Poichè stasera alla Via Crucis vaticana e televisiva una donna russa ed una ucraina porteranno insieme la croce si è scatenata una polemica forse esagerata. Ammetto però che ho avvertito un senso di fastidio e ho cercato di capire perché. Sono andata anche a leggere il testo che accompagnerà le due donne e ho trovato questo: «Dove sei, Signore? […] Perché hai abbandonato i nostri popoli? Perché le nostre terre sono diventate tenebrose come il Golgota?» e ho cominciato a riflettere.
Le due donne sono sicuramente limpide e in buona fede, amorevoli e pacifiche come la gran parte delle donne dei loro popoli, sono il meglio esibito dalla storia, sicuramente. Inoltre, il concetto di riconciliazione è sicuramente quanto di più alto, nobile ed utile possa esprimere l’essere umano. È sempre il finale migliore, quando due parti si riconciliano.
Ma se devo seguire fino in fondo la mia personale via Crucis da atea, trovo in me con dolore un paio di riflessioni che mi inquietano.
Innanzi tutto, le due donne sono sicuramente l’umanità al meglio, ma non sono lí come persone singole, ma come rappresentanti dei loro popoli. E uno dei due popoli è l’aggressore e l’altro è l’aggredito, uno l’aggressore, l’altro la vittima. I “nostri” popoli non sono “nostri”, le “nostre terre” (e qui ho un brivido pensando alla dottrina di Putin, sicuramente solo involontariamente sfiorata) non sono “nostre”. Sono due popoli e due terre in guerra. E forse nessuno può a pieno titolo arrogarsene il diritto, ma sicuramente solo una di queste due donne, in quanto rappresentante del suo popolo, può legittimamente urlare al mondo “Se questo è un uomo…”. Come si è più volte constatato in questa situazione di guerra, mettere sullo stesso piano vittima ed aggressore, in nome di una pretesa equidistanza di volta in volta giustificata da propaganda, estraneità (non “prendere parte”), o come in questo caso pacifismo e umanesimo, nella sostanza favorisce solo l’aggressore, entità ben contenta di smentire tutte le argomentazioni sollevate.
E poi la riconciliazione, sí, la riconciliazione. Vista nel contesto di storia attuale, appare molto vicina al tragico, e attigua al ridicolo. Quale riconciliazione in un contesto in cui l’esercito invasore avanza tra mine bombe e missili, facendo strage di civili? Quale riconciliazione se una delle parti ha menato per il naso le diplomazie di tutto il mondo per mesi (ricordo a mente e in ordine sparso, UE, Francia, Germania, USA, Israele, Turchia…) senza nessuna base di trattativa vera o richiesta veritiera? La riconciliazione, qui ed ora, sembra più uno slogan, anche un po’ideologico, poiché gli slogan non prevedono vie di azione o soluzioni. Estremizzando, sembra che la riconciliazione privi le vittime di guerra del vedere rispettato il loro ultimo baluardo, lo status di vittima di guerra, appunto.
Così, penso sul serio che la Chiesa di Francesco faccia grandi cose sul fronte dell’accoglienza e del sostegno umanitario, ma penso anche che la fede, che io non possiedo, non possa fare a meno di confrontarsi con la ragione e credo che la Chiesa in questo caso dia un messaggio politico davvero sbagliato (tutti facciamo politica, non nascondiamoci dietro a un dito, in questo caso il dito della fede). Per fortuna stasera sarò esentata, in quanto non credente, dalla visione della Via Crucis.
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