domenica 26 dicembre 2021

DI DOLCI NATALIZI E SENTENZE FINALI

 La premessa è che ho un vecchio amico dei tempi dell’università con cui sono rimasta in amichevole contatto, con alti e bassi, per tutti questi anni, contatto rafforzato in questi ultimi anni dalla pandemia e dal fatto che il nostro tempo libero è enormemente aumentato. L’amico Michele è di Udine, anzi tenacemente friulano, avendo lavorato molto sul territorio cui appartiene. 

Nel tradizionale scambio di pacchetti regalo per Natale io gli ho mandato una delle mie spongate (sembra che a loro piaccia molto) e altre leccornie home made e lui mi ha mandato una bella scatola con due gubane (dolce delle grandi occasioni, in Friuli, tra cui anche il Natale) e un sacchettino di strucchi (altro dolce locale, piccoli morsels ripieni e fritti). Gli strucchi sono finiti presto, nel sacchettino tutti in vari momenti hanno pescato, passandoci accanto.

Ieri sera alla fine della cena  ho detto: “Adesso apriamo la gubana” e non ho avuto gli entusiasmi alle stelle del resto della famiglia (“Ma cos’è?”, “Ma è enorme”, “Ma addirittura due?”) e ho scelto autonomamente (dai buzzurri non si può ottenere aiuto) una delle due, alle noci, ricetta più tradizionale. Al taglio, gli entusiasmi della truppa si sono un po’ alzati perché il dolce è bello, soffice, rotondo e stratificato, si vede subito che è buono. Poi ne abbiamo mangiato generose fette ed è piaciuto un sacco a tutti. L’unica voce semi critica è stata la mia di totale astemia “Ma voi non sentite il sapore di alcool?” E gli altri “Sì, sì, un sacco, una bontà…” (ho controllato, contiene grappa, messa prima della cottura, ovviamente, sennò non sarei riuscita a mangiarla). 

Stamattina secondo round a colazione. Tutto bene, dunque, ma il suggello finale, come sempre, l’ha dato il Padre (Roberto) che, mangiando la gubana, ha sentenziato “Certo che i friulani senza alcool non riescono a fare niente”. 

Sipario

sabato 25 dicembre 2021

REGALI - IO

 Vorrei i miei figli, la mia nipotina e mio marito sempre qui con me. Vorrei tutto l’anno la casa splendente di lucine, decorazioni, piccoli presepi, risuonante in sottofondo molto basso di musica natalizia, odorosa dell’umami del brodo per i cappelletti e del lesso che sobbolle. Vorrei tutto l’anno lo scrocchiare della carta e dei fiocchetti dei regali che vengono aperti e le espressioni di piacere (a volte i gridolini) per tutte le belle, pensate, spesso superflue cose che vengono donate.

Vorrei che il calore della mia grande stufa e l’incanto quasi ipnotico dell’albero carico di addobbi e lucine potessero essere caricati in una batteria interna e durare dentro di me per lungo tempo, vorrei che il cioccolato e la spongata e il panettone permanessero nelle mie papille gustative. Vorrei sentire sempre la tenerezza e la gioia di un/una bimbo/bimba appena nato/a, ma vorrei anche non vedere più scene di povertà, disperazione e guerra, crudeltà e ferocia, freddo e gelo e tempesta che sembrano la musica di sottofondo di questa povera, magnifica Terra.

Vorrei passeggiare sul lungomare tra Lerici e San Terenzo con un tiepido sole a scaldarmi il collo e la schiena, vorrei viaggiare nell’enorme vuoto della Patagonia centrale ascoltando il senso del mondo, vorrei contare i mille arcobaleni della cascata di Sellfoss in Islanda, vorrei immergermi nell’atmosfera magnifica di Monterrey e della costa pacifica tra Los Angeles e San Francisco, vorrei sostare in silenzio per molto tempo nel Cenacolo Francescano, vorrei vedere le mille meraviglie che ancora non ho visto del mondo…

Ma soprattutto vorrei le cose impossibili da avere: vorrei più Natali a venire di quelli che riesco ad immaginare, vorrei gli occhi limpidi con cui riuscivo a scrutarli e memorizzarli e goderli in altri decenni, vorrei sopra ogni cosa i Natali in cui c’eravamo tutti, tutte le persone amate e ora mancanti.

