri, più bassa del livello delle botteghe.
Mentre guardavo le ceramiche ho perso per un attimo di vista l'Anna, l'ho cercata con lo sguardo e l'ho vista, con la sua magliettina a righine bianche e nere (ricordo anche che aveva un taschino nero) in mezzo alla strada, nel fango e nelle buche. Stava cantando e ha sollevato su di me uno sguardo limpido, sereno, spalancato sul mondo, "dritto e aperto nel futuro".
Uno sguardo non molto dissimile a quello che ho incrociato martedì sotto la corona d'alloro.
Auguri, mia bambina grande.
Cosa succede - lo stipendio di Moretti
Vexata quaestio.
Propongo un punto di vista, sentito oggi.
Moretti rivendica di avere raggiunto l'efficienza di Ferrovie dello Stato: pareggio di bilancio, non più esuberi di personale, etc.
Ma che dire dell'efficacia (=congruenza con i fini). Il fine - credo - è quello di dare un servizio (diciamo decente?) ai cittadini italiani e ai turisti che visitano l'Italia. Il fine è raggiunto? No, anzi è peggiorato. Come dire: l'operazione è perfettamente riuscita ma il paziente è morto. per questo motivo Moretti non merita affatto la sua retribuzione, anzi, dovrebbe chiedere scusa.
Propongo un punto di vista, sentito oggi.
Moretti rivendica di avere raggiunto l'efficienza di Ferrovie dello Stato: pareggio di bilancio, non più esuberi di personale, etc.
Ma che dire dell'efficacia (=congruenza con i fini). Il fine - credo - è quello di dare un servizio (diciamo decente?) ai cittadini italiani e ai turisti che visitano l'Italia. Il fine è raggiunto? No, anzi è peggiorato. Come dire: l'operazione è perfettamente riuscita ma il paziente è morto. per questo motivo Moretti non merita affatto la sua retribuzione, anzi, dovrebbe chiedere scusa.
venerdì 21 marzo 2014
Mi ha fatto ridere - la vendetta di Shakespeare
Mi ha fatto ridere questa notiziola che ho ascoltato per radio da uno dei miei speaker preferiti, Andrea Lucatello di Radio Capital.
Si tratta di questo: un ragazzo inglese è stato truffato in una vendita online: ha pagato la consolle di videogiochi, ma non l'ha mai ricevuta. Per vendicarsi del venditore, gli ha inviato per SMS l'opera completa di Shakespeare, utilizzando due semplici strumenti: un'offerta telefonica a SMS illimitati e una App che segmenta i testi interi in tanti SMS. Al momento, ha inviato poco più della metà dell'opera di Shakespeare in 30.000 messaggini.
Si potrebbero fare molti commenti, ma a me ha fatto semplicemente ridere, mi ha divertito.
Si tratta di questo: un ragazzo inglese è stato truffato in una vendita online: ha pagato la consolle di videogiochi, ma non l'ha mai ricevuta. Per vendicarsi del venditore, gli ha inviato per SMS l'opera completa di Shakespeare, utilizzando due semplici strumenti: un'offerta telefonica a SMS illimitati e una App che segmenta i testi interi in tanti SMS. Al momento, ha inviato poco più della metà dell'opera di Shakespeare in 30.000 messaggini.
Si potrebbero fare molti commenti, ma a me ha fatto semplicemente ridere, mi ha divertito.
Giornata mondiale della poesia 2
Che sta facendo adesso
adesso, in questo momento?
È a casa? Per la strada?
Al lavoro? In piedi? Sdraiata?
Forse sta alzando il braccio?
Amor mio
come appare in quel movimento
il polso bianco e rotondo!
Che sta facendo adesso
adesso, in questo momento?
Un gattino sulle ginocchia
lei lo accarezza.
O forse sta camminando
ecco il piede che avanza.
Oh i tuoi piedi che mi son cari
che mi camminano sull’anima
che illuminano i miei giorni bui!
A che pensa?
A me? o forse... chi sa
ai fagioli che non si cuociono.
O forse si domanda
perché tanti sono infelici
sulla terra.
Che sta facendo adesso
Adesso, in questo momento?
