È morta,a quasi 89 anni, Ursula K. Le Guin, scrittrice di fantascienza, femminista e anarchica. Come alcuni amici sanno, ho avuto un periodo di intenso innamoramento per la fantascienza (attorno alla seconda metà degli anni 80) in cui ho voracemente ed entusiasticamente (e, è ovvio, metodicamente) divorato i migliori autori di questa branca letteraria ( poi ho lasciato di colpo, all’iniziarsi di un’alta fase della mia vita). Ursula Le Guin era uno dei miei autori preferiti e, per onorarla, ho riletto il suo libro che mi ricordavo mi fosse maggiormente piaciuto, La mano sinistra delle tenebre.
Questo romanzo è un capolavoro.
La trama, brevemente è la seguente: Genly Ai, viene inviato dall’Ecumene, una confederazione di pianeti, sul pianeta Gethen, chiamato dagli umani Winter, per il freddo e i giganteschi ghiacciai che lo ricoprono. Il suo compito è convincere le nazioni del pianeta ad unirsi alla confederazione. Il reciproco scambio tecnologico e culturale porterà benefici sia alla confederazione che al pianeta Gethen. La missione di Ai ha quindi uno scopo pacifico.
Il problema per Ai, per cui non è assolutamente preparato, è entrare in contatto e comprendere le culture delle società del pianeta. I getheniani hanno origini umane, ma nei millenni sono diventati ermafroditi: lo stesso individuo, seguendo un particolare ciclo biologico, assume ciclicamente caratteri sessuali maschili o femminili. Può in una certa fase dell’anno essere un maschio ed in un’altra femmina. Questa caratteristica segna profondamente ogni aspetto della società: la politica, i valori sociali, i rituali di interazione e corteggiamento, lo sviluppo economico e tecnologico. La religione.
Poiché Ai vede il mondo come un individuo maschio, non riesce assolutamente a comprendere come i getheniani percepiscano quello stesso mondo. Nel cercare di inserire i getheniani nei propri schemi culturali relativi ai ruoli e ai generi, si trova completamente incapace a stabilire una comunicazione sensata che favorisca la sua missione. Naturalmente lo stesso problema lo hanno i getheniani nei suoi confronti. La situazione è ulteriormente complicata dal fatto che le due nazioni principali del pianeta, Karhide e Orgoreyn, hanno strutture politiche e sociali molto particolari, rette da codici culturali che sono totalmente alieni per l’ambasciatore terrestre. Karhide è una sorta di monarchia semimedievale, mentre Orgoreyn assomiglia molto ad uno stato simil sovietico. E per un umano proveniente da una confederazione planetaria che ormai da secoli si è lasciata alle spalle queste distinzioni e tipi di governi, la situazione è assolutamente complicata se non impossibile.
Il romanzo sviluppa fondamentalmente questo tema: sebbene ogni parte parli lo stesso linguaggio, i significati delle parole e della comunicazione in senso lato sono così differenti, che il compito principale sarà quello di scoprire, comprendere e fare propria la relazione esistente tra il linguaggio e la cultura che lo esprime. Un compito di portata fenomenale, che richiede un cambiamento radicale nelle proprie percezioni, ed un decentramento dal proprio punto di vista culturale. Ed è un compito cruciale, perché non comprendere il significato culturale dei linguaggi di quelle società non solo potrebbe mettere a rischio la missione, ma anche la vita stessa di Genly Ai.
Alla base del romanzo vi è un messaggio culturale che vede la necessaria complementarietà degli opposti, l’impossibilità di separare la luce dalle tenebre. Il titolo del romanzo è una citazione di una poesia della stessa Le Guin e che appare ad un certo punto della storia, che fa riferimento alla necessità dell’integrazione delle opposizioni.
