domenica 25 marzo 2018

PAURA

Ho condiviso questa pagina sotto  su Facebook ma ho esitato a pubblicarla qui perchè qui ne avrei dovuto parlare. Mi fa paura - è un fatto, ma vorrei analizzare questa paura meglio.
È una doppia paura, in realtà. La prima è la paura di ciò che questa analisi  - con chiarezza - indica: la perdita della rotta, del senso, la perdita dei più nobili concetti che l’uomo abbia elaborato nell’applicazione pratica di quei concetti stessi, nel dimenticarsi di articolare quei concetti ancorandoli alla realtà.
Ma la seconda paura, più confusa, è per me la più “paurosa”: ho paura di essere d’accordo, perchè non vorrei esserlo. Sento nello scritto un pericolo di elitarismo, di dividere il mondo tra chi sa e si dà da fare ed è bello, buono, intelligente, intraprendente e chi non lo è. Chi mette il confine? E soprattutto, siamo sicuri che ai brutti, cattivi, stupidi, passivi siano state date le stesse opportunità che agli altri? Mi si dirà che sí, visto che c’è stato molto e ancora c’è transito tra le due categorie. Ma sappiamo anche che, dentro il concetto che in verità non siamo tutti uguali, c’è la consapevolezza  (lo vediamo in tutti i nostri luoghi di lavoro) che c’è una piccola percentuale che in qualsiasi condizione “funziona” (eguagliata da una piccola percentuale all’estremo opposto che non “funziona “ in qualsiasi condizione) e che la maggioranza funziona a secondo delle condizioni (ad esempio, sul lavoro le condizioni organizzative) in cui si trova. Questo per dire che la mobilità tre le due categorie mi sembra più relegata alle percentuali estreme che alla maggioranza.
Inoltre i belli buoni intelligenti intraprendenti sono proprio tutti cosí o magari alcuni di loro sono belli e intraprendenti e anche cattivi e stupidi (e manipolatori, ladri, assetati di potere, arroganti....) nelle infinite combinazioni umane? Qualche esempio ce lo abbiamo davanti, no?
Insomma mi fa un po’ paura questo terreno, bisogna dissodarlo bene per praticarlo, anche se il risultato delle ultime elezioni, ma più in generale la scena pubblica di questi anni, ci hanno indicato il sentiero per arrivarci.


venerdì 23 marzo 2018

SONO UN SOLUZIONISTA

Sono un soluzionista: davanti ad un problema, passo 5 minuti a lamentarmi e 55 a trovare soluzioni
Oscar Farinetti

