mercoledì 31 maggio 2023

UNA BUONA SETTIMANA



 Abbiamo avuto una buona settimana! Anna ed Olivia sono arrivate lunedí 22 a Verona dopo essere state in vacanza con Andre a Venezia dal giovedí precedente (ci siamo anche visti venerdí tutti a Padova per un bel giro in centro e soprattutto per la quasi soprannaturale Cappella degli Scrovegni che stupidamente non avevamo mai visto). Martedì 23, poi, sempre a Verona, che per fortuna da casa nostra dista solo un’ora e mezzo, é arrivato Luigi. E con loro una settimana di visite di amici, cene, chiacchiere, gli adulti tutti pressochè incantati da una piccola donna di due anni dai riccioli biondi. E la sensazione di legami mutati, certo, ma ancora molto forti fra tutti noi. Abbiamo festeggiato i venticinque anni di Luigi (“un quarto di secolo”) con la partecipazione in assetto variabile degli amici nostri, di Luigi, dell’Anna (mancava solo Andre, peccato, ma era in Svizzera a lavorare). Una sera, a letto prima di addormentarci, Roberto ed io abbiamo dato voce (in un sussurro) alla nostra sensazione “É così bello pensare che siamo tutti qui, sotto lo stesso tetto,  come per tanti anni siamo stati” e “con un’aggiunta preziosa, un flusso di vita”.

Poi lunedì 29 (festivo sia in Svizzera che in Germania) abbiamo riaccompagnato l’Anna e l’Olivia a Chiasso (Roberto) e Gigi a Verona (io) verso le loro vite, con il piano di rivederci a Monaco a fine giugno. 

Martedì ed oggi sono rimasta quindi qui a riordinare e mettere via, facendo ritornare la casa nel suo stato abituale di casa di due sessantacinquenni. Facendo questo, l’avevo giá imparato, si saluta davvero chi é lontano. Così la sala giochi allestita per Olivia con i giochi vintage di Anna e Luigi (ho una casa enorme, non butto via ma conservo) é tornata la veranda di casa



Nel nostro bagno (il bagno di Anna ed Olivia é un altro bagno al piano superiore) é apparsa e poi scomparsa la salvietta di Luigi


E il sia il lettino di Olivia che la sedia in cui la sua amorevole mamma ne veglia l’addormentarsi serale sono ora vuote

E niente, io sono qui alla fine di questo giorno a raccontare. Non mi sento triste, ma Roberto é partito stamattina per un viaggio di lavoro di due giorni e avrei bisogno di un abbraccio, a pensarci bene.

lunedì 22 maggio 2023

LA CONQUISTA DI BAKHMUT

In questa follia, mi spezza il cuore vedere questi maschi pesantemente armati rivendicare la “conquista” di Bakhmut, cioè in concreto di un cumulo di macerie martoriate e grigie, di finestre frantumate e sbilenche dietro le quali la gente aveva le proprie case e viveva le proprie vite. Molti opinionisti confezionano pareri contrastanti su chi ha veramente vinto o sicuramente perso la “battaglia” di Bakhmut. Nel mio piccolo ho sentito un piccolo refolo di speranza solo ascoltando le parole di Zelensky che diceva, non senza un accenno di malinconia “Bakhmut non c’è più, è solo nei nostri cuori”. 

Lì non può essere conquistata. 




domenica 21 maggio 2023

PENSIERO FASTIDIOSO

 Ho già confessato ad una tavola di amici scandalizzati che l’ultimo film di Nanni Moretti (“Il sol dell’avvenire”) non mi é piaciuto, nonostante le buone e a volte esaltate recensioni e nonostante il gradimento (a volte l’entusiasmo) della maggior parte degli amici. Intendiamoci, il film é vedibile (a differenza del precedente “Tre piani”) con alcuni momenti anche godibili come la nottata di bizze del regista Moretti (anche qui, però, un fastidioso pensiero che sia anche un intermezzo un po’ furbetto e ad alto tasso di aciditá). 

