sabato 2 settembre 2017

GOING SOUTH

Una settimana a Otranto. Avevo già descritto la mia vocazione per il Nord. Vado a Nord con facilità, contenta degli scarponi, dei paesaggi oceanici solitari, perfino delle brevi piogge, pregustando i fiori, il verde, l'ordine, l'immensa tranquillità.
Il mio rapporto con il Sud (e questo è un grosso cambiamento dagli anni della giovinezza) è molto più complesso. Sono partita sapendo già che molte cose mi avrebbero enormemente infastidita. L'esordio è un aneddoto che mi va di raccontare. Nelle lunga cavalcata di attraversamento dell'Italia (1.000 km) che ci aspettava, ieri affrontata tutta d'un fiato al ritorno, abbiamo invece scelto all'andata di spezzarla in due, fermandoci a Termoli per una passeggiata pomeridiana e a dormire (amiamo molto Termoli, sede di due vacanze degli anni passati che ci sono rimaste nella mente e nel cuore). La mattina dopo ripartiamo e usciamo dall'autostrada a Fasano (vicino a Brindisi) per fare rifornimento di gas metano. Al (grosso) distributore mentre Roberto aspettava il rifornimento io sono andata al bar a prendere una bottiglietta d'acqua. Ritornati in viaggio, ci siamo raccontati a vicenda che lui ha discusso con il benzinaio che non aveva il POS per pagare con il bancomat e contemporaneamente io ho dovuto chiedere lo scontrino al barista che me l'ha rilasciato con un ironico "se proprio le serve". Benvenuti al Sud, ho pensato. Sono seguite tutta una serie di altre punzecchiature, anche dolorose: il macello della bellissima serie di spiaggette di Frassanito, con gli ombrelloni piantati nell'acqua e rifiuti ovunque, la spiaggia (un lido, non spiaggia libera) di Baia dei Turchi con il primo strato di sabbia sostituito da uno strato di cicche di sigarette e gli ombrelloni invivibilmente vicini gli uni agli altri, la costante barriera di rifiuti che costeggia tutte le strade, i paesi assediati dalle macchine ovunque (Specchia, un paese sconosciuto e con un centro storico bellissimo!) senza alcun cenno di organizzazione di parcheggi... Lo sapevo anche prima di partire, ho masticato amaro e chinato la testa, pensando a quanto spreco, a quanta inutile sofferenza.
Poi ho iniziato ad lasciar penetrare in me la bellezza dei posti naturali e storici (una passeggiata serale nel venticello del centro di Otranto è un regalo della vita), la cortesia naturale della gente, i posti invece bene organizzati (laghi Alimini, Pescoluse, il nostro perfetto agriturismo dove abbiamo affittato un appartamentino) per i quali immagino persone impegnate a combattere ogni giorno, il cibo divino che trovi dappertutto in cui l'eccellenza delle materie prime non viene maltrattata. E ho riconosciuto anche qui radici e parti di me e del mio paese che amo, di cui non so fare a meno.
Solo per due cose il fastidio si è trasformato in dolore e un dolore che rimane. La prima è la devastazione del territorio: costruzioni ovunque in gran parte abbandonate e senza criterio, opere di urbanizzazione inesistenti o abbandonate evidentemente da lungo tempo, strutture ricettive ben al di sopra della richiesta e capienza del territorio, costruite per lavorare due mesi all'anno. Nessun criterio di governo del territorio che si possa intuire.
La seconda è la xylella, che in certe zone devasta letteralmente gli ulivi. Se fossi negli organi di governo regionali non mi occuperei di altro che non di combatterla, e non solo per il valore produttivo che hanno gli ulivi, ma perchè la bellezza e la stessa caratterizzazione della Puglia è legata agli ulivi. Gli ulivi sono il MONUMENTO della Puglia. E invece pare che Emiliano si occupi dei no-vax e molto poco della xylella.
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