Salire, scendere, andare, venire; tanto fa l'uomo che alla fine sparisce. Un tàssi lo reca, un metró lo porta via, la torre non ci bada, il Pànteon neppure. Parigi è solo un sogno, Gabriel è solo un'ombra (incantevole), Zazie il sogno di un'ombra (o di un incubo) e tutta questa storia il sogno di un sogno, l'ombra di un'ombra, poco più di un delirio scritto a macchina da un romanziere idiota (Oh! mi scusi).
Raymond Queneau, da Zazie nel metró
(Faccio fatica a scrivere questo post ed è strano perchè per me scrivere è sempre stato un piacere, se non addirittura una consolazione - è evidente che il tema brucia - nel cuore, penso)
La cronaca piuttosto asciutta è che Luigi dal primo di marzo ha iniziato a lavorare in un’azienda di ricerca farmaceutica (Coriolis Pharma) con contratto a tempo indeterminato e buono stipendio (sarebbe ottimo per gli standard italiani). L’azienda ha sede a Monaco di Baviera. Ha scelto lui tra alcune offerte, anche in Italia, apparentemente per niente spaventato dall’onere di doversi costruire da zero tutti i tasselli della sua vita, abitazione, amicizie, oneri burocratici, lingua (sappiamo che la imparerà rapidissimamente), lavoro. Tutto sarebbe stato più facile in Italia, ma con lo spirito di una generazione abituata a considerarsi autenticamente europea, ha scelto il percorso che più gli si confaceva, guidato anche dalla sua quasi fissazione per le cose che si è conquistato da solo (peraltro la gran parte di quelle che ha concretizzato finora, secondo me). Ha trovato una camera in un appartamento condiviso (che lui definisce “una catapecchia”) per due mesi intanto che trova il proprio nido, cioè nelle intenzioni un appartamentino per lui solo (e in cui spera che la morosa possa raggiungerlo per lunghi periodi). L’abbiamo sentito solo una volta finora e ci è sembrato teso ma soddisfatto, l’ambiente gli piace, sono tutti giovani e qualificatissimi, l’hanno bene accolto. Ancora non ha cominciato a lavorare in laboratorio, perché deve sottostare ad un training sulla sicurezza di un paio di settimane.
L’abbiamo accompagnato martedì scorso a Verona da cui parte il treno diretto per Monaco e l’abbiamo guardato partire
Mentre partiva, mi sono chiesta se ha armi sufficienti per affrontare il mondo, così giovane, con quel sorriso ancora tenero, con quel valigione pesante. Ho enumerato dentro di me le sue “armi” e ho concluso che ne ha tante, conoscenze e saperi e sentimenti e valori e principi accumulati negli anni. Ha la schiena dritta e ce la farà.
Mentre partiva, con un groppo di lacrime che mi chiudeva la gola, mi sono chiesta come sintetizzare questo momento e ho concluso che è GIUSTO, MA NON FACILE. È più che giusto il suo andare incontro alla vita, alla sua vita, ma non facile per me, per noi, vederlo andare lontano. Ho sempre interpretato il ruolo di genitore come chi cerca di curare il nido, ma anche di favorire lo sviluppo di ali forti, capaci di volare lontano. Il suo orizzonte si allarga mentre il nostro si accorcia.
Ma come ormai chi ha la mia età ha imparato, le cose e i cambiamenti accadono e non c’è modo di fermarli. Meglio, invece di contrastarli invano, cercare di adattarsi. E ci adatteremo, ci stiamo tutti già adattando.
Quello che frega sono pensieri che arrivano proditori “con lui se ne va l’ultimo brandello della famiglia che avevamo costruito”, tutte quelle cure e quell’amore e quelle gioie (così fortunati da poter dichiarare pochi e marginali dispiaceri) diventate ricordi. Ci impegneremo per costruire nuovi ricordi.
Quello che frega sono i particolari
La finestra di sinistra è quella della camera dell’Anna, ormai quasi sempre chiusa da anni, quella di destra è la finestra della camera di Luigi, sempre aperta su questi anni di studio intenso. Ora chiusa anche questa.
Oppure entrare nella camera che conserva il lieve disordine di un posto il cui proprietario è solo momentaneamente assente ed è in attesa che torni.
Oppure la sera, quando vado a letto per ultima nel silenzio assoluto della notte, quando mi viene automatico pensare se Gigi è fuori e se devo mettere o no il catenaccio interno alla porta.
Oppure il bagno, dove manca ora una salvietta
E cento altre cose, è ovvio. Ma è solo per spiegare l’affermazione È GIUSTO, MA NON FACILE. Per spiegare che è come se un’ulteriore fuoco nella mia vita si sia spento ed ho notato come, invecchiando, sia difficile e faticoso accenderne altri. Ma questo è solo un punto, non la fine. Vanno, vengono, tornano, andiamo, momenti anche intensi ancora ci aspettano, a Sanguigna, a Zurigo, a Monaco di Baviera e chissà quali e quanti altri cieli…..