So però di dovere ringraziare anche per questo Natale, per quello che ho e non possiedo, per il brodo che comincia a bollire in attesa dei cappelletti e per i messaggi di auguri che arrivano numerosi, tutti sinceri, tutti affettuosi. È difficile dire qualcosa di originale per fare gli auguri di Natale - molti poeti e molte citazioni lo testimoniano. È più facile però scrutare e condividere i fili di amore e di affetto che si intrecciano dentro di noi e intorno a noi. Buon Natale!



REGALI -ELASTI

 

regali

vorrei cinque tamponi senza cinque ore di coda davanti a una farmacia, una terza dose dietro l’angolo, abbracci per tutti, assaggiare il dolce nel piatto altrui, la fine della paura dell’aria che respiriamo.

vorrei cose sceme, futili e materiali perché hanno il sapore buono delle big babol e quel loro colore psichedelico che rende euforici: orecchini piccolissimi, il libro di un pasticcere francese, rossetto, ombretto, un faretto per leggere al buio, un paio di orecchie da coniglio, di occhiali rosa, di guanti che suonano il canone in re maggiore di pachelbel, la borsa di eta beta, una casa di bambole grande come un pollice.

vorrei il super potere dei monaci zen, saltare tra le mani senza piantarmi a metà strada, camminare a testa in giù, ballare il tango argentino, liberarmi dall’ansia di disturbare. vorrei la pancia piatta o almeno non curarmene, la lucidità di pensiero di mister i, la sua sicurezza, l’ottimismo da vispa teresa che già ho, la fiducia in me stessa che mi manca, la capacità di non curarmene. 

vorrei la felicità per tutti i maschi che mi stanno intorno e grandi amori e scelte giuste e passioni travolgenti e lo stupore delle cose fino a quando avranno cent’anni e oltre.

vorrei un cane, un gatto, un pesce rosso. no, i pesci rossi mi fanno impressione e hanno un odore strano. vorrei concentrarmi. vorrei la mia stanza. vorrei capire meglio. vorrei la consapevolezza di me e del mondo. vorrei sapere la storia e la fisica ma anche il diritto. vorrei essere un medico. vorrei non soffrire di vertigini. vorrei essere più gentile, più paziente, più generosa. vorrei non sentirmi sempre in ritardo. vorrei godermela di più. vorrei dare i consigli giusti. 

vorrei essere qui, adesso, con tutto quello che c’è da tenere e da cambiare. e dire grazie perché non ho bisogno di niente più di quello che già c’è e perché il mio desiderare fa quasi sempre rima con giocare.

tanti auguri. ai desideri, ai giochi, alle speranze, a noi che diventiamo grandi, nonostante tutto.

(Dal blog di Elasti alias Claudia De Lillo, Nonsolo mamma)

mercoledì 8 dicembre 2021

ANALISI PRET A PORTER

 Siamo in macchina, Roberto ed io, nel viaggio di quattro ore e mezzo per raggiungere la bella casa svizzera di Anna, Olivia e Andre. Chiacchieriamo di varie cose, spesso sollecitate da quello che stiamo vedendo. Vediamo a un certo punto un elegante edificio della società elettrica ticinese e inizio io “Mi chiedo se la Svizzera compra il gas russo, perché loro di gas ne usano poco, hanno le caldaie elettriche e le piastre elettriche per cucinare” (posta poi la questione ad Andre, l’ho visto trattenere il disgusto per una domanda così cretina: lui ha la caldaia elettrica ma le caldaie sono spesso a gas e soprattutto il gas serve per le numerose aziende svizzere).

Continua Roberto “Però secondo me gli svizzeri almeno con l’elettricità sono autosufficienti, hanno molta energia idroelettrica” (vero, confermato in seguito da Andre) “Eh, sì, sono efficienti con l’elettricità, ma hanno fatto diventare i pesci culani!” [culano= espressione volgare, tipicamente parmigiana, per significare persona omosessuale].

Alla mia espressione probabilmente espressivamente stupita mi ha spiegato che si riferiva ad un articolo che aveva letto sul fatto che i pesci sviluppano comportamenti sessuali inusuali per colpa di inquinamento o deviazioni dei corsi d’acqua. 

La fine della storia stasera, di ritorno da Zurigo in un viaggio completamente sotto la neve, stretti intorno alla stufa che stava rapidamente riscaldando la casa fredda ognuno sbirciando il cellulare o IPad “Ecco, vedi, gli albatross, animali da sempre considerati il prototipo della monogamia e fedeltà, sempre più spesso, a causa dell’inquinamento, divorziano e cambiano compagna. Come i pesci culani”.

Beh, non fa una piega, no?