Anch’io

giovedì 22 marzo 2018

E ANCORA 2

La mia amica del post ARISTOI ha interloquito meravigliosamente con Sandra Zampa 
Molto bella la tua lettera pubblicata su Huffington Post! Offre tanti spunti di riflessione...
Qualche constatazione da parte di chi, come me, incontra e ascolta molte persone , di cultura e condizioni assai diverse. La cultura politica ( forse sarebbe meglio dire la "cultura") è bassissima. Si parla per sentito dire, si afferra qua e là qualche mezza frase , un pezzo di concetto che va in qualche modo a toccare un'emozione, un bisogno inconsapevole ( la pancia?) , lo si interpreta con i propri, molto limitati strumenti, e si trasforma in un assioma. Che diventa un pezzo di una visione del mondo improvvisata e superficiale ma che si ancora nella mente e condiziona le scelte. (Riguardo a questo, la rete ha dato un grande contributo...) .
Cultura politica bassissima significa assenza di conoscenze, di esperienze sociali e politiche significative, di chiusura in un recinto privato orientato a una ricerca di benessere o , semplicemente, di sopravvivenza più o meno dignitosa. Il senso della collettività e della responsabilità civile è in via di estinzione, anche in territorio come il nostro, che può vantare solidi radici di civismo e di solidarietà. Io ero orgogliosa di vivere in questa parte d Italia; ora mi guardo attorno con sospetto, ascoltando in autobus, in treno commenti razzisti e leghisti o osservando con dispiacere le mie amiche meridionali, donne serie e intelligenti, votarsi con passione all'ineffabile leggerezza dei grillini.
Tu invochi la speranza, e ti ammiro per questo segno di forza interiore e di equilibrio.
Ma io di speranza non ne vedo. Vedo false e arroganti certezze ( i destrorsi) e vane e distorsive illusioni venate di un sentimento anarcoide che da sempre intesse l anima più profonda di questo popolo (i fans dei 5 stelle).
I giovani, poi... Anche i migliori non sono attratti dalla politica. Sono davvero pochissimi ragazzi brillanti che sognano per se stessi un futuro, una carriera nella politica; e quei pochi sono guardati con diffidenza ( per non dire compatimento) dai coetanei. Vogliono fare i manager, i progettisti informatici, i comunicatori di impresa. Vogliono vedere altri pezzi di mondo, lavorare in Cina, entrare in una multinazionale.
Forse, prima ancora della speranza, quello che manca è il sogno.
Di un mondo migliore, di una società più giusta. Quello che noi, ragazzi degli anni 50, invece sognavamo.
Quello che vedo oggi è un duro, freddo, cinico bagno di realtà. E questo si lega alla non cultura. Se non leggi buona letteratura, se non entri nella visione di un'artista, se non conosci qualcosa di altro da te attraverso un film, come fai a vedere oltre la bolletta da pagare, il mutuo da onorare? Resti schiacciato, e non riesci più a sognare, come cantava De Andre in una delle sue stupende ballate.
Sono riflessioni amare, lo so, ma so che con te posso permettermi di condividerle
Cosa ho io da dire ? Quasi nulla se non la mia desolazione e la mia compartecipazione a tutte le parole dette dalle persone di cui questi post sono popolati. Hanno tutte/i ragione.
Il mio unico contributo è: posto che la speranza non è un’opzione ma una necessità, in tutto ciô che facciamo, a partire dall’alzarci dal letto la mattina, è necessario capire come esercitarla senza false illusioni, ma con qualche piano per il futuro.
Ce ne è già uno in giro che però non mi piace proprio: lasciamo che facciano, che si schiantino (dimenticando che in realtà chi si schianta è il paese). Questa è la politica ancora che ci ha portato qui, facendo  dell’assenza del sogno un dato di fatto e della Realpolitik un modo di essere.
Io un piano non ce l’ho. Mi limito a tutta una serie di azioni combattenti di cui ho parlato già in altri post che hanno il difetto (e il pregio) di essere individuali e non collettive. Un sogno si costruisce collettivamente, ma come fare?
Sandra Zampa suggerisce di ripartire dalle sezioni del PD, ma io ne ho un ricordo pessimo quando c’erano e ormai non esistono quasi più. Altre idee? Non abbiamo più molto tempo per maturarle.
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E ANCORA


Pd, il giovane militante: "Elettori di sinistra hanno votato M5s per liberarsi da sistema marcio e clientelare, chiediamo scusa"


"Vengo dalla provincia di Avellino, culla del 'demitismo'. Da me il Partito Democratico ha preso il 15%, il Movimento 5 Stelle il 42%” inizia cosi il suo discorso Nicholas Ferrante, giovane iscritto al Pd intervenendo all’incontro organizzato da Sinistradem nella sede nazionale del Nazareno, a Roma. "Ho visto nei seggi persone che hanno passato una vita a sinistra hanno votato M5s per liberarsi da un sistema marcio e clientelare. Da noi in Irpinia il partito non esiste: ci sono i signori delle tessere. Nella mia federazione ho visto aspiranti candidati perdere la dignità per una candidatura". Nicholas ha 21 anni, è iscritto al Pd da quando ne aveva 17.
Sandra Zampa su Huffington Post scrive a Nicholas rispondendo al suo discorso

Caro Nicholas continua a combattere

Stai lontano dalle correnti e dai signori delle tessere. Chiama accanto a te quanti più giovani puoi

