Oggi, in una bella giornata di terso sole invernale, passeggiando nel mio giardino, mi sono imbattuta in insoliti, ma non meno magnifici, fiori invernali
lunedì 29 novembre 2021
STREET ART
Street Art (Ginko Biloba di trentatré anni, foglie di Ginko Biloba autunnali/invernali e trattorino domestico) da un promette artista italiano, categoria Late Bloomers, Roberto Ranieri
sabato 27 novembre 2021
OLIVIA E IL NIDO: EPISODIO 3
Ed è arrivato, alla fine della prima settimana di inserimento, il momento di passare un’intera ora senza la mamma e con le tate (anche un tato maschio) all’asilo. L’ora è filata liscia, nessuna crisi “Si è guardata un po’intorno per vedere se c’era la mamma, ma poi si è messa a giocare, impegnatissima e sorridente. È una bambina molto socievole, vedrà che non avrà problemi.”
Certo però che un’ora da protagonista, reggendosi solo sulle proprie forze e risorse, stanca davvero moltissimo. Tra l’asilo e casa solo cinque minuti in passeggino e questo è il momento dell’arrivo a casa
Ps. E comunque, ancora e sempre BABY POWER!
OLIVIA E IL NIDO:EPISODIO 2
E così, lunedì scorso Olivia e la sua mamma hanno incominciato l’inserimento al nido. I primi giorni, un’ora con la mamma, tutto bene, ma poi è arrivata la prima mezz’ora da sola, con la mamma in un’altra stanza e la prima crisi. La crisi della mamma, non di Olivia, la mamma che si è messa perfino a piangere, sentendosi abbandonata e terrorizzata di lasciare la sua bambina in altre mani. L’assistente pedagogica l’ha un po’ consolata e tutto si è risolto. Olivia ha reagito bene, ma Anna, la sera in videochiamata, parlandone, ha detto che lei vorrebbe stare con la bambina e non vorrebbe che Olivia crescesse. E quale mamma pescando nei suoi ricordi non solidarizzerebbe con Anna?
È inevitabile, crescerà e andrà al nido e andrà tutto bene.
giovedì 25 novembre 2021
GIORNATA CONTRO LA VIOLENZA MASCHILE SULLE DONNE
La verità è che un uomo violento con le donne ammette la sua inferiorità, al cospetto delle donne e - soprattutto - degli altri uomini.
Senza alibi.
(Giornata internazionale contro la violenza maschile sulle donne)
lunedì 22 novembre 2021
LEGGERE DANTE 2
Secondo incontro leggendo Dante, peccato fosse l’ultimo per il momento, ma abbiamo cercato a gran voce di averne altri. Stavolta, Ulisse e Conte Ugolino.
Ulisse, canto XXVI, è un canto perfetto che celebra l’ardore, la passione di conoscenza, e che chiude con 4 versi drammatici, plastici, perfetti. In mezzo, “fatti non foste a viver come bruti/ma per seguir virtude e canoscenza”
Lo maggior corno de la fiamma antica
cominciò a crollarsi mormorando,
pur come quella cui vento affatica; 87
indi la cima qua e là menando,
come fosse la lingua che parlasse,
gittò voce di fuori e disse: "Quando 90
mi diparti’ da Circe, che sottrasse
me più d’un anno là presso a Gaeta,
prima che sì Enëa la nomasse, 93
né dolcezza di figlio, né la pieta
del vecchio padre, né ’l debito amore
lo qual dovea Penelopè far lieta, 96
vincer potero dentro a me l’ardore
ch’i’ ebbi a divenir del mondo esperto
e de li vizi umani e del valore; 99
ma misi me per l’alto mare aperto
sol con un legno e con quella compagna
picciola da la qual non fui diserto. 102
L’un lito e l’altro vidi infin la Spagna,
fin nel Morrocco, e l’isola d’i Sardi,
e l’altre che quel mare intorno bagna. 105
Io e’ compagni eravam vecchi e tardi
quando venimmo a quella foce stretta
dov’Ercule segnò li suoi riguardi 108
acciò che l’uom più oltre non si metta;
da la man destra mi lasciai Sibilia,
