“Non intendevo lasciare mia moglie che per me è la persona più importante della mia vita. Sono disponibile a qualsiasi cosa, ma non a rinunciare a mia moglie”.
Pensa se non lo era, la persona più importante della sua vita.
Non farei considerazioni sulle vicende personali del ministro Sangiuliano se non fosse andato lui stesso a descriverle in espliciti termini al Tg1. E farò solo due brevi considerazioni su tutta la storia, non perché non ce ne siano da fare – dal disperante al comico – ma perché che altro ancora vuoi dire?
La prima è che non c’è niente di “serio”, niente di “grave”, in questa storia, se non il suo essere esemplare del livello di mediocrità umana e stupidità che prevale in una crescente parte degli umani di questo paese. Ma in sé la storia è solo ridicola e penosa, e sono ridicoli e rivelatori della scarsezza di idee e impegni anche i toni indignati e solenni delle opposizioni: dal marziano allarme sui presunti segreti per la sicurezza nazionale detenuti dal ministro Sangiuliano, all’emergenza sulle riprese video a Montecitorio (qualunque deputato pubblica foto di Montecitorio), alle accuse al Tg1, che è un telegiornale e ha (per amichettismo, certo) fatto lo scoop dell’intervista al protagonista della notizia della settimana.
Il massimo di capacità di mettere in crisi il governo in due anni le opposizioni lo stanno esibendo grazie a quanto è scemo il ministro della Cultura nelle sue relazioni private.
La seconda cosa è questa, che riguarda le frasi qui sopra dette dal ministro Sangiuliano al Tg1. Per il quale sua moglie – la quale ci perdoni tutti per questa indiscrezione, la cui responsabilità è però di uno solo – “è la persona più importante della sua vita”: e però ha appena comunicato di averla tradita con una relazione con un’altra persona. Questo è il modo con cui il ministro – esemplare occasionale di una affollata categoria di pensiero e comportamento – ritiene si trattino le cose e le persone più importanti della vita, e il livello di priorità che si è dato in questo senso. Quale fiducia si deve avere nella coerenza e nell’affidabilità su qualunque altra cosa importante per tutti di cui si occupi un ministro?
Lo scandalo eventuale è solo qui: il potere agli scarsi, il prodotto della prolungata guerra culturale e politica contro le qualità umane, morali e intellettuali. E il risultato è il ridicolo, senza mai neanche la dignità del drammatico.
(Luca Sofri, blog Wittgenstein, 6 settembre 2024)
Chissà se sua moglie sarà invece disponibile a lasciare un uomo di cosí eccelsa statura morale…
Peggio lui o peggio lei? Se è capitato anche a voi di partecipare alle animate chiacchiere di fine estate sulla vicenda Sangiuliano/Boccia, invidio quelle e quelli che hanno saputo prendere posizione a favore dell’uno o dell’altra. Io sono partito da un salomonico ex aequo, “peggio tutti e due”, non sono riuscito a muovermi di un centimetro e un poco mi dispiace: stabilire un o una peggiore consentirebbe di scoprire che c’è anche un o una migliore, o comunque meno peggio.
(Avrei dovuto fare una premessa, la faccio adesso: non stiamo parlando di due persone ma delle loro figure mediatiche, dei ruoli interpretati davanti a un folto pubblico. Le persone godono, tutte, di una loro impenetrabilità, per dirla un poco all’antica hanno un’anima, e l’anima delle persone, almeno per adesso, non è un bene disponibile sul mercato mediatico. Resta rinchiusa. Non conosciamo l’anima di quei due. Ma il ruolo sì, lo abbiamo visto in scena. È di quello, dunque, che legittimamente parliamo).
La mia opinione, a sipario chiuso, è che sia il tipo di relazione a far cadere le braccia. La sua decrepitezza, la sua scontatezza. Miliardesimo remake di un film vecchio almeno tre o quattromila anni. Il maschio di potere che usa il suo ruolo per sedurre (o illudersi di sedurre) la dama ambiziosa che lo corrisponde per farsi strada in società. Non stiamo parlando di Luigi XV e della du Barry, non stiamo parlando di Versailles ma della provincia campana e della sua piccola borghesia, tutto è in scala minima, le grandi cortigiane erano colte e ingegnose, usavano l’eros come chiave per schiudere le porte del Palazzo ma una volta dentro sapevano essere artefici, o tra gli artefici, della politica e della cultura. Se du Barry avesse avuto un account Instagram, sarebbe stato in tre lingue, raffinatissimo, e fotoscioppato (ante litteram) dai più prestigiosi truccatori, parrucchieri, sarti, decoratori e tappezzieri di Francia.
