L’immagine è quella solita, desco familiare, qualche giorno fa, TG 7 in sottofondo.
Appare la terribile notizia di quel papà che ha strangolato a mani nude i due figli gemelli dodicenni mandando un messaggio alla moglie , da cui pare si stesse separando, “Non li rivedrai mai più” e poi si è suicidato.
La premessa è che ogni volta che compaiono notizie su violenze a donne e bambini, mi scappano i cavalli e inveisco, attingendo a piene mani da un portfolio di espressioni e parolacce da camionista che nemmeno so di avere in altre circostanze. Questo contro ogni mia convinzione e conoscenza professionale: so bene che gli uomini maltrattanti e violenti sono dei poveracci, masticati via dalla vita, spesso a loro volta cresciuti con l’alfabeto della violenza, dei deboli sfigati. Qui non si tratta nemmeno della banalitá del male, ma del male straccione, sfigato, degradante. Ma inveisco comunque e la parte maschile della famiglia mi lascia gentilmente sfogare.
Tornando all’altra sera, ho (coloritamente) maledetto quell’uomo che ha ucciso i suoi figli e che ha poi vigliaccamente ucciso se stesso per non affrontare le conseguenze di quello che aveva fatto - lasciando dietro di sè una scia di incolmabile disperazione e di morte. L’altra sera ho però notato che anche il mio amabile figlio e il mio concreto marito si sono uniti ai miei insulti e per qualche momento abbiamo costituito un coro scoordinato di odio verso quest’uomo e questo gesto.
Mi è sembrato appena strano e ci ho riflettuto in seguito. Io sicuramente inveivo sull’onda della paura ancestrale sempre presente in chi è madre non solo di perdere i propri figli, ma anche di non esserci quando hanno bisogno, di non far loro scudo nei confronti del male del mondo. Forse questa vicenda ha smosso qualche paura anche nel figlio e anche nel padre, ma non voglio nè chiedere nè ipotizzare, ognuno con i propri inconsci e fantasmi - e ruoli in cui identificarsi o da rifiutare - da riconoscere e gestire.
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