da l’altra già m’avea lasciata Setta. 111
"O frati," dissi, "che per cento milia
perigli siete giunti a l’occidente,
a questa tanto picciola vigilia 114
d’i nostri sensi ch’è del rimanente
non vogliate negar l’esperïenza,
di retro al sol, del mondo sanza gente. 117
Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti,
ma per seguir virtute e canoscenza". 120
Li miei compagni fec’io sì aguti,
con questa orazion picciola, al cammino,
che a pena poscia li avrei ritenuti; 123
e volta nostra poppa nel mattino,
de’ remi facemmo ali al folle volo,
sempre acquistando dal lato mancino. 126
Tutte le stelle già de l’altro polo
vedea la notte, e ’l nostro tanto basso,
che non surgëa fuor del marin suolo. 129
Cinque volte racceso e tante casso
lo lume era di sotto da la luna,
poi che 'ntrati eravam ne l'alto passo, 132
quando n’apparve una montagna, bruna
per la distanza, e parvemi alta tanto
quanto veduta non avëa alcuna. 135
Noi ci allegrammo, e tosto tornò in pianto;
ché de la nova terra un turbo nacque
e percosse del legno il primo canto. 138
Tre volte il fé girar con tutte l’acque;
a la quarta levar la poppa in suso
e la prora ire in giù, com’altrui piacque, 141
infin che ’l mar fu sovra noi richiuso".
E il Conte Ugolino, al Canto XXII, emozionante, dolente, ambiguo
Poi cominciò: "Tu vuo’ ch’io rinovelli
disperato dolor che ’l cor mi preme
già pur pensando, pria ch’io ne favelli.
…..
Quivi morì; e come tu mi vedi,
vid’io cascar li tre ad uno ad uno
tra ’l quinto dì e ’l sesto; ond’io mi diedi, 72
già cieco, a brancolar sovra ciascuno,
e due dì li chiamai, poi che fur morti.
Poscia, più che 'l dolor, poté 'l digiuno". 75
……
Ahi Pisa, vituperio de le genti
del bel paese là dove 'l sì suona,
poi che i vicini a te punir son lenti, 81
muovasi la Capraia e la Gorgona,
e faccian siepe ad Arno in su la foce,
sì ch’elli annieghi in te ogne persona!
DELLA MADRE
Sullo spettacolo in sé devo dire che le mie aspettative erano piú alte del risultato: tratto dal discorso sulla madre di Recalcati, che conosco bene, é sicuramente un bello spettacolo, con soluzioni e idee sceniche anche molto originali, ma a mio avviso piú crudele di quello che poteva essere sulle madri - in certi punti ho avuto una stretta al cuore e la tensione comunque non mollava mai. Mi era piaciuta molto di piú la scrittura scenica di “In nome del padre” che avevamo visto al teatro di Ragazzola (piú piccolo di Roccabianca, ma gremito) nella primavera del 2019, quando non sapevamo ancora niente del Covid. La mano era piú leggera, allora, per quanto senza negare le spinositá. Ebbene, siamo qui, reduci e non sconfitti, ancora a teatro con le nostre maschere e mascherine. Un abbraccio.
venerdì 19 novembre 2021
DELLA MIA GASTRITE
Soffro di gastrite e come è noto la gastrite a sua volta soffre di una componente psicologica importante. Negli ultimi giorni, infatti, si è accentuata (a onor del vero lo fa ad ogni passaggio di stagione) e ne aveva ben donde con le notizie di cui può nutrirsi: uno o due femminicidi al giorno, addirittura in questo periodo collegati agli infanticidi dei propri figli, violenti, folli, inaccettabili (osservo come siano spesso uomini di origine straniera, a dar conto di una nascosta epidemia di disagio mentale collegata al fenomeno migratorio) e stamattina anche la notizia di un bimbo siriano di un anno morto di freddo - DI FREDDO! - al confine polacco della ricca Europa, una notizia crudele e inaccettabile, se sia colpa di Lukashenko o dell’Europa è abbastanza marginale di fronte ad una notizia del genere.
