giovedì 15 febbraio 2018

THE TIMES THEY ARE A-CHANGING

Messaggino di WhatsApp da una vecchia e carissima amica: 
“Ma le chiacchiere di tua nonna c’è ancora qualcuno che le fa? E... i tortelli? Lo dico trattenendo il respiro! Una volta dobbiamo rifarlo insieme”
Le chiacchiere della mia (amatissima) nonna erano fantastiche e i tortelli fritti semplicemente sublimi -tutti noi che eravamo giovani ed adolescenti nel periodo in cui lei era anziana, ma ancora molto vigorosa, ne abbiamo un ricordo indelebile (sì, certo, il ricordo lo amplifica, ma in questo caso non è nemmeno strettamente necessario).
Come molti sanno, a me non solo piace cucinare ma piace anche preservare qualche magnifica tradizione - per esempio uso religiosamente la ricetta della nonna per le spongate.
Ma il mondo cambia e cambio anch’io e la risposta alla mia amica è NO, no nessuno fa più le chiacchiere e i tortelli fritti della nonna e no non li voglio rifare.
Le chiacchiere le ho fatte per diversi anni ma senza gran voglia fino a che ho deciso basta - la ricetta è assurda e insostenibile: bisogna usare trenta tuorli d’uovo per un chilo di farina (e siccome le uova delle mie galline sono piccole bisogna usarne quaranta) poi buttando via quasi del tutto (ho fatto qualche frittatina solo con gli albumi, o i “brutti ma buoni”,  o meringhe che comunque non mangi perchè hai le chiacchiere da mangiare, ma ne usi quantità infime e butti via comunque la maggior parte) una montagna di ben di dio  di albumi (proteine di altissima qualità) che le mie galline hanno prodotto con fatica ed amore in almeno un mese. Non riesco più a farlo, preda della mia crescente perdita di leggerezza e crescita di seriosità e moralismo.
I tortelli invece sono legati a una rabbia che viene da molto più lontano. Per fare i tortelli fritti di mia nonna occorre stendere a mano (con il mattarello) tre sfoglie sottilissime grandi come il tavolo da otto persone che avevamo in casa - si sovrappongono tra loro, separate solo dal burro fuso spennellato sopra. Questa operazione richiede abilità da sfoglina che solo mia nonna possedeva, essendo stata (attivissima) protagonista del periodo in cui si faceva tutto in casa e non c’era nessun arnese meccanico ad aiutare. Però avrei potuto imparare senza problemi, ma mi sono sempre categoricamente rifiutata. 
I tortelli per cui tutti lodavano mia nonna le provocavano immancabilmente giorni di dolori alla schiena che lei non avrebbe nemmeno ammesso se non avesse dovuto amdare in giro piegata e non mi avesse dovuto chiedere aiuto per mettere le calze. E quei tortelli non mi piacevano per niente e non li mangiavo quasi, senza dire nulla. E tuttora se ci penso li identifico con una delle forme della schiavitù delle donne. Non li ho fatti mai.
Lo so, sono noiosa e moralista, snob e ideologica, mi annoio da sola. Ma si cambia, in meglio o in peggio non so. Capisco benissimo che la domanda era innocente e ariosa e la risposta è greve e noiosa.
Faccio invece i buonissimi tortelli dolci al forno - ricetta di mia suocera e con marmellata brusca delle mie prugne zucchelle - sono comunque tutti contenti.

The line it is drawn
The curse it is cast
The slow one now
Will later be fast
As the present now
Will later be past
The order is
Rapidly fadin'.
And the first one now
Will later be last
For the times they are a-changin'. (Bob Dylan)

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