Le reazioni ai provvedimenti di contrasto all'epidemia mi hanno fatto tornare alla mente questa storiella.
Dunque, per sfuggire alla strage degli innocenti di Erode, san Giuseppe, la Madonna e il Bambino si erano incamminati sulla via per l'Egitto. Maria, con il piccolo Gesù, viaggiava seduta su un asino, guidato a piedi da san Giuseppe. La gente che li vede passare non esita a criticarli. «Ma guardate quella donna, lei sta comodamente seduta sull'asino e fa andare a piedi il suo anziano marito». I tre profughi, sentiti i commenti, decidono di fare a cambio. San Giuseppe a dorso dell'asino e la Madonna a piedi. Il nuovo gruppo di persone che incrociano non esita a commentare duramente: «Che uomo snaturato, lui, come un padrone, sull'asino e la povera moglie con il figlioletto a piedi, che crudeltà». San Giuseppe e la Madonna allora decidono di salire tutt'e tre a dorso dell'animale. «Ma che famiglia insensibile» commenta la gente. «Tutt'e tre su quella povera bestia. La uccideranno». Al che la Sacra Famiglia decide di scendere dall'asino e di proseguire a piedi. Non gliela fanno buona: «Ma che avari, non salgono sull'asino per paura di consumarlo».
(Da un post di Sergio Cabassi, FB)
giovedì 27 febbraio 2020
mercoledì 26 febbraio 2020
COBRA EFFECT
(Da un Whatsapp di Roberto)
Gianrico Carofiglio stamane alla radio ha raccontato il Cobra effect, un aneddoto che si applica spesso alle misure economiche o sociali che spesso ottengono l’effetto contrario a quello desiderato. Sarà applicabile anche per le misure adottate dagli italiani in materia di covid19?
(Da Wikipedia)
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Gianrico Carofiglio stamane alla radio ha raccontato il Cobra effect, un aneddoto che si applica spesso alle misure economiche o sociali che spesso ottengono l’effetto contrario a quello desiderato. Sarà applicabile anche per le misure adottate dagli italiani in materia di covid19?
(Da Wikipedia)
Effetto cobra
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Il termine effetto cobra indica in economia un tipico caso di fallimento dello stato, laddove si produce un effetto contrario a quello sperato. Il termine fu divulgato dall'economista Horst Siebert (1938-2009), il quale illustrò le conseguenze di falsi stimoli nell'economia da parte dello stato, ricordando una presunta vicenda legata ai cobra e che si sarebbe svolta in India durante il periodo della dominazione britannica.
Il cobra e il governatore in India[modifica | modifica wikitesto]
Il governatore britannico aveva a cuore il problema di un'incontrollata invasione da parte del serpente cobra in India (sulla provincia, le fonti riportano diverse indicazioni). Per contrastarla, decise di offrire una taglia a qualsiasi cittadino che avesse portato degli esemplari morti alle autorità. Dopo aver cominciato a cacciare gli esemplari selvatici, gli indiani trovarono però vantaggioso non ucciderli subito, ma piuttosto mettersi ad allevarli in grande stile per ucciderli in seguito ed utilizzarne i corpi intascando alte somme di denaro.
Scoperto il trucco, il governatore dovette sospendere l'erogazione delle ricompense: era chiaro questo tipo di stimolo non aveva portato ai frutti sperati; al contrario, la vicenda pareva essersi conclusa con uno spreco di denaro. In seguito all'abolizione delle taglie, però, la popolazione indiana finì per liberare tutti gli esemplari che si trovavano ancora in allevamento, oramai inutili, sicché l'invasione di cobra assunse proporzioni ancora maggiori.
Un episodio simile accadde anche ad Hanoi, in Vietnam, durante il periodo coloniale francese: in quel caso gli animali infestanti erano i ratti.
martedì 25 febbraio 2020
SUL PANICO: OGGI
Evitare che il panico diventi una forma d’intrattenimento
- Le passioni, quelle intime e quelle civili, aumentano le difese immunitarie. Essere entusiasti per qualcuno o per qualcosa ci difende da molte malattie.