(N. Hikmet)
Giornata mondiale della poesia 1
BARCHETTE DI CARTE
Giorno per giorno
io varo le mie barchette di carta
nella corrente del ruscello.
A grosse lettere vi scrivo
il mio nome e quello del mio paese.
lo spero che qualcuno
le trovi e sappia dove sono.
lo carico le mie barchette
con i fiori del giardino,
perché siano portati alla spiaggia,
nella notte.
Quando la notte viene,
sogno le mie navi
che vanno veloci
sotto le stelle di mezzanotte.
(R. Tagore)
mercoledì 19 marzo 2014
Anzianitá?
In questi giorni stiamo preparando una (abbastanza complessa) proposta formativa per gli operatori dell'area anziani (assistenti sociali, infermieri, medici, operatori socio sanitari ecc). Il primo incontro del ciclo l'abbiamo pensato come un momento di riflessione sul tema dell'"anzianitá" da una prospettiva antropologica e sociologica. La formatrice con cui lo stiamo preparando ha proposto una prospettiva interessante, più accentuata nell'etá anziana, ma non del tutto estranea anche al resto della vita: la prospettiva del "far fronte", cioè della non risoluzione, della "non guarigione", ma dell'affrontare e gestire un corpo, una mente, una vita in cui le modificazioni sono non- rimediabili. Questo in un contesto di onnipotenza, di fretta di guarire, di cura e guarigione cui siamo assuefatti. Nell'ottica sanitaria (ma anche nell'ottica sociale) questo relega gli anziani alla serie B - non si vincono guerre e non si scrivono articoli sulla cronicità, anche se interessa numeri molto grandi di persone. I curanti sono quindi figure secondarie, operatori socio- sanitari, infermieri, scocciati medici di base.
Queste riflessioni mi hanno colpito rispetto al mio mal di schiena, perchè da subito, e non senza un po' di sconforto, ho sia subito sia anche consapevolmente scelto un' ottica di gestione della problematica e di gestione e conservazione, invece di interventi più apparentemente risolutivi - un'ottica di serie b, infatti non finanziata dal SSN che mi avrebbe finanziato un'intervento chirurgico e il rifornimento di antidolorifici ma non la fisioterapia e la ginnastica correttiva.
Un'altra riflessione interessante riguarda l'ottica connessa a quella del far fronte, cioè il qui ed ora. Diventare anziani significa riconoscersi nei propri limiti, ma soprattutto nelle proprie potenzialità. Ci sono limiti fisici, più facilmente riconoscibili ( ma non tutti riescono a riconoscerli, e da qui il dilagare dei botox e dei viagra, tra gli altri) ma anche limiti sociali, il cui non riconoscimento porta a quel rendersi pesanti, ripetitivi, lagnosi, quell'essere a malapena sopportati perché ci si sente ancora al centro della scena e invece non lo si è più - ma il centro della scena non segna la propria importanza, anche se pochi lo sanno. E anche chi cura gli anziani ha bisogno dell'ottica del qui ed ora, per ri- conoscere il senso e la dimensione della cura e gli spazi passati in cui è nata la cura stessa e l'oggi che la modella.
Queste riflessioni mi hanno colpito rispetto al mio mal di schiena, perchè da subito, e non senza un po' di sconforto, ho sia subito sia anche consapevolmente scelto un' ottica di gestione della problematica e di gestione e conservazione, invece di interventi più apparentemente risolutivi - un'ottica di serie b, infatti non finanziata dal SSN che mi avrebbe finanziato un'intervento chirurgico e il rifornimento di antidolorifici ma non la fisioterapia e la ginnastica correttiva.