Nutrimento alla mia gastrite lo ha anche fornito la notizia di stamani riguardante il governo che è andato sotto in due emendamenti con i voti in Senato di tutto il centrodestra con i voti di Italia Viva di Renzi. Non è tanto la notizia in sè, piuttosto marginale anche se ha cominciato a scatenare i commentatori sulla fine dell’esperienza Draghi e lo sfilacciamento della sua maggioranza, quanto il pensiero che ho avuto e che nessun commentatore sottolinea: i “voti di Italia Viva” sono i voti di elettori del PD che hanno eletto quei senatori, visto che Italia Viva non c’era come soggetto alle scorse elezioni. E questo alimenta la mia gastrite…
SUI NO VAX
L’amico no vax e il solco incolmabile
È all’opera una parodia dell’intelligenza, priva di empatia che rende ormai spuntate le armi della persuasione
Dovessi campare mille anni, leggendo e analizzando una per una le argomentazioni contro i vaccini e contro quel loro necessario complemento che sono i green pass, non riuscirei ad assimilare nemmeno un minimo frammento di quella maniera di pensare e di comportarsi. Come alla stragrande maggioranza dei miei simili, più di ogni singola polemica, più di ogni manipolazione dei dati, più di ogni infantile enormità stile «dittatura sanitaria» e «grande reset» è il tono di questa gente, capace di negare anche i numeri dei morti pur di godersi un posticino nel sole del dibattito, che mi infastidisce profondamente. Ci vedo all’opera un’intelligenza, sarebbe meglio dire una parodia dell’intelligenza, priva di empatia: mancanza orribile, non meno dannosa per l’umanità, a lungo andare, degli effetti del monossido di carbonio o delle carestie da siccità.
Basta guardare come parlano, ripetendo le loro frottole, con lo sguardo vitreo di chi ritiene che le parole, e la loro apparente concatenazione logica, bastino da sole ad annullare la realtà. E il bello è che, in fin dei conti, sui due fatti centrali potremmo essere tutti d’accordo: i vaccini sono uno strumento ancora lontano dalla perfezione, non garantendo l’immunità in modo totale; e i green pass non andranno impiegati un giorno più del necessario, perché è vero, l’ombra del controllo pesa su tutte le società e non è certo una cosa da prendere sottogamba. Ma è proprio di fronte a queste constatazioni elementari che il discrimine tra gli esseri umani non è più l’intelligenza, ma l’empatia. Prendiamo il sentimento più elementare e comprensibile: la paura del vaccino. Chi di noi non l’ha provata ? Ebbene la finta intelligenza, lasciata sola, è capace di costruire intorno al puro e semplice fatto della paura, che è difficile accettare ed ammettere in quanto tale, tutto un reticolato di motivazioni che possiedono l’apparenza di un ragionamento conseguente e supportato da fatti. È così che ci si condanna a vivere in quello che una grande scrittrice cattolica americana, Flannery O’ Connor, ha definito «un mondo che Dio non ha mai creato». L’empatia, tutto al contrario, è una consigliera più prudente e insieme più aperta alle infinite possibilità della vita. Non esige da te che superi la paura del vaccino, non zittisce le tue eventuali preoccupazioni filosofiche sull’opportunità del green pass. Ti suggerisce solo di collegare la tua singola esistenza a ciò che è umano in te come negli altri. E di adottare strumenti imperfetti perché altri, per adesso, non ce ne sono. Perché molti medici possano tornare a occuparsi di tutte le altre patologie necessariamente trascurate, per esempio. Perché sia garantita la possibilità di visitare i malati nei luoghi di cura, per dirne un’altra, che è una parte irrinunciabile dei processi di guarigione. E dunque, ci provi, assieme a milioni di persone come te: anche se sai che vaccini e green pass hanno i loro limiti, sono strumenti imperfetti, lo fai perché l’alternativa è terribile, perché chi vive assoggettato alla propria psiche individuale, ancora prima che nocivo agli altri, è come uno condannato in vita alle pene dell’Inferno.
