mercoledì 20 febbraio 2019

PAGLIACCI

A manetta

Mercoledì 20 febbraio 2019
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Mi chiamo Michele Giarrusso, sono il capogruppo dei Cinquestelle e ho mimato il gesto delle manette ai colleghi del Pd che mi aspettavano all’uscita. Ho alzato i polsi e li ho incrociati a favore di telecamera. Come Mourinho, ma senza guadagnare come Mourinho. Ho anche sghignazzato, affinché tutti vedessero quanto sono spiritoso e spietato. Un attimo prima ero dentro il Palazzo per vietare che il leader del partito mio alleato andasse a processo. E un attimo dopo ero fuori dal Palazzo per canzonare i genitori di un leader dell’opposizione che a processo ci stanno andando davvero. Al caldo indossavo una giacca garantista nuova di zecca, preparatami dagli stilisti della Casaleggio & Assoggettati. Ma appena uscito al freddo, mi sono rimesso il vecchio cappottone giustizialista, pieno di medaglie e di toppe. Dentro ho inneggiato ai sacri principi del diritto e alla nobiltà dell’azione politica. Fuori ho irriso un avversario in disgrazia e una condizione umana, la privazione della libertà personale, su cui solo i fanatici e i carciofini sott’odio riescono a fare ironia. Dentro i giudici mi stavano antipatici. Fuori mi stavano simpatici pure i secondini. Che devo dirvi? Mi sento dalla parte giusta della storia, qualunque sia la parte e qualunque sia la storia. Tanto la storia siamo noi e la riscriviamo come ci pare. Anche quel vecchio coro che adesso ci rilanciano addosso come un boomerang: «Onestà! Onestà!». Avevate capito male. Era: «Dove sta? Dove sta?». La poltrona, eccola qua.

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