Un'altra riflessione interessante riguarda l'ottica connessa a quella del far fronte, cioè il qui ed ora. Diventare anziani significa riconoscersi nei propri limiti, ma soprattutto nelle proprie potenzialità. Ci sono limiti fisici, più facilmente riconoscibili ( ma non tutti riescono a riconoscerli, e da qui il dilagare dei botox e dei viagra, tra gli altri) ma anche limiti sociali, il cui non riconoscimento porta a quel rendersi pesanti, ripetitivi, lagnosi, quell'essere a malapena sopportati perché ci si sente ancora al centro della scena e invece non lo si è più - ma il centro della scena non segna la propria importanza, anche se pochi lo sanno. E anche chi cura gli anziani ha bisogno dell'ottica del qui ed ora, per ri- conoscere il senso e la dimensione della cura e gli spazi passati in cui è nata la cura stessa e l'oggi che la modella.
sabato 15 marzo 2014
lunedì 10 marzo 2014
Albertina e Luciano sono in Brasile
Beati loro! Oggi l'Albe ci ha scritto che sarebbe bello che fossimo là insieme e l'ho trovato un pensiero molto carino
Cosa succede - taglio dell'IRAP o taglio dell'IRPEF?
Il primo commento che mi viene é: e che ne so?
Però alcune cose so e in particolare una cosa che non si visibilizza credo abbastanza. Non so se è l'IRPEF o l'IRAP, ma io credo che una delle emergenze sia che le persone trovino lavoro - e non solo per la sopravvivenza, per il denaro che guadagnano, ma per trovare identità, per trovare un posto, un posto nel mondo, per dispiegare le energie, in particolare le giovani energie. Provo una rabbia repressa nel vedere sprecati anni e vite che potrebbero essere utilmente immessi nella nostra narrazione di specie, nella nostra storia quotidiana, generando infelicità, ignoranza, rabbia sprecata - spreco.
E non so se sia l'IRAP o l'IRPEF e non so se è una riflessione borghese di chi non conosce il vero bisogno, ma più che aumentare gli stipendi vorrei che lavorasse più gente, in particolare più giovani, che si visualizzasse questa idea del lavoro come positivo per finalizzare le energie su un senso e non sul nonsenso, per recuperare un senso di futuro, di movimento e di progresso.
Sarà l'IRAP? Sarà l'IRPEF? Direi l'IRAP, se fossi sicura che le nostre aziende sappiano finalizzare al lavoro le risorse. Direi l'IRPEF se non avessi il dubbio che i consumi sono una risposta a circolo vizioso, che frega i più deboli e induce bisogni.
Direi sobrietà, onestà, consapevolezza - merce ancora più rara che i tagli.
PS Bottura direbbe "mi è partito il pippone"....
Però alcune cose so e in particolare una cosa che non si visibilizza credo abbastanza. Non so se è l'IRPEF o l'IRAP, ma io credo che una delle emergenze sia che le persone trovino lavoro - e non solo per la sopravvivenza, per il denaro che guadagnano, ma per trovare identità, per trovare un posto, un posto nel mondo, per dispiegare le energie, in particolare le giovani energie. Provo una rabbia repressa nel vedere sprecati anni e vite che potrebbero essere utilmente immessi nella nostra narrazione di specie, nella nostra storia quotidiana, generando infelicità, ignoranza, rabbia sprecata - spreco.
E non so se sia l'IRAP o l'IRPEF e non so se è una riflessione borghese di chi non conosce il vero bisogno, ma più che aumentare gli stipendi vorrei che lavorasse più gente, in particolare più giovani, che si visualizzasse questa idea del lavoro come positivo per finalizzare le energie su un senso e non sul nonsenso, per recuperare un senso di futuro, di movimento e di progresso.
Sarà l'IRAP? Sarà l'IRPEF? Direi l'IRAP, se fossi sicura che le nostre aziende sappiano finalizzare al lavoro le risorse. Direi l'IRPEF se non avessi il dubbio che i consumi sono una risposta a circolo vizioso, che frega i più deboli e induce bisogni.
Direi sobrietà, onestà, consapevolezza - merce ancora più rara che i tagli.
PS Bottura direbbe "mi è partito il pippone"....
venerdì 7 marzo 2014
Futura (e la paura)
Ieri mattina prima di andare a lavorare su Rai news 24 ho visto per caso il video di save the chidren (consiglio di vederlo su savethechildren. it) sulla bimba siriana progressivamente intrappolata nella realtá della guerra (tra l'altro nel caso della Siria la guerra piú assurda di tutte, la guerra civile). Mi ha colpito molto in quel video la paura negli occhi di quella bambina (la paura peggiore, quella di cui non si riesce nemmeno a parlare).