- Leggere un libro piuttosto che andare al centro commerciale.
- Fare l’amore piuttosto che andare in pizzeria.
- Camminare in campagna o in paesi quasi vuoti.
- Capire che noi siamo immersi nell’universo e che non potremmo vivere senza le piante mentre le piante resterebbero al mondo anche senza di noi. Stare un poco di tempo lontani dai luoghi affollati può essere un’occasione per ritrovare un rapporto con la natura, a partire da quella che è in noi.
- Viaggiare nei dintorni. Il turismo è una peste molto più grande del coronavirus. È assurdo inquinare il pianeta coi voli aerei solo per il fatto che non sappiamo più stare fermi.
- Sapere che la vita commerciale non è l’unica vita possibile, esiste anche la vita lirica. La crisi economica è grave, ma assai meno della crisi teologica: perdere un’azienda è meno grave che perdere il senso del sacro.
- La vita è pericolosa, sarà sempre pericolosa, ognuno di noi può morire per un motivo qualsiasi nei prossimi dieci minuti, non esiste nessuna possibilità di non morire
- Lavarsi le mani molto spesso, informarsi ma senza esagerare. Sapere che abbiamo anche una brama di paura e subito si trova qualcuno che ce la vende. La nostra vocazione al consumo ora ci rende consumatori di paura. C’è il rischio che il panico diventi una forma di intrattenimento.
- Stare zitti ogni tanto, guardare più che parlare. Sapere che la cura prima che dalla medicina viene dalla forma che diamo alla nostra vita. Per sfuggire alla dittatura dell’epoca e ai suoi mali bisogna essere attenti, rapidi e leggeri, esatti e plurali.
- Franco Arminio
- è un poeta, documentarista e scrittore campano, salito alla ribalta per i suoi scritti sulla “paesologia”, un modo nuovo di guardare alle zone disabitate o ai piccoli paesi che lentamente e inesorabilmente si stanno spopolando a favore di agglomerati urbani più grandi e con maggiori opportunità di vita e di lavoro. Da anni, ormai, Arminio si batte per sensibilizzare sul problema dello spopolamento dei paesi e sulla ricchezza delle storie che dovrebbero essere tramandate riguardo a vecchie tradizioni.
ANCORA SUL PANICO (SAGGEZZA ANTICA)
Sono più le cose che ci spaventano di quelle che ci minacciano effettivamente, Lucilio mio, e spesso soffriamo più per le nostre paure che per la realtà. […] Non so perché le paure infondate turbino di più; quelle fondate hanno un loro limite: tutto ciò che è incerto è in balia delle congetture e dell’arbitrio di un animo terrorizzato. Perciò niente è così dannoso, così irrefrenabile come il panico; le altre forme di timore sono irrazionali, questa è dissennata.
Certe cose ci tormentano più del dovuto, certe prima del dovuto, certe assolutamente senza motivo; quindi, o accresciamo la nostra pena o la anticipiamo o addirittura ce la creiamo. […] Ti raccomando solo di non essere infelice anzitempo: le disgrazie che hai temuto imminenti, forse non arriveranno mai, o almeno non sono ancora arrivate.