Caro Nicholas, ti ho ascoltato e mi è venuta una gran voglia di risponderti. Talmente forte da farmi superare il desiderio, altrettanto grande, di non partecipare più all'attività politica dopo la sconfitta del 4 marzo che per me, candidata in un collegio travolto dal successo della Lega e dal calo di consensi per il centrosinistra, è stata anche personale. Ma ti ho ascoltato e ho sentito che dovevo dirti un po' di cose. Non sono consigli, sono argomenti che sottopongo alla tua attenzione come faccio con i miei nipoti, più o meno tuoi coetanei. Mi ha sempre fatto bene ascoltarli e avrebbe fatto molto bene al Pd, il tuo e mio partito, prestare orecchio a ciò che voi- la tua generazione, intendo- avete da dire. Uno di loro, brillante studente di fisica, mi aveva persino consigliato di non ricandidarmi perché anche a lui quel sistema che tu definisci "marcio", non era sembrato un granché raccomandabile. Quando un 21 enne arriva al punto di chiederti chi te lo fare di stare in politica, significa che la battaglia è già persa. Senza speranza non si combatte più. E nella nostra dolorosa sconfitta del 4 marzo l'assenza del consenso e della partecipazione dei giovani è il nodo più grave perché è la conferma che la speranza di cambiare il sistema è venuta meno o si è indirizzata altrove. Ho pensato quante battaglie, dure, personali, quasi al limite del masochismo, ho combattuto in undici anni nel Pd perché le ragioni della grande sconfitta sono assai "antiche", di certo precedenti all'avvento di Renzi che pur avendo costruito la propria affermazione su quelle, non ha saputo dare loro soluzione. Ho avvertito di nuovo la sofferenza delle ferite, prodotte da tutte le sconfitte subite: dai 101 franchi tiratori con cui si è affossata la candidatura presidenziale di Romano Prodi al Quirinale, al tradimento sistematico delle regole che il Pd si era dato per evitare ciò che tu descrivi così bene, fino all'inutile impegno perché il rapporto Barca assumesse un qualche rilievo nella organizzazione del partito. Ho dovuto riascoltare la litania secondo cui il problema sono le primarie, violate e stravolte da chi oggi le vuole togliere di torno, o di chi dice che "si riparte dai circoli", ormai vuoti e senza alcun potere perché inascoltati. Sono anche io tentata di ammettere che non saprei cosa rispondere ai giovani che mi chiedessero, come hanno chiesto a te, come si fa a "partecipare alla vita del partito democratico". Invece ti dico che da ora in poi devi rispondere che per "mandare a casa i signori delle tessere", per cambiare il sistema, un modo c'è, ed è valorizzare ciò che la democrazia ci insegna: bisogna iscriversi, partecipare per contare, sempre di più e sempre più numerosi. Bisogna diventare tante e tanti e pretendere con i numeri, diventando maggioranza, che il Pd assomigli al meraviglioso progetto messo in cantiere come compimento dell'Ulivo: una comunità di cittadini, una associazione di cittadini direbbe l'estensore del nostro Statuto, Vassallo. E bisogna stare lontani dalle correnti ormai organizzate come puri agglomerati di potere, che bloccano e impediscono ogni reale apertura a ciò che sta fuori dai loro sempre più angusti spazi. Nella dinamica interna di queste correnti non ho visto nulla di diverso da ciò che non va nel Pd dove non si bada più al fatto che siamo sempre più piccoli ma conta solo essere tra quelli compresi nel sempre più piccolo spazio. Stai lontano caro Nicholas dai signori delle tessere, che non vivono solo in Irpinia (anche se lì fanno scuola) ma stai lontano anche dai capi corrente a meno che essi non si propongano (e dimostrino) di contribuire al confronto con la forza delle proprie idee e non con il peso dei veti che discende dal proprio potere. E stai lontano da quanti ti aduleranno nelle prossime ore solo per usarti, per farti dire ciò che non hai detto, e cioè che il Pd è da buttare. Tu ci sei rimasto nel Pd come ci sono rimasta io, nonostante le ingiustizie, gli errori e i tradimenti. Combatti con la forza della tua coerenza. Chiama accanto a te quanti più giovani puoi. Ne incontrerai ovunque in Italia. Solo così troverai la risposta alla domanda "più difficile".