Poi, in macchina, hannno tramesso "Futura" di Lucio Dalla che ci ha lasciato ormai da due anni. Lì mi è venuto un flash - ho ricordato una me stessa con una pancia già grossa nel 1988 che ascoltava il verso "Nascerà e non avrà paura nostro figlio" e, con quei tipici impeti anche supportati dai molti ormoni in circolo, giurava di fare il possibile perchè la sua bambina ( la pensava bambina, ma l'avrebbe effettivamente scoperta solo dopo qualche mese) non avrebbe dovuto avere paura - allora pensavo alla guerra.
Adesso, quasi 26 anni dopo quella bambina si va a laureare alla specialistica in un paio di settimane ed in effetti questa promessa che non avrebbe avuto paura della guerra si è realizzata, anche per merito di un periodo storico contingente pressochè mai verificatosi prima nella storia d'Europa (tendiamo a sottovalutarlo e darlo per scontato, ma dobbiamo ricordarlo con forza).
Questa giovane (e bella) donna non ha paura della guerra, si muove a suo agio in Europa e nel mondo, non ha paure di bisogni materiali (anche grazie al duro lavoro dei suoi nonni prima e dei suoi genitori poi -anche questo magari si dà un po' per scontato).
Residua nei suoi occhi una paura che è in parte fisiologica e in parte no ed è la paura del futuro. Tutti noi alla sua età l'abbiamo avuta, in quel momento in cui si rende necessario cercare lavoro e impostare il futuro. Non è solo la ricerca del lavoro, credo, ma in generale il trovare il proprio senso, il dispiegarsi delle proprie capacità, desideri, attitudini in rapporto al mondo, la scegliere una strada che di per se stessa è al tempo stesso troppo limitante e troppo piena di bivi - la famosa strada nel bosco, con le sue aree inquietanti dove nel buio sono in agguato la bestie feroci e le sue radure piene di sole.
Oggi per i ragazzi c'è però anche un aspetto meno fisiologico di questa paura che viene da un contesto disastrato in cui la loro strada nel bosco va ad inserirsi. Di questo degrado io ( e la mia generazione) non assumiamo la colpa, credo, ma dobbiamo addossarci una riluttante responsabilità sia passata che futura.
"Nascerà e non avrà paura nostro figlio".
Poi, in macchina, hannno tramesso "Futura" di Lucio Dalla che ci ha lasciato ormai da due anni. Lì mi è venuto un flash - ho ricordato una me stessa con una pancia già grossa nel 1988 che ascoltava il verso "Nascerà e non avrà paura nostro figlio" e, con quei tipici impeti anche supportati dai molti ormoni in circolo, giurava di fare il possibile perchè la sua bambina ( la pensava bambina, ma l'avrebbe effettivamente scoperta solo dopo qualche mese) non avrebbe dovuto avere paura - allora pensavo alla guerra.
Adesso, quasi 26 anni dopo quella bambina si va a laureare alla specialistica in un paio di settimane ed in effetti questa promessa che non avrebbe avuto paura della guerra si è realizzata, anche per merito di un periodo storico contingente pressochè mai verificatosi prima nella storia d'Europa (tendiamo a sottovalutarlo e darlo per scontato, ma dobbiamo ricordarlo con forza).
Questa giovane (e bella) donna non ha paura della guerra, si muove a suo agio in Europa e nel mondo, non ha paure di bisogni materiali (anche grazie al duro lavoro dei suoi nonni prima e dei suoi genitori poi -anche questo magari si dà un po' per scontato).
Residua nei suoi occhi una paura che è in parte fisiologica e in parte no ed è la paura del futuro. Tutti noi alla sua età l'abbiamo avuta, in quel momento in cui si rende necessario cercare lavoro e impostare il futuro. Non è solo la ricerca del lavoro, credo, ma in generale il trovare il proprio senso, il dispiegarsi delle proprie capacità, desideri, attitudini in rapporto al mondo, la scegliere una strada che di per se stessa è al tempo stesso troppo limitante e troppo piena di bivi - la famosa strada nel bosco, con le sue aree inquietanti dove nel buio sono in agguato la bestie feroci e le sue radure piene di sole.