Interessante per esempio è l’idea di perversione : in una società androgina, in cui lo spostamento verso una fase maschile o femminile nasce da un reciproco incontro, una sorta di danza che definisce in modo temporaneo verso quale polarità sessuale si dirigerà il ciclo di ciascun individuo, perverso è colui che mantiene una propria polarità sessuale, imponendo all’altro - per una sorta di costrizione biologica/psicologica - un polo complementare, senza entrare in una danza a reciproco scambio. Un riferimento esplicito alla necessità dello scambio ciclico tra luce e tenebre: perverso è colui che utilizza una logica esclusiva o/o, che separa e nega la necessità di entrambi i poli.
Così il tema dell’Altro viene continuamente richiamato in tutto il romanzo. Ai si sente alieno e percepisce come alieni gli abitanti del pianeta. Spesso non sa di chi dovrebbe fidarsi e da chi dovrebbe guardarsi. Usato come mezzo per fini politici di alcuni gruppi governativi si troverà in una situazione di estremo pericolo. Sarà solo nell’incontro con l’Altro, se avrà compreso i codici culturali ed emotivi del pianeta, cambiando così contemporaneamente se stesso e l’altro che riuscirà – forse – a giungere ad un punto fondamentale della sua missione.
La riflessione che ho trovato maggiormente interessante, però, tra le tante (molte di stretta attualità) è quella sull’essere “interi”. Gli ermafroditi di Gethen si sentono ed agiscono da INTERI, non c’è dualismo in loro, sono maschi e femmine contemporaneamente e questo li porta a calma e sicurezza personale. Sarebbe bello essere interi....
Buon viaggio nelle galassie, Ursula.
UNA GIORNATA DELLA MEMORIA CHE NON SIA SOLO PASSATO
Proviamo a distinguere tre versioni possibili della memoria. La prima è quella della memoria-archivio. Essa appare come un contenitore dove alloggiano i nostri ricordi.
È la memoria-baule, la memoria-soffitta o, più sofisticatamente, la memoria come notes magico cerebrale che trattiene le tracce del nostro passato. Questa memoria è archeologica: definisce il luogo dove il passato si è depositato, non è più tra noi, è diventato nulla, si è dissolto, può esistere solo nell'immagine vivida o illanguidita del ricordo. Lo schema di questa memoria è quello topologicamente ingenuo di un contenitore (memoria) e del suo contenuto (ricordi). Poi Freud ha mostrato che la memoria non trattiene solo cose già trascorse, passate, morte, ma cose vive che insistono nell'affacciarsi prepotentemente alla nostra mente. Si tratta della seconda versione della memoria: la memoria spettrale. Il suo modello è quello del trauma: quello che è accaduto nel passato non cessa di accadere, ma insegue la vita, l'accerchia, l'incalza, la tormenta. La memoria spettrale è costituita da un passato che non passa. È l'esperienza che affligge i soggetti o i popoli che hanno vissuto esperienze drammatiche, impossibili da dimenticare. Il passato è come uno spettro, morto e vivo insieme. La terza versione della memoria è forse la più importante e la più paradossale. È la memoria come attributo del futuro. È l'invito che Nietzsche ci rivolge: la memoria non deve ridursi a essere il culto passivo del passato, non genera solo venerazione o orrore, busti e monumenti. Dovremmo invece imparare ad usarla per creare attivamente il nostro avvenire.
Il che significa farsi responsabili della memoria. La memoria non è un contenitore di ricordi, né il ritorno degli spettri provenienti dal passato, ma si costituisce solo a partire dal futuro. Il passato non è alle nostre spalle come un peso inerte o come un incubo che non riusciamo a cancellare, ma può assumere forme e significati diversi a partire da come viene ripreso attivamente dalla vita mentre essa si sta muovendo verso il proprio avvenire. La memoria non deve semplicemente conservare quello che è già stato, ma deve servire la generatività della vita. Non deve restare impigliata in una paralisi melanconica che non riesce a non guardare se non all'indietro, ma sapersi gettare in un movimento proteso in avanti. Custodire questa memoria - la memoria come attributo del futuro -, evitando i danni della "memoria corta", significa farsi davvero responsabili del nostro passato.
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MASSIMO RECALCATI