Chiediti: ‘Forse mi cruccio e mi affliggo senza motivo e mi creo un male che non esiste?’. ‘In che modo,’ domandi, ‘posso capire se mi angustio a torto o a ragione?’ Eccoti una norma per stabilirlo: o ci tormentiamo per il presente o per il futuro o per entrambi. Del presente è facile giudicare: se sei libero, sano e non subisci dolorose violenze, guarderemo al futuro: oggi non c’è motivo di crucciarsi. ‘Ma ci sarà’. Innanzi tutto considera se ci sono sicuri indizi di un male prossimo: il più delle volte, infatti, stiamo in ansia solo per sospetti e ci facciamo gabbare da quelle dicerie che riescono a determinare la sorte di una guerra e che a maggior ragione determinano la sorte dei singoli. È così, mio caro: crediamo facilmente alle supposizioni; non mettiamo a fuoco le cause delle nostre paure e non ce le scuotiamo di dosso; ci agitiamo e voltiamo le spalle come soldati che abbandonano l’accampamento per il polverone sollevato da un branco di pecore in fuga o come quelle persone che si lasciano spaventare da racconti di cose prive di fondamento e di cui non è noto nemmeno l’autore. […] È verosimile che in futuro accada qualche male: ma non è proprio sicuro. Quanti eventi inaspettati sono accaduti! E quanti, attesi, non si sono mai verificati. E se anche capiterà, a che giova andare incontro al dolore? Ti dorrai a sufficienza quando il male arriverà: frattanto augurati il meglio. […] Anche se il timore avrà più argomenti, scegli la speranza e metti fine alla tua angoscia.
(Seneca)
Certe cose ci tormentano più del dovuto, certe prima del dovuto, certe assolutamente senza motivo; quindi, o accresciamo la nostra pena o la anticipiamo o addirittura ce la creiamo. […] Ti raccomando solo di non essere infelice anzitempo: le disgrazie che hai temuto imminenti, forse non arriveranno mai, o almeno non sono ancora arrivate.
Chiediti: ‘Forse mi cruccio e mi affliggo senza motivo e mi creo un male che non esiste?’. ‘In che modo,’ domandi, ‘posso capire se mi angustio a torto o a ragione?’ Eccoti una norma per stabilirlo: o ci tormentiamo per il presente o per il futuro o per entrambi. Del presente è facile giudicare: se sei libero, sano e non subisci dolorose violenze, guarderemo al futuro: oggi non c’è motivo di crucciarsi. ‘Ma ci sarà’. Innanzi tutto considera se ci sono sicuri indizi di un male prossimo: il più delle volte, infatti, stiamo in ansia solo per sospetti e ci facciamo gabbare da quelle dicerie che riescono a determinare la sorte di una guerra e che a maggior ragione determinano la sorte dei singoli. È così, mio caro: crediamo facilmente alle supposizioni; non mettiamo a fuoco le cause delle nostre paure e non ce le scuotiamo di dosso; ci agitiamo e voltiamo le spalle come soldati che abbandonano l’accampamento per il polverone sollevato da un branco di pecore in fuga o come quelle persone che si lasciano spaventare da racconti di cose prive di fondamento e di cui non è noto nemmeno l’autore. […] È verosimile che in futuro accada qualche male: ma non è proprio sicuro. Quanti eventi inaspettati sono accaduti! E quanti, attesi, non si sono mai verificati. E se anche capiterà, a che giova andare incontro al dolore? Ti dorrai a sufficienza quando il male arriverà: frattanto augurati il meglio. […] Anche se il timore avrà più argomenti, scegli la speranza e metti fine alla tua angoscia.
(Seneca)
GLI ESSERI UMANI DEFINITI SAPIENTI
"Gli esseri umani definiti sapienti vivono in armonia con se stessi e con il mondo perché sono giunti a dominare la propria solitudine e sanno stare in piedi da sé: manifestano così l’arte del vivere, che è veridicità dell’intelligenza, coraggio della volontà, amorevolezza del sentimento". (Vito Mancuso).
giovedì 20 febbraio 2020
LA MISURA DEL TEMPO
“Col passare del tempo alcuni luoghi della città- la pineta è uno di questi - mi ricordano sempre più intensamente sensazioni e fantasticherie del passato remoto. Un’epoca di stupore. Ecco, certi luoghi della città mi fanno sentire nostalgia per lo stupore. Essere storditi dalla forza di qualcosa. Mi piacerebbe tanto, se capitasse di nuovo. Forse potrebbe essere proprio lo stupore - se fossimo capaci di impararlo - l’antidoto al tempo che accelera in questo modo insopportabile. Il tempo è molto più esteso per i giovani perché sperimentano in continuazione cose nuove. La loro vita è piena di prime volte, di improvvise consapevolezze. Il tempo scorre veloce quando si invecchia perché, di regola, si ripete sempre uguale. Le possibilità di scegliere si riducono, le vie sbarrate si moltiplicano, fino a quando tutto sembra ridursi a un unico, piccolo sentiero. Non hai voglia di pensare a cosa conduce, quel sentiero, e questo produce un’anestesia della coscienza. Aiuta ad attutire la paura della morte, ma sbiadisce i colori.”