Oggi per i ragazzi c'è però anche un aspetto meno fisiologico di questa paura che viene da un contesto disastrato in cui la loro strada nel bosco va ad inserirsi. Di questo degrado io ( e la mia generazione) non assumiamo la colpa, credo, ma dobbiamo addossarci una riluttante responsabilità sia passata che futura.
"Nascerà e non avrà paura nostro figlio".
mercoledì 5 marzo 2014
Vignetta di Elle Kappa - l'8 marzo
Bisogna ridere per non piangere. Non che piangere non faccia bene, ma ridere mi sembra più "rivoluzionario" - le lacrime affogano, ma le risate seppelliscono.
domenica 2 marzo 2014
A proposito del genere giallo
Ho da poco finito di leggere la giallista per antonomasia che parla del giallo - potevo perderla?
http://www.anobii.com/books/A_proposito_del_giallo/9788804630227/011c50583e5a986dd4/
Ed é proprio lei, senza fronzoli, dritta al sodo, una piacevole conversazione, da cui ahimé manca però pressoché tutto il genere giallo degli ultimi 25/30 anni. Peccato! Sarebbe stato interessante capire la sua opinione anche sui giallisti odierni. Utile anche per recuperare qualche "buco" di lettura (non ho mai letto Dorothy Sayers e sembra indispensabile e confesso che non avevo mai sentito nominare Ngayo Marsh).
Cito quella che secondo me é la parte in cui lei dá la sua definizione di giallo, mi sembra molto interessante e condivisibile "...non si può negare che il giallo procuri un sollievo dalle tensioni e dalle responsabilitá della vita quotidiana; é particolarmente apprezzato in tempi di conflittualitá, ansia e incertezza, quando la societá affronta problemi che né il denaro, né le teorie politiche, né le buone intenzioni sono in grado di risolvere o ridurre. E lì, nel giallo, noi abbiamo un problema al centro del romanzo, un problema che si risolve, non per fortuna o per grazia divina ma con l'ingegno umano, l'umana intelligenza e il coraggio. Veniamo confermati nella speranza che, nonostante certe evidenze contrarie, viviamo in un universo benefico ed etico, in cui i problemi si possono risolvere con mezzi razionali, recuperando la pace e l'ordine dallo sconvolgimento e dal caos personale e collettivo."
Non si poteva dire meglio, forse bisogna avere 94 anni ed essere inglese ed avere scritto "I figli degli uomini" per dirlo cosí bene.
http://www.anobii.com/books/A_proposito_del_giallo/9788804630227/011c50583e5a986dd4/
Ed é proprio lei, senza fronzoli, dritta al sodo, una piacevole conversazione, da cui ahimé manca però pressoché tutto il genere giallo degli ultimi 25/30 anni. Peccato! Sarebbe stato interessante capire la sua opinione anche sui giallisti odierni. Utile anche per recuperare qualche "buco" di lettura (non ho mai letto Dorothy Sayers e sembra indispensabile e confesso che non avevo mai sentito nominare Ngayo Marsh).
Cito quella che secondo me é la parte in cui lei dá la sua definizione di giallo, mi sembra molto interessante e condivisibile "...non si può negare che il giallo procuri un sollievo dalle tensioni e dalle responsabilitá della vita quotidiana; é particolarmente apprezzato in tempi di conflittualitá, ansia e incertezza, quando la societá affronta problemi che né il denaro, né le teorie politiche, né le buone intenzioni sono in grado di risolvere o ridurre. E lì, nel giallo, noi abbiamo un problema al centro del romanzo, un problema che si risolve, non per fortuna o per grazia divina ma con l'ingegno umano, l'umana intelligenza e il coraggio. Veniamo confermati nella speranza che, nonostante certe evidenze contrarie, viviamo in un universo benefico ed etico, in cui i problemi si possono risolvere con mezzi razionali, recuperando la pace e l'ordine dallo sconvolgimento e dal caos personale e collettivo."
Non si poteva dire meglio, forse bisogna avere 94 anni ed essere inglese ed avere scritto "I figli degli uomini" per dirlo cosí bene.
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