Durante la (magistrale, secondo me) declamazione di Elio Germano/Leopardi de "l'Infinito", ovviamente amatissimo in gioventù, la poesia perfetta, riflettevo di quanto sia cambiata la mia percezione di questa poesia rispetto a quegli anni.
« Sempre caro mi fu quest'ermo colle,
e questa siepe, che da tanta parte
dell'ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
spazi di là da quella, e sovrumani
silenzi, e profondissima quiete
io nel pensier mi fingo, ove per poco
il cor non si spaura. E come il vento
odo stormir tra queste piante, io quello
infinito silenzio a questa voce
vo comparando: e mi sovvien l'eterno,
e le morte stagioni, e la presente
e viva, e il suon di lei. Così tra questa
immensità s'annega il pensier mio:
e il naufragar m'è dolce in questo mare. »
Allora pensavo al senso di appartenere a un luogo (sempre caro mi fu quest'ermo colle), ad un futuro che mi attendeva (il guardo escluso dall'ultimo orizzonte) dei cui interminati spazi avevo anche paura. Ma sul passato (le morte stagioni) e il futuro (l'eterno) prevaleva il presente vivo e pieno - ed era bello essere qui e proiettarsi dolcemente sul futuro.
Oggi percepisco quanti ostacoli si frappongono fra noi e la visione autentica dell'orizzonte, di come interminati spazi di silenzio e quiete siano la prospettiva, di come la presente e viva stagione sia un attimo mai afferrabile nell'immensità e che il naufragio sia dolce solo nella consapevolezza (rassegnazione?) di questa fugacità. Quest'ultima versione forse è più vicina a quell'uomo tormentato e già grave ente ammalato e sofferente che l'ha scritta, ma mi piace più la precedente, lo ammetto - mi piacevo di più quando "l'infinito" letto dalla mia scrivania di ragazza, riletto e amatissimo, sapeva commuovermi fino alle lacrime, quando ero capace di vedere l'ermo colle e il pensiero che lo superava leggero liberandosi al di sopra, nelle immense ed infinite variabili di un mondo da costruire.
Ora vedo con più chiarezza le variabili, vedo con più chiarezza le conseguenze dell'infinito che si apre dietro il colle - forse per questo mi fa paura quel "mare".
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