(Gianrico Carofiglio, La misura del tempo, 2019)
(Gianrico Carofiglio, La misura del tempo, 2019)
venerdì 14 febbraio 2020
PICCOLA STORIA DI UN PALLONCINO
La signora che fa le pulizie nella nostra casa, la signora M., è una quarantacinquenne romena amorevole e simpatica che stamattina mi ha raccontato un divertente episodio della sua infanzia. Nata in campagna, da una famiglia molto tradizionalista (per esempio racconta che gli adulti mangiavano su un tavolo, mentre i bambini mangiavano sempre in un tavolino a parte con la nonna, un padre severissimo con il quale non si discuteva nessuna decisione ecc.), in era comunista, M. ricorda una buona infanzia.
Un giorno, aveva intorno ai dieci anni, era andata a giocare sul lettone dei genitori (cosa insolita, perché i bambini dormivano sempre con i nonni, nella casa adiacente a quella dei genitori) e ha trovato un incarto argentato tra le lenzuola. Pensando fosse una chewing gum, l’ha aperto e ha invece trovato un palloncino al profumo di fragola. Contentissima, l’ha gonfiato più che poteva (era difficile da gonfiare) ed è andata tutta orgogliosa a far vedere il suo bel palloncino nuovo e profumato alla mamma che è immediatamente sbiancata, si è arrabbiata, l’ha sculacciata e le ha rotto il palloncino.
M. ha lungamente pianto e strepitato per l’ingiustizia e, come usava fare in questi casi, la sera è uscita incontro al padre che ritornava dal lavoro per raccontargli la cattiveria perpetrata con palese ingiustizia dalla madre nei suoi confronti.
Il padre, rientrando con la bambina per mano, ha chiesto conto alla moglie del suo strano comportamento e lei l’ha portato nell’altra stanza chiudendo la porta per spiegarglielo. Il padre è riapparso e con insolita pazienza ha promesso alla bambina M. che l’avrebbe risarcita, la domenica successiva, con una intera busta di dieci palloncini con cui giocare. M. non era contenta, aveva provato ad insistere che il suo palloncino era più bello e profumato, ma i genitori hanno bruscamente troncato la conversazione.
A M. l’arrabbiatura era rimasta per molto tempo e per un po’, a chiunque le chiedesse dei genitori, rispondeva che loro si divertivano molto nella loro camera con dei bei palloncini che non volevano dividere con nessuno.
Una sera il padre tornò arrabbiatissimo proibendole categoricamente di dire ancora stupidaggini del genere e promettendo pene severissime. Solo diversi anni dopo M. riuscí a capire perché...
Un giorno, aveva intorno ai dieci anni, era andata a giocare sul lettone dei genitori (cosa insolita, perché i bambini dormivano sempre con i nonni, nella casa adiacente a quella dei genitori) e ha trovato un incarto argentato tra le lenzuola. Pensando fosse una chewing gum, l’ha aperto e ha invece trovato un palloncino al profumo di fragola. Contentissima, l’ha gonfiato più che poteva (era difficile da gonfiare) ed è andata tutta orgogliosa a far vedere il suo bel palloncino nuovo e profumato alla mamma che è immediatamente sbiancata, si è arrabbiata, l’ha sculacciata e le ha rotto il palloncino.
M. ha lungamente pianto e strepitato per l’ingiustizia e, come usava fare in questi casi, la sera è uscita incontro al padre che ritornava dal lavoro per raccontargli la cattiveria perpetrata con palese ingiustizia dalla madre nei suoi confronti.