Per quanto mi riguarda, mi sarei vaccinato e userei il green pass anche se ritenessi attendibili alcune delle fanfaluche dei negatori. Perché il rischio esistenziale, ovvero la perdita di connessione empatica con l’umano, peserebbe sulla bilancia molto più di un supposto effetto collaterale o di una momentanea perdita di libertà. Credo di avere descritto un sentire così comune da rischiare di essere banale; molto meno banale, e degno dell’attenzione di un grande romanziere, è uno scenario sociale in cui la mancanza di empatia, di compassione, di rispetto per il sapere autentico si infiltra nelle case, nella cerchia degli affetti, addirittura nelle relazioni d’amore. Perché, al netto della tragedia pandemica, è questo il dramma psicologico che siamo costretti a vivere, ed è ogni giorno più evidente. Sarà una minoranza di pazzi, ma è una minoranza troppo numerosa: conosciamo tutti persone che non si sono vaccinate, o che pensano che mostrare il green pass in treno sia un attentato alla Costituzione.
Siamo legati a loro da lunghi affetti e consuetudini, o siamo parenti stretti, nutriamo stima nei loro confronti, li ammiriamo per il loro lavoro. Non possiamo usare gli idranti per disperderli, non possiamo cambiare canale se li sentiamo affermare un’idiozia, e ogni giorno che passa ci cascano le braccia alla sola idea di discutere con loro. Perché ormai, è inutile che lo neghiamo, le armi della persuasione si sono totalmente spuntate. Mi sorprende che qualcuno di buona volontà le invochi ancora, quando è evidente che chi si doveva persuadere, si è già persuaso e aspetta la terza dose. Queste persone di cui parlo, questi nostri amici e consanguinei, anche se arrivasse un angelo nel loro soggiorno a scongiurarli di rinunciare all’egoismo e al narcisismo che li possiedono, non lo starebbero nemmeno a sentire. Non sono nemmeno no vax, se intendiamo con questa formula una specie di attivismo. Al contrario, loro non amano affatto parlarne, anche a causa di un elementare sentimento di vergogna, e sperano sempre che il discorso non cada sull’argomento. Sul loro profilo Instagram non troverete immagini di Draghi con i baffetti di Hitler, ma copertine di bei libri, cuccioli, tramonti. Sono capaci di andare a cena da qualcuno e trasformare quella casa in un focolaio, ma sono angosciati per la sorte delle donne in Afghanistan e per il global warming. Sperano che la buriana passi senza costringerli a mettersi in gioco, sperano addirittura di prendersi il Covid in forma lieve, come una riserva privata di anticorpi. Non se lo potranno mai confessare, ma noi lo vediamo bene: a sorreggerli c’è il turpe, inconfessato sentimento che tanto a vaccinarsi ci abbiano pensato gli altri. Ma l’esperienza ce lo insegna: noi non togliamo l’affetto a chi si macchia di comportamenti altrettanto incivili, se è possibile: quando mai abbiamo troncato con qualcuno perché guida in modo imprudente, e magari ci beve sopra un paio di bicchieri ? Quando mai abbiamo rinunciato a frequentare qualcuno che non fa la raccolta differenziata, o si fa pagare al nero un lavoretto ? Per dirla con la Bibbia, non siamo noi i guardiani dei nostri fratelli, e anche se a dirlo era Caino, in questo caso aveva ragione. Sono solo le leggi, e le istituzioni preposte a farle rispettare, che ci possono salvare. La norma è impersonale, e non distingue tra chi la ritiene giusta e chi la ritiene un sopruso. Ci solleva da discussioni, da conflitti, da silenzi addolorati che sono del tutto inutili e rischiano di trascinarsi dietro una specie di Long Covid emotivo, nel quale continueremo a voler bene a persone alle quali non riusciremo a perdonare quello che non hanno fatto, i sentimenti che non hanno provato. Tra tante scalogne inevitabili che la pandemia ha portato con sé, norme limpide e l’autorità necessaria a farle rispettare potrebbero almeno sollevarci dalle spalle l’onere di incarnare — ci mancava solo questa ! — un assurdo perbenismo sanitario.