mercoledì 21 marzo 2018

ARISTOI - via Messenger

Con una cara e vecchia amica, compagna di Università, ho avuto uno scambio via Messenger, uno degli utili mezzi con cui sostituiamo - ahimè - i vecchi caffè con le amiche.
Lei:
A te posso confessare che da tempo io sostengo la necessità di abolire il suffragio universale!!! Propongo un assessment di ammissione alle liste elettorali con test di cultura generale, test di q.i. E test di intelligenza emotiva! Quasi quasi lancio una petizione sulla rete... mi interessa il parere di una donna intelligente come te, che ha condiviso con me passione di studi di storia e politologia.
Aiuto! Il mio cuore le dà immediatamente ragione, ma poi l’abitudine del cervello a razionalizzare e ricomporre prende il sopravvento
Non chiedermi una cosa cosí dopo il risultato delle ultime elezioni ... però ti do la stessa risposta che uso quando mi chiedono il parere sulla legalizzazione della cannabis o sulla riapertura delle case chiuse: quello che lo stato con le sue leggi legittima è un desiderio. Che nessuno senta il bisogno di drogarsi, che il sesso sia un atto d’amore o almeno di dono reciproco, che tutti esprimano il proprio voto (e il proprio mondo). Se lo Stato comincia ad arrendersi a uno stato di cose, nel caso specifico perchè un mondo complesso richiede cittadini in grado di decodificare la complessità, si apre una china pericolosa: siccome non riusciamo a farlo, siccome la società (e in primis la scuola), non forma ed educa, allora lasciamo perdere, chiudiamo i recinti, avvalliamo il fallimento (che si accentuerà). Insomma, carissima, non sono d’accordo, ahimè (vorrei tanto esserlo).
Lei
Il tuo ragionamento non fa una piega... e smonta la mia provocazione. Ma mi fa molta rabbia pensare che io, tu e tanti altri come noi ci dobbiamo cuccare rappresentanti politici (e politiche concrete!) eletti da “analfabeti” per niente o malamente informati e formati, che votano di pancia e non di testa. Io voglio un governo di “aristoi”, viva la repubblica platonica!
Io
Ma questi analfabeti sono manipolati da aristoi e il circolo diventa vizioso...
Lei
Quindi... non c’è speranza.
Ci penso un attimo e forse di getto mi viene una replica strana
Lo stesso giorno in cui noi votavamo gli svizzeri hanno votato un referendum sul mantenere o meno la televisione pubblica che ad ogni famiglia svizzera costa un canone di circa 500 euro all’anno e che è in cinque lingue e piena di programmi culturali e divulgativi (almeno secondo mia figlia). Ha vinto mantenere la tv pubblica. Qualche speranza c’è, ma c’è bisogno di durissimo e lungo impegno, credo.
Lei (pragmatica)
Ma è successo, appunto, in Svizzera. Ok, mi arrendo! Confidiamo, allora, confidiamo.

Mi rimane una domanda: perchè in Svizzera ci riescono e noi no?
E anche un’altra: sono discorsi da perdenti?


sabato 17 marzo 2018

TRASGRESSIONI AL DOVERE

Lo so, avrei dovuto lasciarli a fiorire fuori, insieme al centinaio di fratelli in ansiosa attesa di sbocciare. Portarli in casa non ha senso, ma li ho visti cosí intirizziti sotto la pioggia gelata e ho sentito la necessitá di un raggio di colore e di bellezza nell’animo mio e della mia famiglia, oberata e intristita dalla lenta morte in diretta di uno dei nostri vecchi, tra ospedali, cateteri e flebo... insomma, li ho raccolti e messi in bella mostra sul tavolo della cucina, centro della vita familiare. Un piccolo raggio di sole.

venerdì 9 marzo 2018

PICCOLA FELICITÀ

Da poco passata la mezzanotte, venerdí sera. Silenzio completo, solo io veglio, accanto al fuoco a legna della grande stufa leggo un libro ed è una delle mie felicità preferite, piccola, intensa e una costante della mia vita.  Le piccole felicità sono importantissime per riuscire a tollerare il caos e l’aggressività di quando la vita ruggisce nella sua piena fanfara.

