Da un po’ volevo andare ad una lettura della Divina Commedia. Avevamo una brava professoressa che ci ha fatto molto amare Dante (ricordo perfino che l’Inferno era il suo preferito e il Paradiso il suo meno preferito), ma dalla fine delle superiori non ho più ripreso in mano la Commedia. Questo è l’anno del settecentesimo anniversario e le letture pubbliche abbondano, ma per un motivo o per l’altro non ero mai riuscita ad andare. Così, quando ho visto una proposta di Intercral Parma e Famija Pramzana, due giovedí a leggere alcuni Canti dell’Inferno, ho deciso di andare, coinvolgendo anche Roberto e Albe.
Mi chiedevo tra me e me se non era un po’ assurdo leggere e commentare insieme e se mi sarei annoiata e invece è stato piacevolissimo, sicuramente per merito anche di due brillanti conduttori, ma soprattutto perché i versi, oltre ad essere di sublime bellezza, hanno risvegliato echi noti, come se facessero parte di noi da sempre, dimenticati, ma di forte presenza.
Ne ho segnati alcuni
(Canto terzo)
Per me si va ne la città dolente,
per me si va ne l'etterno dolore,
per me si va tra la perduta gente. 3
Giustizia mosse il mio alto fattore;
fecemi la divina podestate,
la somma sapïenza e ’l primo amore. 6
Dinanzi a me non fuor cose create
se non etterne, e io etterno duro.
Lasciate ogne speranza, voi ch’intrate’.
…..
Questi non hanno speranza di morte,
e la lor cieca vita è tanto bassa,
che ’nvidïosi son d’ogne altra sorte. 48
Fama di loro il mondo esser non lassa;
misericordia e giustizia li sdegna:
non ragioniam di lor, ma guarda e passa".
…..
Ed ecco verso noi venir per nave
un vecchio, bianco per antico pelo,
gridando: "Guai a voi, anime prave! 84
….
E ’l duca lui: "Caron, non ti crucciare:
vuolsi così colà dove si puote
ciò che si vuole, e più non dimandare". 96
…
Come d’autunno si levan le foglie
l’una appresso de l’altra, fin che ’l ramo
vede a la terra tutte le sue spoglie, 114
similemente il mal seme d’Adamo
gittansi di quel lito ad una ad una,
per cenni come augel per suo richiamo.
(Canto V)
"O tu che vieni al doloroso ospizio",
disse Minòs a me quando mi vide,
lasciando l’atto di cotanto offizio,
…
La bufera infernal, che mai non resta,
mena li spirti con la sua rapina;
voltando e percotendo li molesta.
…
Amor, ch'al cor gentil ratto s'apprende,
prese costui de la bella persona
che mi fu tolta; e 'l modo ancor m'offende. 102
Amor, ch’a nullo amato amar perdona,
mi prese del costui piacer sì forte,
che, come vedi, ancor non m’abbandona. 105
Amor condusse noi ad una morte.
Caina attende chi a vita ci spense".
Queste parole da lor ci fuor porte.
….
Quando leggemmo il disïato riso
esser basciato da cotanto amante,
questi, che mai da me non fia diviso, 135
la bocca mi basciò tutto tremante.
Galeotto fu ’l libro e chi lo scrisse:
quel giorno più non vi leggemmo avante".
Ecco, come se fossero state sempre lî, queste parole sonore, cosí familiari, cosí piene di bellezza.
Giovedì prossimo ancora….
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