Il padre, rientrando con la bambina per mano, ha chiesto conto alla moglie del suo strano comportamento e lei l’ha portato nell’altra stanza chiudendo la porta per spiegarglielo. Il padre è riapparso e con insolita pazienza ha promesso alla bambina M. che l’avrebbe risarcita, la domenica successiva, con una intera busta di dieci palloncini con cui giocare. M. non era contenta, aveva provato ad insistere che il suo palloncino era più bello e profumato, ma i genitori hanno bruscamente troncato la conversazione.
A M. l’arrabbiatura era rimasta per molto tempo e per un po’, a chiunque le chiedesse dei genitori, rispondeva che loro si divertivano molto nella loro camera con dei bei palloncini che non volevano dividere con nessuno.
Una sera il padre tornò arrabbiatissimo proibendole categoricamente di dire ancora stupidaggini del genere e promettendo pene severissime. Solo diversi anni dopo M. riuscí a capire perché...
mercoledì 12 febbraio 2020
LA FINE DELLA FINE DELLA TERRA, Jonathan Franzen
Posto solo un piccolissimo estratto di un libro che mi ha davvero colpito molto, da lungo tempo non leggevo cose così interessanti, spiegate bene e scritte magnificamente (d’altra parte Franzen è uno dei miei autori preferiti). In particolare, ho amato “Scrivere saggi in tempi bui” (“Ciascuno di noi si trova oggi nella posizione degli indigeni americani quando arrivarono gli europei con fucili e vaiolo:il nostro mondo è sul punto di cambiare in modo colossale e imprevedibile, e più che altro in peggio. Non spero affatto che possiamo fermare questo cambiamento. La mia unica speranza è che riusciamo ad accettare la realtà in tempo per prepararci in modo umano, e la mia unica convinzione è che affrontarla a viso aperto, per quanto sia doloroso, è meglio che negarla”) e “Perché gli uccelli sono importanti” ( “La radicale alterità degli uccelli è una componente essenziale della loro bellezza e del loro valore. Sono sempre fra noi ma non ci appartengono. Sono gli unici altri animali dominatori del mondo che l’evoluzione abbia mai prodotto, e la loro indifferenza nei nostri confronti dovrebbe servire a ricordarci che non siamo la misura di tutte le cose. Le storie che raccontiamo sul passato e immaginiamo per il futuro sono costrutti mentali di cui gli uccelli possono fare a meno. Loro vivono solo nel presente. E nel presente, anche se i nostri gatti, le nostre finestre e i nostri pesticidi ne uccidono miliardi ogni anno, e anche se alcune specie, soprattutto nelle isole oceaniche, sono andate perdute per sempre, il loro mondo è ancora ben vivo. In ogni angolo del globo, dentro nidi piccoli come noci o grandi come pagliai, i pulcini rompono il guscio e si affacciano alla luce”).
RIFLESSIONI POLITICHE?
Interno giorno, ore 7:30 circa, colazione prima del lavoro, accesa la TV sui Rai news 24.
Roberto (feroce antitrumpista) sta guardando il servizio sulla vittoria di Sanders alle primarie del New Hampshire
(Con tono irritato) “Ma no, non va bene, Sanders è un socialista, non ha chance di vittoria contro Trump, gli americani di socialismo non ne vogliono sentire parlare, allora bisogna tifare quel ragazzo con quel nome impronunciabile, come si chiama Butt... Buttgieg”. Un attimo di sosta, senza distogliere la concentrazione dal servizio televisivo “Ma no, anche quello è culano, non va bene, non può vincere. E poi c’è una donna, la Warren. Ma no, non possiamo vincere con un socialista, un culano e una donna”
Io, flebilmente, “Ma ti rendi conto di quello che stai dicendo?”. Lui finalmente si gira verso di me “Perché, cosa ho detto?”