Roberto, cui il film é piaciuto, dice che sono influenzata dalla mia rabbia per “Tre piani”, non solo un film pessimo, ma che ha anche rovinato un libro bellissimo. Può darsi, non lo nego, però il film non mi é piaciuto perché non ne posso più di film costruiti sulle sorti e i destini dell’ego di Moretti, andando addirittura a scomodare i fatti di Ungheria per alimentare ancora una volta la centratura sull’ego. Forse la mia rabbia per “Tre piani” (iniziata con quel brutto film che é “Il Caimano” e dall’insipido “Habemus papam”) mi ha portato a non volere più bene a Moretti che ho amato per tanti anni e quindi a disinteressarmi del suo ego come baricentro del mondo (come si vede chiaramente nella trionfalistica parata finale).

Il fastidioso pensiero del titolo mi é peró venuto diversi giorni dopo avere visto il film, quando ho pensato a come somigli a quelle persone del film cieche al rivelarsi del regime sovietico come regime autoritario ed imperialista la corrente di sinistra del filo-putinismo più o meno timido e marcato e nascosto dietro un presunto pacifismo. Come se nella nostra storia sia rimasto un imprinting, un filo di continuitá che la logica vorrebbe spezzato, ma che resiste di pancia, non di testa, attraverso un fluire che cambia le persone protagoniste, ma non la percezione di cosa sia un regime autoritario e quali ne siano le ragioni e le conseguenze. In questo Moretti ha mostrato intuito storico e ha centrato un tema davvero interessante.

(PS Moretti non sostiene affatto questa corrente di pensiero, al punto di voler cambiare la storia della scelta del PCI in quel momento storico e dichiarare

Che qualcuno possa definirsi ancora oggi un filoputiano, secondo Moretti è una roba «incredibile, da matterelli totali». Intervistato sulla stampa, Annalisa Cuzzocrea chiede al regista in concorso a Cannes se trova delle similitudini tra chi oggi a sinistra fa fatica a condannare l’aggressione russa in Ucraina e il presidente russo Putin con l’opacità del Partito comunista italiano all’epoca dell’invasione sovietica in Ungheria. Moretti dice che lo ha «sempre stupito che fino a novembre dell’89 (crollo del muro di Berlino e inizio della fine del Pci) rimanesse incredibilmente radicato in tanti a sinistra il legame con l’Urss e i Paesi del blocco sovietico». Chi però oggi si schiera contro Kiev più che altro, secondo Moretti, non lo fa per vicinanza a Mosca quanto per astio nei confronti di Washington. Insomma è più una questione di antiamericanismo, che però spiega il regista inevitabilmente porta a schierarsi con il presidente russo: «Oggi, nel 2023, come ci si può tranquillamente dichiarare filoputiniani? Mi sembra una cosa incredibile, da mattarelli totali».)


sabato 20 maggio 2023

TUTTA UN’ALTRA MUSICA

 

Il silenzio del Boss

L’altra sera, in quel di Ferrara, Bruce Springsteen è riuscito nell’impresa di cantare per tre ore accanto a una tragedia senza minimamente farvi cenno. Nemmeno uno straccio di saluto ai romagnoli che spalavano fango a poche decine di chilometri in linea d’aria dai suoi ringhiosi gorgheggi. Ce lo saremmo potuto aspettare da un rapper cinico o, all’opposto, da un poeta fuori dal mondo, non da un cantautore che ha sempre cavalcato l’impegno sociale e ha scritto decine di canzoni sui defraudati dal destino. Una parte di me continua a sperare che danzasse nell’oscurità, per citare un suo classico, e che lo abbiano catapultato su quel palco senza dirgli dov’era e che cosa stesse succedendo. Ma non è credibile che lui e il suo entourage non abbiano visto e saputo nulla, nemmeno delle polemiche sull’opportunità di suonare che avevano animato la vigilia. Per giustificarlo, l’organizzatore ha detto che «il concerto è strutturato in modo da non lasciare spazio ad altro che non sia la musica». Come se il vecchio Springsteen fosse ridotto alle dimensioni di un juke-box: una macchina programmata per cantare senza quelle pause che servono a un artista per rimettersi in connessione con l’uomo.

P.S. Il ragazzo che spala fango nella foto è Yuki Tsunoda, pilota giapponese di Formula Uno. Quando ha saputo che il Gran Premio di Imola era stato rinviato (a differenza del concerto), è sceso in strada a rendersi utile. Scrivi una canzone su di lui, Bruce. Titolo: «Tutta un’altra musica».




mercoledì 10 maggio 2023

UNA RISATA VI SEPPELLIRÀ

 

Montanelli sosteneva che gli italiani sognano sempre di fare la rivoluzione d’accordo con i carabinieri. Quando però sono i carabinieri a farla, la rivoluzione, significa che è diventata istituzione. E chi la contrasta non è più un conservatore, ma un reazionario. L’appuntato scelto Angelo Orlando non è il primo carabiniere a sposarsi con un altro uomo, eppure il fatto che lavori a Palazzo Chigi, i cui attuali inquilini non vanno particolarmente pazzi per i matrimoni gay, dà alla sua scelta un significato ironico. 