Naturalmente non è lecito né generoso imputare ai nostri due coevi di non essere all’altezza di quel modello. Esiste un patriarcato kolossal, fastoso e tragico, e un patriarcato malamente emulato (il kitsch è l’emulazione fallita, diceva Tommaso Labranca). Però possiamo, questo sì, lamentare il piatto, banale conservatorismo di quei due ruoli e di quella relazione. Compreso il patetico finale, molto nazional-popolare, di lui colto sul fatto che piange e invoca la moglie, santa donna; e l’amante che, sfiorata la legittimità e ricacciata nell’illegittimità, sibila “non finisce qui”, lasciando intendere che nella sua non breve incursione a Palazzo ha aperto certi cassetti, carpito certi segreti, e dunque facciano attenzione, là dentro, a come parlano.
Ogni relazione (quasi ogni) è una prestazione di coppia, la si mette in atto in due, e dunque non è mai facile distinguere bene le responsabilità, capire chi ha voluto che cosa, e perché. Nel piccolo groviglio si possono distinguere, naturalmente, scorci differenti, che legittimano soluzioni differenti del gioco “peggio lui o peggio lei”. Lui più citrullo e dunque meno colpevole? Lui più potente e dunque più colpevole? Lei costretta dalla stratificazione secolare del potere maschile a usare l’eros come strumento di carriera? Lei ben contenta di usare l’eros come scorciatoia per la scalata in società, risparmiandosi ben altre fatiche professionali e culturali? Ogni opinione è legittima, io resto inchiodato alla mia prima impressione: è quel tipo di relazione nel suo insieme che mi sembra tristemente giudicabile. Ruoli ossificati, come se niente fosse cambiato sotto il cielo dai tempi di Versailles, salvo la metratura delle stanze dove si combinano le faccende d’amore e di potere, e il calibro delle decisioni che si prendono tra le lenzuola. Quanto all’eros, è ingiudicabile, come l’anima. Magari il Re e la du Barry, sotto quei baldacchini, combinavano poco e male, mentre nei peggiori motel si fanno faville. Rispose Mastroianni, a chi gli chiedeva come ci si sente ad avere amato dive bellissime: “ci sono sconosciuti, nel mondo, che hanno amato sconosciute bellissime, e nessuno ne sa niente”. Magnifico e definitivo.
In ogni modo, tornando ai nostri due non eroi, fossi stato il drammaturgo di questo piccolo atto unico avrei cercato disperatamente di inserire qualche variante, perché lo spettabile pubblico potesse almeno sperare in qualche inattesa novità di stagione. Un colpo di teatro. L’avanguardia che spiazza i classici. Qui di seguito alcuni esempi di possibili battute inattese, che avrebbero fatto uscire di scena l’odore di stantio, e consentito ai due attori momenti di gloria che il loro povero copione non ha previsto.
Lui: “Sì, ho un’amante. La scelta più azzeccata della mia vita. Anche mia moglie è entusiasta perché mi levo dalle scatole più spesso del solito. Non vede l’ora di conoscerla per ringraziarla”.
Lei: “Davvero lui fa il ministro? Pensavo avesse una pizzeria a Positano. In ogni modo non è un problema, pazienza se è ministro, mi sono messa con lui solo perché mi fa impazzire fisicamente”.
Lui: “Sono per l’amore libero. Credo che la famiglia tradizionale sia una camera a gas. Amatevi, toccatevi, sentitevi liberi e datevi piacere. Checché se ne dica, è molto meglio fottere che comandare. Parola di ministro”.
Lei: “L’informazione, in questo Paese, funziona malissimo. Sono stata fidanzata anche di Mattarella, ho un figlio con Draghi e una figlia con la Santanché grazie alla fecondazione eterologa. Possibile che non vi siate mai accorti di niente?”
Lui: “A letto le leggevo de Maistre e Prezzolini, ma si addormentava sempre. Non siamo mai riusciti a combinare nulla”.
Lei: “Se mi date il numero di telefono di Giuli, lo contatto subito. I ministri della Cultura sono il mio tipo d’uomo”.
(Michele Serra, OK Boomer, il Post, 9 settembre 2024)
Serra un maestro a usare l’ironia come arma di critica e satira “UNA RISATA VI SEPPELLIRÀ “