“Niente, niente”.... siamo entrambi scoppiati grossolanamente a ridere.
andiamo bene... non benissimo, ma facciamo quel che possiamo
Ps. Osservazione lessicale: “culano” è l’italianizzazione del termine dialettale “culán” che definisce in modo non pregevole un omosessuale - versione solo al maschile, non esiste nemmeno in dialetto il termine al femminile
Roberto (feroce antitrumpista) sta guardando il servizio sulla vittoria di Sanders alle primarie del New Hampshire
(Con tono irritato) “Ma no, non va bene, Sanders è un socialista, non ha chance di vittoria contro Trump, gli americani di socialismo non ne vogliono sentire parlare, allora bisogna tifare quel ragazzo con quel nome impronunciabile, come si chiama Butt... Buttgieg”. Un attimo di sosta, senza distogliere la concentrazione dal servizio televisivo “Ma no, anche quello è culano, non va bene, non può vincere. E poi c’è una donna, la Warren. Ma no, non possiamo vincere con un socialista, un culano e una donna”
Io, flebilmente, “Ma ti rendi conto di quello che stai dicendo?”. Lui finalmente si gira verso di me “Perché, cosa ho detto?”
“Niente, niente”.... siamo entrambi scoppiati grossolanamente a ridere.
andiamo bene... non benissimo, ma facciamo quel che possiamo
Ps. Osservazione lessicale: “culano” è l’italianizzazione del termine dialettale “culán” che definisce in modo non pregevole un omosessuale - versione solo al maschile, non esiste nemmeno in dialetto il termine al femminile
mercoledì 5 febbraio 2020
SIAMO MUSICA
Sono cresciuta in un orfanotrofio, insieme a centinaia di bambine. La sera, una per volta, noi bambine raccontavamo una storia, le nostre storie. Erano una specie di favole tristi. Non favole di mamme che conciliano il sonno, ma favole di figlie sfortunate, che il sonno lo toglievano. Ci raccontavamo delle nostre madri: torturate, uccise, violentate.
Ogni sera, prima di dormire, ci liberavamo tutte insieme di quelle parole di dolore.
Io amo le parole. Ho imparato, venendo da luoghi di guerra, a credere nelle parole e non ai fucili, per cercare di rendere il mondo un posto migliore. Anche e soprattutto per le donne. Ma poi ci sono i numeri.
E in Italia, in questo magnifico Paese che mi ha accolto, i numeri sono spietati: ogni 3 giorni viene uccisa una donna, 6 donne sono state uccise la scorsa settimana. E nell’85% dei casi, il carnefice non ha bisogno di bussare alla porta per un motivo molto semplice: ha le chiavi di casa. Ci sono le sue impronte sullo zerbino, l’ombra delle sue labbra sul bicchiere in cucina.
Mia madre Zakia, che tutti chiamavano Nadia, ha preso il suo ultimo treno quando io avevo 5 anni. Si è suicidata, dandosi fuoco. Ma il dolore era una fiamma lenta che aveva cominciato a salire e ad annerirle i vestiti quando era solo un’adolescente. Il suo corpo era qualcosa di cui voleva liberarsi, era stato la sua tortura. Perché mia madre Nadia fu stuprata e brutalizzata due volte: a 13 anni da un uomo e poi dal sistema che l’ha costretta al silenzio, che non le ha consentito di denunciare. Le ferite sanguinano di più quando non si è creduti. L’uomo che l’ha violentata per anni, il cui ricordo incancellabile era con lei, mentre le fiamme mangiavano il suo corpo, aveva le chiavi di casa.
Mentre Franca Rame veniva violentata il 9 marzo del 1973, cercò salvezza nella musica. “Devo stare calma. Devo stare calma. Mi attacco ai rumori della città, alle parole delle canzoni, devo stare calma”, recitava nel suo potente monologo “Lo stupro”, in cui ripercorreva quel fatto drammatico. Le parole delle canzoni possono essere messaggi d’amore e di salvezza.