martedì 6 marzo 2018

E DOPO TUTTO QUESTO


E dopo tutto questo, con la loro gente raggelata, smarrita, umiliata, dopo tutto questo, con un paese a rischio, dopo tutto questo ancora a litigare, a guardarsi l’ombelico, a piantare bandierine : mi dimetto, no non mi dimetto, deve dimettersi, i traghettatori e i seguaci di Emiliano e ha colpa lui e hanno colpa loro e le strategie e le alleanze....ancora a guardare solo dentro il loro mondo e mai guardare fuori, guardare il paese, le strade, le città, la gente. Hopeless

sabato 3 marzo 2018

venerdì 2 marzo 2018

ESISTE UNA SPINTA AD ADORARE IL PADRONE?

Per Pasolini il “nuovo fascismo” non aveva a che fare con le rinate organizzazioni fasciste dopo la fine della seconda guerra mondiale e la Liberazione, ma con il potere di plasmazione delle vite e delle coscienze che il nuovo “sistema dei consumi” era riuscito a produrre dagli anni Sessanta in avanti. Questa tesi generale — in sé forse discutibile — ha il merito di emancipare il fascismo dal problema della sua eventuale riorganizzazione politica — che secondo Pasolini era un fenomeno del tutto residuale — per ricondurlo a un grande tema antropologico: siamo così sicuri che gli esseri umani amino più la loro libertà delle loro catene? Il fascismo come rinuncia al pensiero critico, massificazione, irreggimentazione, soppressione sacrificale del singolare, solleva questo vertiginoso e potente dilemma: l’essere umano porta con sé l’aspirazione alla libertà o la tendenza alla sua negazione? Come hanno mostrato con efficacia psicoanalisti come Reich e Fromm il vero scandalo non è tanto il fascismo come regime politico- militare di tipo repressivo, ma il suo desiderio, il suo fascino, la sua presa seduttiva sulle masse. Come scrive Reich in apertura di Psicologia di massa del fascismo il vero problema non è perché le masse abbiano sopportato passivamente l’oppressione del fascismo, ma perché lo abbiano così ardentemente desiderato. Ecco il punto più scabroso che la crisi del nostro mondo sembra aver riesumato: è possibile desiderare il fascismo? Esiste nell’anima dell’uomo — nel suo inconscio — una tentazione fascista, una spinta gregaria ad adorare il padrone, qualcosa come un desiderio fascista? Quando Freud scrive Psicologia delle masse e analisi dell’Io l’Europa sta precipitando nell’abisso del totalitarismo. In quest’opera egli suggerisce, con uno spirito che sfiora la chiaroveggenza, un ritratto inquietante della pulsione che anima i legami di massa e che spingerà l’Europa verso la seconda guerra mondiale. La guerra, il conflitto violento tra masse contrapposte, il sovvertimento di ogni dispositivo democratico, la contesa fondamentalista delle ideologie, derivavano, secondo Freud, da una trasformazione ordalica del legame sociale. L’affermazione vitalistica delle masse “senza mente”, come direbbe Bion, è sempre destinata a rovesciarsi nella passione per la distruzione del nemico. L’amore infatuato per il “capo” sprigiona l’odio paranoico e di massa per l’avversario. Questo significa che la ragione illuminista non è stata l’ultima parola dell’Europa sull’uomo. L’incandescenza acefala della