Ogni volta che c’è un’assimilazione di quello che il bambino ha imparato grazie all’identificazione con il maestro si produce uno stile, cioè un difetto. Quella piega, quel difetto, è il cuore della singolarità dell’apprendimento. Il sapere diventa proprio quando viene riconquistato, quando l’allievo non si limita a ripetere quello che fa il maestro, ma lo riconquista in modo storto, con quel piccolo difetto che caratterizza lo stile di ciascuno di noi.
C’è insegnamento, educazione, quando c’è amore per la stortura della vita. Questo amore si traduce per il maestro nel gesto più alto del suo insegnamento, l’ultimo, quello finale e cioè che il maestro sappia lasciare andare i suoi allievi. Jaques Lacan lo dice in un modo poetico molto intenso, che il maestro sappia tacere l’amore. Non c’è trasmissione possibile senza l’amore del maestro verso il sapere, ma l’esito ultimo della trasmissione è che il maestro taccia sull’amore, perché se corrispondesse all’amore vincolerebbe l’allievo. E qui il mestiere del maestro incrocia e si sovrappone a quello del genitore. Il dono maggiore della genitorialità è il dono della libertà, è saper perdere i propri figli, saper perdere i propri allievi.
Herbert Marcuse parla con gli studenti. Università di Nanterre, 1968
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