Io sono diventata la donna che sono perché lo dovevo a mia madre, lo devo a mia figlia che è seduta in mezzo a voi. Lo dobbiamo tutte, tutti, a una madre, una figlia, una sorella, al nostro paese, anche agli uomini, all’idea stessa di civiltà e uguaglianza. All’idea più grande di tutte: quella di libertà.
Parlo agli uomini, adesso. Lasciateci libere di essere ciò che vogliamo essere: madri di dieci figli e madri di nessuno, casalinghe e carrieriste, madonne e puttane, lasciateci fare quello che vogliamo del nostro corpo e ribellatevi insieme a noi, quando qualcuno ci dice cosa dobbiamo farne. Siate nostri complici. E quando qualcuno ci chiede “Lei cosa ha fatto per meritare ciò che è accaduto?”
Sono stata scelta stasera per celebrare la musica e le donne, ma sono qui per parlare delle cose di cui è necessario paralre. Certo ho messo un bel vestito. Domani chiedetevi pure al bar “Com’era vestita Rula?”.
Che non si chieda mai più, però, a una donna che è stata stuprata: “Com’era vestita, lei, quella notte?”.
Mia madre ha avuto paura di quella domanda.
Mia madre non ce l’ha fatta.
E così tante donne.
E noi non vogliamo più avere paura.
Vogliamo essere amate.
Lo devo a mia madre, lo dobbiamo a noi stesse, alla nostre figlie. Nessuno può permettersi il diritto di addormentarci con una favola.
Vogliamo essere note, silenzi, rumori, libere nel tempo e nello spazio.
Vogliamo essere questo: musica.
RULA JEBREAL, Sanremo 2020
Ogni sera, prima di dormire, ci liberavamo tutte insieme di quelle parole di dolore.
Io amo le parole. Ho imparato, venendo da luoghi di guerra, a credere nelle parole e non ai fucili, per cercare di rendere il mondo un posto migliore. Anche e soprattutto per le donne. Ma poi ci sono i numeri.
E in Italia, in questo magnifico Paese che mi ha accolto, i numeri sono spietati: ogni 3 giorni viene uccisa una donna, 6 donne sono state uccise la scorsa settimana. E nell’85% dei casi, il carnefice non ha bisogno di bussare alla porta per un motivo molto semplice: ha le chiavi di casa. Ci sono le sue impronte sullo zerbino, l’ombra delle sue labbra sul bicchiere in cucina.
Mia madre Zakia, che tutti chiamavano Nadia, ha preso il suo ultimo treno quando io avevo 5 anni. Si è suicidata, dandosi fuoco. Ma il dolore era una fiamma lenta che aveva cominciato a salire e ad annerirle i vestiti quando era solo un’adolescente. Il suo corpo era qualcosa di cui voleva liberarsi, era stato la sua tortura. Perché mia madre Nadia fu stuprata e brutalizzata due volte: a 13 anni da un uomo e poi dal sistema che l’ha costretta al silenzio, che non le ha consentito di denunciare. Le ferite sanguinano di più quando non si è creduti. L’uomo che l’ha violentata per anni, il cui ricordo incancellabile era con lei, mentre le fiamme mangiavano il suo corpo, aveva le chiavi di casa.
Mentre Franca Rame veniva violentata il 9 marzo del 1973, cercò salvezza nella musica. “Devo stare calma. Devo stare calma. Mi attacco ai rumori della città, alle parole delle canzoni, devo stare calma”, recitava nel suo potente monologo “Lo stupro”, in cui ripercorreva quel fatto drammatico. Le parole delle canzoni possono essere messaggi d’amore e di salvezza.
Io sono diventata la donna che sono perché lo dovevo a mia madre, lo devo a mia figlia che è seduta in mezzo a voi. Lo dobbiamo tutte, tutti, a una madre, una figlia, una sorella, al nostro paese, anche agli uomini, all’idea stessa di civiltà e uguaglianza. All’idea più grande di tutte: quella di libertà.