vita delle masse fasciste mostra l’altra faccia della ragione critica: pulsioni ribollenti, moti aggressivi, spinte rapaci che, escludendo ogni forma di mediazione simbolica — la democrazia —, esigono imperativamente la lorosoddisfazione. L’Europa che Freud descrive come un accorpamento di fasci aspirati dal sogno perverso di un’unità compatta, identitaria, indivisa, è un’Europa che ha provato a risolvere il suo smarrimento, il suo deficit di instabilità e di identità, attraverso l’identificazione ipnotica allo sguardo e al bastone del capo. Nell’Europa contemporanea la minaccia alla propria (precaria) unità sembra incarnarsi soprattutto nel fenomeno dell’immigrazione. Si tratta di una “emergenza” che per alcuni mette in gioco la sua stessa sopravvivenza identitaria. In una realtà politica ancora fragile e ricca di contraddizioni — com’è quella europea — la presenza di questo pericolo esterno — unito ai vissuti “intrusivi” generati dalla globalizzazione — ha riacceso non tanto l’attivismo politico neofascista, ma — cosa assai più pericolosa — il desiderio del fascismo. Si tratta di un insegnamento prezioso della psicologia collettiva: quando il tumulto sociale, la precarietà e l’instabilità raggiungono il loro colmo, la pulsione gregaria che anima l’identificazione “a massa” può sempre ritrovare il suo vigore. Il desiderio del fascismo è un desiderio — come direbbe Umberto Eco —, “eterno” perché esprime una tendenza propria della realtà umana: disfarsi dell’inquietudine della libertà, preferire la consistenza delle catene e della dittatura rispetto all’aleatorietà della vita, cercare rifugio nella cementificazione della propria identità piuttosto che rischiare l’apertura e la contaminazione. L’inconscio delle masse contemporanee — per quanto private di ogni involucro ideologico e tendenzialmente polverizzate —, sospinge nella stessa direzione verso la quale si era incamminato il fantasma nero del totalitarismo: si invoca la mano pesante, la militarizzazione dei territori, l’irrigidimento dei confini, la repressione, l’esclusione etnica, il respingimento dell’invasore. Le Destre reazionarie in Europa e nel mondo cavalcano l’onda emotiva dell’emergenza. Il miraggio del muro promesso da Trump diviene così il simbolo di un desiderio rinnovato di fascismo. Sarebbe stolto però irridere o guardare dall’alto questi moti pulsionali dell’anima perché essi non riguardano solo una parte politica, ma ciascuno di noi nella sua intimità più propria. Il compito della politica non è quello di negarne l'esistenza, né quello di cavalcarli come mezzi cinici per ottenere un facile consenso. La liberazione dal desiderio del fascismo è un'impresa culturale ed etica di lungo respiro. Nell’asperità dell’attualità la politica deve dare prova di non cedere né all’illusione segregativa del muro, né di cancellare la domanda di legalità e di protezione che da quell’infame desiderio eterno, se si può dire così, proviene. L’essere umano porta con sé l'aspirazione alla libertà o la sua negazione? Esiste una spinta ad adorare il padrone?
Massimo Recalcati
L’immortale desiderio di fascismo
“La Repubblica”, 1 marzo 2018

