Sicuramente il tema del giorno è l'immigrazione, anzi qualcosa di più sofisticato. Non è più l'immigrazione, è l'esodo di un popolo che fugge la guerra, il tallone che schiaccia, i cambiamenti culturali che non riesce più a capire. E' un popolo che parla molte lingue, e si aggiunge a chi intraprende il viaggio del corpo e dell'anima per spirito intraprendente, per migliorare la propria vita e la prospettiva futura della propria famiglia. Arrivano, e se ne discute molto.
Quelle che non vedo mai poste però sono domande fondamentali, la prima è la domanda della testa, la seconda quella del cuore.
Prima domanda: siamo disposti a condividere le nostre risorse, i nostri diritti (di essere curati, per esempio, di avere una sicurezza sociale, per esempio, di sostenere chi non ce la fa, per esempio) con questi migranti? con la decisa prospettiva di vedere queste risorse e questi diritti diminuire anche di molto? questa domanda non viene mai posta, perchè vedo reazioni chiare nella nostra società non appena vengono toccati non solo i diritti, ma addirittura anche i privilegi. La politica dell'accoglienza però non può continuare ad eludere questa domanda, se si continua a pensare di continuare una politica dell'accoglienza ipocritamente universalistica. quanti riusciamo ad accogliere? quante risorse generiamo in surplus (perchè il welfare è nato quando le nostre società sono riuscite a generare un surplus da dedicare al welfare) da destinare a questo fine? quante ne VOGLIAMO destinare a questo fine? quanto la guerra, la fame, la povertà e il dolore, da sempre presenti in vaste aree del mondo appaiono intollerabili a noi ben vestiti e ben pasciuti in queste aree a noi vicine (senza pensare a quante aree a noi lontane...) dato che ora, complici i media addiritture LE VEDIAMO?
e qui vengo alla seconda domanda, la domanda dello storno. E' legata ad un piccolo aneddoto personale. Gli storni sono per me un nemico, mangiano la mia frutta dagli alberi, in maniera troppo accentuata visto che si riproducono troppo in assenza (o scarsa presenza) dei loro predatori naturali - cagano davanti a casa o sulle mie ortensie nella zona in cui hanno il nido... sono nemici. Ma se vedo un piccolino di storno sopravvissuto alla caduta dal nido faccio di tutto per farlo sopravvivere e riportarlo nel nido, e mi commuovo se muore.
sono stupida? no, riconosco la vita, riconosco la storia individuale e la piccola vita che ho davanti.
Forse l'analogia è troppo ardita, forse è razzista. Non voglio paragonare i migranti ad un uccellino. Quello che voglio dire è che oltre alla storia collettiva, alla "problematica" (definizione di problematica=un problema ri-costruito in base ai parametri storici e culturali del momento) c'è la storia individuale, ci sono uomini donne e bambini che vivono oggi ed ora e che arrivano con la loro vita e storia individuale qui, a lampedusa, sulle coste della sicilia. E chi li incontra non può fare a meno di riconoscere la vita e l'umana solidarietà per le loro storie, deve incontrare i loro occhi e sostenere i loro sguardi.
che fare? non so. forse per cominciare bisognerebbe cominciare a parlare apertamente e francamente dei problemi veri, della condivisione, degli stili di vita senza dimenticare lo storno. ma ancora siamo lontani....
(ps. molto c'è da dire ancora, per esempio di quanti dei "problemi" che arrivano qui sono stati direttamente creati da noi, dal nostro stile di vita che depreda altri popoli, dagli interventi militari ed economici per devastare le loro terre e sostenere feroci dittatori e di un islam radicale che si nutre della disperazione e dell'ignoranza - molto c'è da dire, ma su questo si trovano molti contributi. molti contributi ma poca discussione?)
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