Parlo agli uomini, adesso. Lasciateci libere di essere ciò che vogliamo essere: madri di dieci figli e madri di nessuno, casalinghe e carrieriste, madonne e puttane, lasciateci fare quello che vogliamo del nostro corpo e ribellatevi insieme a noi, quando qualcuno ci dice cosa dobbiamo farne. Siate nostri complici. E quando qualcuno ci chiede “Lei cosa ha fatto per meritare ciò che è accaduto?”
Sono stata scelta stasera per celebrare la musica e le donne, ma sono qui per parlare delle cose di cui è necessario paralre. Certo ho messo un bel vestito. Domani chiedetevi pure al bar “Com’era vestita Rula?”.
Che non si chieda mai più, però, a una donna che è stata stuprata: “Com’era vestita, lei, quella notte?”.
Mia madre ha avuto paura di quella domanda.
Mia madre non ce l’ha fatta.
E così tante donne.
E noi non vogliamo più avere paura.
Vogliamo essere amate.
Lo devo a mia madre, lo dobbiamo a noi stesse, alla nostre figlie. Nessuno può permettersi il diritto di addormentarci con una favola.
Vogliamo essere note, silenzi, rumori, libere nel tempo e nello spazio.
Vogliamo essere questo: musica.
RULA JEBREAL, Sanremo 2020
domenica 2 febbraio 2020
GLI EROI CHE SI MERITANO
Le statistiche dicono che in 15 anni si sono sestuplicati gli zebedei che sostengono che la Shoah non sia mai avvenuta. Strano perché a sostenerlo, molto prima di Liliana Segre che x 40 anni tenne tutto dentro, era uno di loro. Adolf Eichmann, nel processo che nel 1962 lo condusse poi a morte non negò mai l' esistenza dei campi di sterminio né ne minimizzo' la "produzione". La sua linea difensiva tese a rappresentarsi come un mero esecutore di ordini altrui, addirittura come un killer dal volto umano che aveva perfezionato un metodo al tempo stesso efficiente e rapido x porre fine alle sofferenze dei condannati a morte.
Le deposizioni di un carnefice ed il bellissimo, commovente, turbante discorso di Liliana Segre al Parlamento Europeo sono perciò 2 facce della stessa verità. Come è verità storica che il Duce ed i suoi accoliti vissero da vigliacchi, combatterono da vigliacchi, morirono e/ o scapparono da vigliacchi. È Storia che le squadracce fasciste aggredivano od uccidevano in gruppo singoli oppositori spesso inermi, che x affermare un" Impero" in Africa il Fascio ricorse ai gas nervini e a numerose stragi civili d' interi villaggi. È Storia che Mussolini dichiarò guerra alla Francia ad appena 4 giorni dall' ingresso dei Nazisti a Parigi,che tentò di scappare travestito da soldato tedesco e che persino nel momento dell' esecuzione dimostrò meno coraggio dell' amante Claretta Petacci che infatti fu raggiunta dalla prima raffica di mitra nel vano tentativo di proteggere il suo uomo.
D’altronde ognuno ha gli eroi che si merita...e che gli somigliano.
Le deposizioni di un carnefice ed il bellissimo, commovente, turbante discorso di Liliana Segre al Parlamento Europeo sono perciò 2 facce della stessa verità. Come è verità storica che il Duce ed i suoi accoliti vissero da vigliacchi, combatterono da vigliacchi, morirono e/ o scapparono da vigliacchi. È Storia che le squadracce fasciste aggredivano od uccidevano in gruppo singoli oppositori spesso inermi, che x affermare un" Impero" in Africa il Fascio ricorse ai gas nervini e a numerose stragi civili d' interi villaggi. È Storia che Mussolini dichiarò guerra alla Francia ad appena 4 giorni dall' ingresso dei Nazisti a Parigi,che tentò di scappare travestito da soldato tedesco e che persino nel momento dell' esecuzione dimostrò meno coraggio dell' amante Claretta Petacci che infatti fu raggiunta dalla prima raffica di mitra nel vano tentativo di proteggere il suo uomo.
D’altronde ognuno ha gli eroi che si merita...e che gli somigliano.
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