giovedì 1 marzo 2018

RISPONDERE A LELE

Devo rispondere a Lele, è ovvio, e sfrutto il mio essere padrona del blog per rispondere con l’agio di un post. Credo di dovere a Lele tre risposte e non sono nello stesso ordine in cui le ha poste lui, ma sono per me in ordine di importanza.
La prima in realtà è un rammarico con scuse: dalla risposta penso di averti fatto arrabbiare, ma l’intento non era assolutamente quello, in realtà il post era l’aria di una bolla di affetto, una riflessione amorevole - il mio blog è il mio giardino, in cui chiacchiero e prendo il tè da vecchia signora. Quindi chiedo scusa se ti ho fatto arrabbiare.
La seconda riguarda Salvini, o meglio la Lega non più Nord. Se penso che la Lega sia razzista? No, non lo penso -il razzismo ha una definizione storica ed un substrato che teorizza l’inferiorità di una razza rispetto a un’altra. [per quanto lo slogan “prima gli italiani” titilli concretamente in quella direzione...]
Se penso che la Lega sia fascista? No, non lo penso, penso invece che si abusi del termine, sui due fronti, a scopo di provocazione e di allarme, con profonda ignoranza storica e sprezzando (e svilendo) gli anticorpi che questo paese ha faticosamente negli anni costruito.
Penso che la Lega sia populista. Intendo il populismo non solo il parlare alla pancia della gente tirandone fuori il peggio, ma soprattutto il ridurre questioni complesse a risposte semplicistiche - gli immigrati? Li rimpatriamo. Le tasse? Non paghiamole. - dando la colpa dei problemi sempre a fattori esterni (prima erano i terroni, poi l’Europa, gli immigrati, le banche...). Questo è populismo. Vivo di stereotipi? Forse, ma cerco di non farlo.
La terza riguarda l’euro ed è sicuramente la più difficile. Non capisco pressochè niente di teorie macroeconomiche e non ho capito credo quello che hai cercato di spiegare. So per certo che altre teorie macroecomiche confutano quelle che mi sembra tu sostenga, ma io non capisco nè le une nè le altre, ahimè (nè mi sento granchè in colpa, non capisco niente nemmeno di conteggi strutturali per costruire ponti, per esempio) .
Quello che capisco un po’ di più sono idee e polvere di osservazioni empiriche, risposte a domande.
L’euro ha rovinato l’economia italiana? No, non credo. L’economia italiana è rovinata da infrastrutture datate, da un livello basso di competitività,  dal peso di una pubblica amministrazione pesante, costosa e inefficiente, da un sistema educativo ridicolo e sganciato dalla realtà, dalla polverizzazione dell’apparato produttivo, dal corporativismo e dal familismo, dal sistema mafioso che governa ampie zone del paese e si infiltra nelle altre, da un debito pubblico mostruoso e mai governato che grava di pesanti interessi passivi ogni momento della vita,  dalla assoluta incapacità di far funzionare e sentire proprio qualsiasi servizio o bene pubblico. Continuo? Non serve.
Era meglio quando c’era la lira? Io c’ero e lo ricordo. Ricordo il ciclo svalutazione/inflazione, con una immediata spinta alla crescita delle esportazioni, ma già sul medio periodo l’inflazione che erode il vantaggio competitivo del cambio (e l’inflazione è correlata all’aumento del costo dei beni importati, derivante dalla svalutazione).  L’inflazione colpisce tra l’altro chi ha redditi non indicizzati, fissi. Era necessaria la famosa scala mobile, era necessario un ciclo continuo di svalutazione e ancora inflazione, in un mondo però in cui la Cina dissodava terreni a mano e le banche erano venditori di bot e non di futures. La differenza non era la sovranità monetaria, erano le politiche espansive, giocate sulla distorsione della competitività provocata dalla svalutazione.
E quindi l’ultima domanda: il modo in cui è stato gestito l’euro ha fatto male all’ Italia? Sì, ha fatto male all’Italia perchè un paese con le nostre debolezze ha bisogno di politiche espansive e non dell’austerità per tenersi a galla. Ha anche fatto male all’Europa perchè una moneta non è un buon modo per iniziare l’unificazione europea, perchè le debolezze dell’economia portano conflitto invece che rafforzare le motivazioni per stare insieme, portano rottura e non legami.
Ma l’euro è uno strumento e l’Europa è una scelta politica, ideale e una garanzia di pace. Gli strumenti bisogna usarli bene. E concordo con la famosa frase di Tsipras (che non è come politico in cima alle mie preferenze) “Uscire dall’euro non è la soluzione, la soluzione è cambiare l’Europa”.
Per assurdo, termino con una riflessione: in ultima analisi siamo d’accordo sulla sovranità monetaria, perchè anch’io la vorrei: la valuta degli Stati Uniti d’Europa.
Molte altre cose avrei da dire, tra cui che Marx viveva in un mondo che ancora non sapeva che la riserva di manodopera a basso costo non conviene farla uscire dai propri paesi perchè invece basta delocalizzare, in un mondo in cui non esiste l’aggregato “grande finanza” o “grande capitale” , ma tante finanze tanti capitali con interessi contrapposti e che non fanno sistema, che le politiche redistributive e di welfare sono, con il sistema europeo in cui non viene rilasciata alcuna sovranità, totale appannaggio dei singoli stati che infatti si muovono in maniera totalmente non coordinata.... ma adesso basta, meglio porsi domande e articolare qualche risposta. E questo è il mio giardino.
PS E uscire dall’euro ci porterebbe alla catastrofe, ma questo è un altro, prolisso post.