Alcuni giorni fa Lectio Magistralis di Stefano Mancuso, quasi due ore molto interessanti e piacevoli, nonostante il tema terribile, affrontato con disincanto ma anche con molta passione. Scrivo per cercare di fissare un po' di quello che ho imparato ancora (già un po' di tempo fa avevo scritto di cose imparate dal professore) - ovviamente quello che ricordo conterrà probabilmente imprecisioni, ma il senso sono abbastanza sicura sia corretto. La cosa però che non ho capito, non capisco e non capirò mai è come può quello che dice Mancuso avere lo stesso valore dei brontolii di pancia di un qualsiasi negazionista sul web o nella vita che probabilmente si abbevera da siti in cui scrivono articoli scientifici professori di fisica delle medie in pensione, o addirittura meno valore di quello che dice un maiale (copyright della definizione la mia amica Maria) come Trump.
Mi è piaciuto da dove è partito, affermando che forse per prendere le distanze dal problema noi parliamo di biodiversità, ma che la parola di cui stiamo trattando è VITA. La vita è un fenomeno che diamo per scontato ma che in realtà è raro, unico, tanto è vero che nell'universo finora a noi conosciuto abbiamo trovato molte cose, ma mai la vita. E anche nel nostro pianeta la vita è una parte infinitesima del pianeta, ospitata in uno strato sottilissimo che si chiama biosfera e che non misura oltre i 20 km di altezza (circa 10 sopra la terra e 10 km sotto). La vita non è scontata, ma rara e preziosa.
E che cosa compone la vita sul nostro pianeta? la vita animale (che ci comprende) occupa una percentuale molto piccola (uno scarso 3%), mentre l'87% della vita sulla terra è costituita da organismi vegetali. L'uomo è lo 0.01% della biomassa della vita ( i batteri hanno una biomassa tre volte la nostra, i vermi dodici volte di più, i funghi duecento volte di più), ma da quando è comparso sulla faccia della terra l'uomo ha causato l'estinzione dell'83% delle specie di mammiferi selvatici e della metà delle piante. E fa veramente impressione il dato dei mammiferi. I mammiferi selvatici sono solo il 4% dei mammiferi sulla terra, gli esseri umani il 36%, mentre il bestiame allevato dall'uomo rappresenta il 60% dei mammiferi presenti sulla terra (per gli uccelli il dato è perfino peggiore: il 70% è rappresentato da bestiame allevato dall'uomo). Le piante non se la passano meglio: circa 12.000 anni fa erano presenti sulla terra circa 6 mila miliardi di alberi, oggi sono la metà, 3.000 miliardi di alberi. Negli ultimi duecento anni, cioè in un periodo brevissimo, ne abbiamo tagliati 2.000 miliardi. Inoltre, nel 2021 abbiamo raggiunto un altro traguardo drammatico: il peso del materiale sintetico prodotto dall'uomo ha superato quello del materiale vivente - e per valutare il dato dobbiamo compararlo con il dato del 1920, completamente ribaltato: in quella data il materiale sintetico rappresentava solo l'1% in rapporto alla biomassa. IN SOLI CENTO ANNI!
Il primo studio scientifico sul cambiamento climatico data 1847. La scienziata Eunice Newton condusse una serie di esperimenti molto semplici, posizionando dei cilindri di vetro al sole con un termometro al loro interno e riempiendoli con tre combinazioni di aria : Co2, aria comune e idrogeno. In base ai suoi esperimenti, Eunice constatò che l'anidride carbonica aveva trattenuto più calore "il recipiente contenente questo gas è diventato esso stesso molto caldo, molto più sensibilmente dell'altro e il raffreddamento è stato altrettanto lungo". Eunice ha concluso che l'immissione nell'atmosfera di sempre più anidride carbonica avrebbe alla lunga provocato un riscaldamento del pianeta. 1847.....
E siamo arrivati al 2024, quasi un secolo dopo, continuando nella folle corsa che ci porta a consumare le risorse del pianeta, ogni anno di più. In media consumiamo l'equivalente di 1,7 pianeti all'anno e si prevede diventino 2 entro il 2030. l'Earth Overshoot Day ogni anno anticipa la data. E, c'è poco da discutere, sono risorse che rubiamo ai nostri discendenti.
Il professore ha poi proseguito un interessante discorso sulle città, partendo dalla distinzione tra animale generalista e animale specialistico. Gli animali si dividono un generalisti, cioè animali che si adattano ad ogni ambiente e in ogni ambiente possono sviluppare le loro potenzialità e la propria sopravvivenza, e animali specialistici, quelli che hanno bisogno di un determinato ambiente per sopravvivere. Un tipico esempio di animale specialistico è il panda, che si nutre di germogli di bambù e deve quindi necessariamente vivere in foreste di bambù. L'uomo è invece un animale generalista, ma sta diventando sempre più un animale specialistico. Ad oggi il 54% della popolazione mondiale vive in aree urbane, e si prevede che nel 2030 il 70% della popolazione mondiale vivrà in città. In Italia, ad oggi, su poco meno di 62 milioni di italiani, 51 milioni vivono in aree urbane- ed è un dato in crescita. Si calcola che nel 1930 in Italia solo il 30% della popolazione viveva in aree urbane. L'uomo sta quindi diventando un animale specialistico: il suo ambiente è la città
Le città sono però responsabili dell'85% dell'inquinamento mondiale ed emettono il 75% dei gas climateranti e inoltre le città sono ambienti in cui gli eventi estremi collegati al riscaldamento globale (ondate di calore, siccità ed eventi piovosi di grande potenza) sono più estremi e non riparabili. Si è cominciato a considerare le città come organismi viventi e quindi a valutare il loro metabolismo. le città hanno un metabolismo terribile, altamente sbilanciato su un enorme consumo e senza meccanismi circolari. Ci si deve occupare quindi, e con urgenza, di migliorare il metabolismo delle città (deimpermeabilizzazione, alberi, ciclo dei rifiuti, mobilità sostenibile e via dicendo)
Quindi, oltre a piantare alberi, miliardi di alberi che possano assorbire e trasformare CO2 dall'atmosfera dobbiamo occuparci del metabolismo delle città, per renderlo meno "cattivo", più in equilibrio, migliorando al tempo stesso gli spazi di convivenza che stanno raggiungendo vertici di ingestibilità.
E' estremamente difficile, anzi quasi impossibile, prevedere gli effetti nei prossimi anni dei cambiamenti climatici. Le nostre previsioni sono basate sull'esperienza e non abbiamo precedenti esperienze di quello che sta succedendo. Sappiamo però che grandi cambiamenti ci aspettano e non saranno positivi - a noi rimane il compito di attenuarne l'impatto.
Curare la vita, elemento raro e prezioso, dovrebbe essere la nostra unica preoccupazione.