Il resto lo fanno l’alta uniforme dello sposo e l’arco di spade incrociate del picchetto d’onore sotto il quale l’appuntato Angelo e il parrucchiere Giuseppe si sono baciati dopo essersi tenuti per mano. Quell’uniforme e quel picchetto rappresentano il marchio della più prestigiosa istituzione del Paese, gelosa custode dei valori della tradizione, su un rito che fino a non molto tempo addietro era vietato e ancora oggi suscita in alcuni (penso allo sgomento che starà provando il senatore Pillon) un moto di condanna o comunque di fastidio. A queste persone bisognerà pur dire che sono circondate, ormai persino dai carabinieri. Non resta loro che arrendersi, uscendo a mani alzate da un mondo che non c’è più per entrare in un altro dove ognuno possa finalmente tenere per mano chi gli pare. Con la consapevolezza che «nei secoli fedele» sarà anche il motto della Benemerita, ma assai di rado è il destino degli sposi, a qualunque genere, sesso e orientamento appartengano. 

domenica 7 maggio 2023

COME TI CHIAMI?

Nelle mie esperienze di insegnare le lingue (inglese, italiano per stranieri) ovviamente il punto di partenza é la domanda “Come ti chiami ?” (E poi “quanti anni hai?” e “da dove vieni?” e via di seguito…) perché necessitá primaria di comunicazione é quella di presentare se stessi, di autonominarsi, di dichiararsi. Solo quando si hanno le parole per definirla, analizzarla, “chiamarla” una cosa assume realtà e in una nuova lingua (che é un nuovo mondo, in fondo) avere le parole per dire chi si é risulta una necessitá di base, fondamentale.

Olivia non si é autochiamata e autodefinita per gran parte della sua vita, per ovvie ragioni. Inoltre, i bambini come é noto non usano “io”fino intorno ai tre anni di età, con un percorso di consapevolezza del proprio sé che inizia molto presto, ma ha tappe lunghe. Da qualche mese Olivia usa il suo nome per dire “io”. E il suo nome lo pronuncia come “Oyo” in modo tenerissimo e bellissimo. Quindi molto spesso si sente risuonare Oyo, quando per esempio si riconosce in una foto o allo specchio e piú spesso (e con molta più insistenza) quando vuol fare lei da sola una cosa (e ambirebbe in veritá a fare tutto da sola).

Poi, una decina di giorni fa (eravamo a Zurigo con lei), ha risposto ad una domanda “lo vuoi fare tu, Olivia?” Con un limpido “Olilla”, in seguito ripetuto alcune volte e in alcune altre occasioni (ma ancora con prevalenza di “Oyo”). Dopo qualche giorno, un messaggio Whatsapp di Anna “Oyo si é ufficialmente trasformata in Olilla”, ma dopo qualche giorno in videochiamata é tornata “Oyo” e Anna dice che alterna le due diciture.  Insomma, periodo di transizione. A noi sembra una questione importante, ma la reazione al tema di Oyo/Olilla é questa


(Ha ben altro da fare, compreso occuparsi di un baby, nel seggiolino con lei)

É FOLLE, FOLLE, FOLLE

 Un periodo folle, colmo di notizie agghiaccianti: un tredicenne serbo uccide altri ragazzini, varie sparatorie negli Stati Uniti, un altro serbo che spara a caso e uccide diverse persone e via via, ogni giorno nei paesi con ampia diffusione di armi il disagio e la follia diventano strage, diventano pianto e dolore insensato sotto i colpi dei fucili d’assalto, così efficienti nel cancellare vite umane.

E in questo contesto, mi cade l’occhio su questo trafiletto e mi raggelo


É folle, folle, folle, significa avere perso il senso, il filo logico, la capacitá di fare un ragionamento semplice, la pancia che ribolle e silenzia la realtà - un italiano su quattro! Forse non c’è speranza, non c’è più speranza.