(Lo dice più che bene, direi. Aggiungo solo che ho sperimentato però anche una ricorrente relazione tra posizioni no-vax, no-euro e negazioniste del cambiamento climatico, tracce di una linea di pensiero precisa che sembra sconfitta dalla storia in un momento in cui l’euro ci salva il culo e il cambiamento climatico è sotto gli occhi preoccupati di tutti noi, ma non ancora sconfitta tra i fantasmi che albergano nella testa delle persone. Sottolineo anche con forza quello che Emanuele Trevi evidenzia: non è più possibile convincere, discutere, argomentare)
domenica 14 novembre 2021
PSICANALISI DEL GALLO 2: R.I.P.
E fatalmente, come preannunciato, è avvenuto. Ecco qui il gallo con istinti suicidi: R.I.P. nel congelatore per un futuro pranzetto.
sabato 13 novembre 2021
LEGGERE DANTE
Da un po’ volevo andare ad una lettura della Divina Commedia. Avevamo una brava professoressa che ci ha fatto molto amare Dante (ricordo perfino che l’Inferno era il suo preferito e il Paradiso il suo meno preferito), ma dalla fine delle superiori non ho più ripreso in mano la Commedia. Questo è l’anno del settecentesimo anniversario e le letture pubbliche abbondano, ma per un motivo o per l’altro non ero mai riuscita ad andare. Così, quando ho visto una proposta di Intercral Parma e Famija Pramzana, due giovedí a leggere alcuni Canti dell’Inferno, ho deciso di andare, coinvolgendo anche Roberto e Albe.
Mi chiedevo tra me e me se non era un po’ assurdo leggere e commentare insieme e se mi sarei annoiata e invece è stato piacevolissimo, sicuramente per merito anche di due brillanti conduttori, ma soprattutto perché i versi, oltre ad essere di sublime bellezza, hanno risvegliato echi noti, come se facessero parte di noi da sempre, dimenticati, ma di forte presenza.
Ne ho segnati alcuni
(Canto terzo)
Per me si va ne la città dolente,
per me si va ne l'etterno dolore,
per me si va tra la perduta gente. 3
Giustizia mosse il mio alto fattore;
fecemi la divina podestate,
la somma sapïenza e ’l primo amore. 6
Dinanzi a me non fuor cose create
se non etterne, e io etterno duro.
Lasciate ogne speranza, voi ch’intrate’.
…..
Questi non hanno speranza di morte,
e la lor cieca vita è tanto bassa,
che ’nvidïosi son d’ogne altra sorte. 48
Fama di loro il mondo esser non lassa;
misericordia e giustizia li sdegna:
non ragioniam di lor, ma guarda e passa".
…..
Ed ecco verso noi venir per nave
un vecchio, bianco per antico pelo,
gridando: "Guai a voi, anime prave! 84
….
E ’l duca lui: "Caron, non ti crucciare:
vuolsi così colà dove si puote
ciò che si vuole, e più non dimandare". 96
…
Come d’autunno si levan le foglie
l’una appresso de l’altra, fin che ’l ramo
vede a la terra tutte le sue spoglie, 114
similemente il mal seme d’Adamo
gittansi di quel lito ad una ad una,
per cenni come augel per suo richiamo.
(Canto V)
"O tu che vieni al doloroso ospizio",
disse Minòs a me quando mi vide,
lasciando l’atto di cotanto offizio,
…
La bufera infernal, che mai non resta,
mena li spirti con la sua rapina;
voltando e percotendo li molesta.
…
Amor, ch'al cor gentil ratto s'apprende,
prese costui de la bella persona
che mi fu tolta; e 'l modo ancor m'offende. 102
Amor, ch’a nullo amato amar perdona,
mi prese del costui piacer sì forte,
che, come vedi, ancor non m’abbandona. 105
Amor condusse noi ad una morte.
Caina attende chi a vita ci spense".
Queste parole da lor ci fuor porte.
….
Quando leggemmo il disïato riso
esser basciato da cotanto amante,
questi, che mai da me non fia diviso, 135
la bocca mi basciò tutto tremante.
Galeotto fu ’l libro e chi lo scrisse:
quel giorno più non vi leggemmo avante".
Ecco, come se fossero state sempre lî, queste parole sonore, cosí familiari, cosí piene di bellezza.
Giovedì prossimo ancora….
LA PSICANALISI DEL GALLO?
Questo è il gallo del mio pollaio
Ho un pollaio piccino, un gallo con 4/5 galline ad uso strettamente domestico (e già così regaliamo molte uova) e ce l’ho da decenni, ormai, si sono succeduti moltissimi galli (ogni paio d’anni bisogna cambiarlo per averlo sempre giovane e anche per mangiarlo). Nessuno dei galli che ho conosciuto e poi mangiato mi ha mai attaccato. So che i galli possono essere aggressivi, ma non mi era mai successo. Solitamente l’attacco del gallo avviene sempre secondo la stessa modalità: rincorre, afferra con le unghie e becca. Insomma cerca di tenere lontano il pericolo dalle sue galline. Inoltre quando avverte il rischio abbassa la testa e fissa il nemico, per poi ondeggiare con il corpo prima di partire correndo. Quando ha la preda sotto le sue zampe, il suo collo è adornato da piume che si alzano: tutto il corpo è poi impegnato nell’attacco per rendere inerme l’avversario.
Questo gallo ha cercato più volte di attaccare Gigi, ma ci abbiamo tutti riso su, scherzando sul fatto che lo avesse riconosciuto come un giovane maschio concorrente per il predominio sul pollaio. Poi, durante tutte e due le visite di Olivia, ha cercato più di una volta di attaccarmi, tendendomi veri e propri agguati, mentre avevo Olivia in braccio in giardino. Ne ha rimediato qualche urlaccio e anche un paio di scopate, ma la prima volta mi ha spaventato e le altre volte mi ha fatto imbufalire e ha segnato il suo destino. Nonostante abbia solo un anno, ieri è arrivato il suo sostituto e domani mattina la sua vita sarà finita e il suo destino entro sera sarà il mio congelatore.mercoledì 3 novembre 2021
VOLERE UN FIGLIO
Qualche giorno fa l’Anna ha posto una questione che avevano discusso lei e Andre durante una lunga passeggiata tra i monti (con Olivia nel backpack, naturalmente) “Perché volere un figlio?” posto che gli svantaggi economici, sociali, personali sono lì molto evidenti davanti a tutti (e davanti a loro in particolare, che da sei mesi – quasi sette - non dormono una notte di filato fino al mattino). Perché volere un figlio? Anna ha consegnato la domanda in particolare a me.
Ci ho pensato.
La prima cosa che ho realizzato è stato che l’abituale risposta a questa domanda, basata sui meccanismi naturali, biologici, di riproduzione della specie, non era sufficiente. E qui c’è da fare un distinguo: la domanda non è perché avere un figlio, ma perché VOLERE un figlio. Ci sono forse miliardi di persone che hanno figli, perpetrando il meccanismo di riproduzione vuoi per motivi sociali (ambiente isolato o primitivo o degradato, non accesso ai mezzi di contraccezione), economici (non accesso a mezzi di contraccezione, non accesso all’istruzione), culturali (motivi religiosi, ignoranza, tradizione) ecc. Ho perfino visto con i miei occhi, in Messico, quaranta anni fa, una sottospecie di questa categoria, cioè i figli come garanzia di avere qualcuno che ti mantenga e curi quando sei vecchio, in un sistema sociale dove previdenza e sanità erano un miraggio ancora lontano. Ma nella nostra società, abituata ad addomesticare, confondere, negare totalmente o parzialmente gli istinti naturali (e non solo quello della riproduzione, ma anche altri molto più dannosi come l’aggressività), demograficamente in affanno, deve esserci di più, deve esserci una linea culturale e sociale diversa. Non sparisce credo mai completamente l’istinto naturale, è ovvio, ma bisogna scandagliare di più per arrivare a capire perché VOLERE un figlio e non semplicemente averlo.
Ho guardato un po’ nella psicologia. Ricordavo vagamente di avere studiato a Purdue la teoria dell’attaccamento e sono andata a riguardarla. La teoria è complessa e cercherò di semplificarla al massimo, ovviamente con il rischio di essere altamente imprecisa, ma serve solo come base di ragionamento. L’attaccamento è stato studiato nel rapporto madre-figlio nei primissimi anni (mesi) di età, ipotizzando che il bambino abbia sicurezza e protezione dalle vulnerabilità attraverso la vicinanza con il caregiver. In questo contesto risultano fondamentali la sensibilità e responsività materna che si esplicitano nella percezione accurata dei segnali espliciti e delle comunicazioni implicite del bambino, nella sintonizzazione affettiva e nella condivisione empatica, nella risposta comportamentale, ossia prontezza e appropriatezza della risposta, nella completezza della risposta e soprattutto nella costanza e prevedibilità della risposta. In studi sui bambini che crescono in una situazione di povertà, che ho avuto la fortuna di poter approfondire negli ultimi anni della mia vita lavorativa, ho compreso che la cosa è più complicata del semplice “volere bene” al bambino e viene infatti definita come “dare risposte appropriate e complete ai bisogni materiali, affettivi e relazionali del bambino” e col crescere dell’età coinvolge anche caregiver meno stretti della (abitualmente) madre e condizioni socio-economiche. Per farla breve, un bambino che sviluppa un attaccamento sicuro apprende funzioni fondamentali per il suo sviluppo, in particolare un solido e positivo senso di sé che lo aiuta a regolare e modulare impulsi ed emozioni, a sviluppare autonomia e indipendenza, ad avere credenze positive sui di sé (sono buono, competente, amabile), sui genitori e sulla vita, a creare e mantenere relazioni emotivamente stabili. E siccome le persone spesso ripropongono situazioni già vissute, l’attaccamento nelle sue varie rielaborazioni adulte ha influenza sul volere un figlio. Ma se è vero ed è intuitivamente vero tutto questo, sappiamo che anche adulti con esperienze d’infanzia negative (anche se, attenzione, è la rielaborazione positiva dell’esperienza alla luce del vissuto della persona e non l’esperienza tout court, che può avere elementi contraddittori e negativi) e non rielaborate vogliono dei figli – non tanti ne conosciamo (questa riflessione sull’attaccamento è abbastanza convincente, secondo me), ma alcuni sì.
E allora che fare? Ho pensato di riflettere sulla mia esperienza. A un certo punto ho voluto un figlio, ma perché? Se torno indietro col pensiero associo quel momento all’identificazione di uno spazio. Attenzione! Uno spazio, non un vuoto o una mancanza. Avevo la percezione che la nostra esperienza come coppia, felice, pur nelle difficoltà e asprezze quotidiane che tutti conosciamo, fosse capace di essere feconda, dare frutti, che ci fosse uno spazio a disposizione, che richiedesse coraggio, ma fosse connesso ad un desiderio, ad una gioia, alla volontà di fare una cosa bella, ad uno spazio possibile che si sarebbe riempito ancora di più di senso, senza sprechi. Ovvio che avevo fiducia che fosse così, quindi ci vuole fiducia nel futuro. Non è nemmeno in contraddizione l’osservazione che più volte facciamo di come alcune coppie usino il fare un figlio per salvare il matrimonio. Posso immaginare che sentano, in una coppia che sta scoppiando, quello spazio come un vuoto che cerchino di colmare (sbagliando) con la gioia di un figlio (che quindi è la ricerca di una gioia). Lo diceva Leopardi, in uno dei pensieri che chiudono lo Zibaldone “Uno dei maggiori frutti che mi propongo e spero dai miei versi è contemplare le bellezze e i pregi di un figliuolo, non con altra soddisfazione che di aver fatta una cosa bella al mondo, sia essa o non sia conosciuta per tale da altri”.
Insomma, non so dare risposta, la domanda è troppo difficile, come le domande fondamentali dell’uomo non ha un’unica risposta ma tanti pezzi di risposta più o meno validi e sensati che si intrecciano in un animo umano troppo complesso e variegato per essere totalmente analizzato. Se dovessi rispondere al quesito posto da Anna e Andre forse risponderei alla fine in modo molto meno intelligente ed elaborato. Si vuole un figlio per baciarlo mentre si sta addormentando, odorare il suo buon odore, vederlo crescere ogni giorno e pensare a quanto è bello e quanto lo sarà ancora, ogni giorno della sua vita, per te e per l’altro genitore – e per il mondo.