Massimo Recalcati
Elogio del libro contro tutti i muri. La Repubblica, 16 luglio 2018
La civiltà dell’immagine e della digitalizzazione sospinta ha messo all’angolo il libro e con esso l’esperienza stessa della lettura. Lo si constata in ogni luogo: nelle sale d’attesa di ogni genere, nei vagoni della metropolitana o del treno, nei parchi o nelle spiagge, dentro le nostre case. La testa china del lettore sulle pagine del libro sembra aver lasciato il posto al movimento veloce della mano che scorre sugli smartphone e che consente il passaggio rapido da una informazione all’altra, da un’immagine all’altra.
L’iperattivismo della nuova tecnologia touch sembra aver stracciato l’amuleto del libro e il suo fascino segreto. La lenta pratica della lettura ha lasciato irreversibilmente il posto al consumo compulsivo delle immagini che come un’aspirapolvere perennemente in moto risucchia ogni genere di contenuto sparso nell’orizzonte caotico del Web.
In un convegno di qualche anno fa assistevo strabiliato all’orazione appassionata di uno psicologo nordamericano che sentenziava che in un futuro recente i libri sarebbero stati, rispetto alla digitalizzazione tecnologica della comunicazione, come i velieri per la nautica contemporanea: antichi relitti di una storia gloriosa ma definitivamente alla nostra spalle.In una straordinaria installazione dell’artista messicano Jorge Mendez Blake titolata L’impatto del libro (2003) viene messa in scena con grande incisività la forza del libro. Alla base di un lungo muro fatto di mattoni rossi è stato inserito un libro. La sua presenza introduce un dislivello che, seppur minimo, si ripercuote sulla presenza immobile del muro. Non è questa la forza che abita il libro?
Generare una incrinatura nel muro, minare la sua apparente solidità, introdurre nella sua compattezza una discrepanza, una fessura. Mentre, infatti, il muro chiude, definisce confini e identità rigide, il libro apre, spalanca mondi nuovi, contamina la nostra vita con quella di infiniti altri libri. Mentre il muro vorrebbe riparare la vita dalla sua esposizione all’alterità, il libro impone al lettore l’incontro rinnovato con una alterità sempre nuova e sempre in movimento. La lezione del libro è la lezione dell’aperto contro il chiuso. Se il muro si impegna a difendere la vita dallo straniero, il libro ci invita invece a fare amicizia. Se il muro innalza il confine, il libro lo dilata. La lezione del libro consiste, infatti, nello scompaginare ogni muro, nel rompere l’illusione tetra del muro perché nella lettura del libro l’identità deve perdersi in un nuovo mondo prima di ricostituirsi. In ogni libro impariamo l’esistenza di mondi e di lingue differenti. Se il muro vive nella nostalgia dello Stesso (incarna il bastione, la difesa, la fortezza, la cortina), il libro si offre sempre come nudo, fragile, aperto. La sua esistenza cartacea non lo può riparare dal fuoco e dall’offesa. I fascisti di ogni tempo hanno sempre bruciato i libri. Hanno innalzato muri e bruciato libri. La mano di Goebbels di fronte all’evocazione del libro non poteva non impugnare la pistola. Ma il libro è nemico dell’odio salvo quando non diventa esso stesso muro. Allora una metamorfosi orrenda lo investe.
Ogni libro che diviene “sacro” rischia di trasformarsi in un muro. La sua sacralizzazione impone la sua solidificazione. Il Corano o il Libro rosso di Mao Tze Tung, la Bibbia o gli Scritti di Lacan, allo stesso modo, se diventano Il Libro – se cioè escludono altri libri possibili, tutti i libri che oltrepassano necessariamente Il Libro trasfigurano fatalmente il libro in muro. È il destino cupo di ogni dogmatismo. Quando un libro diventa un oggetto di culto perde il respiro del libro per solidificarsi in muro. Noi abbiamo invece bisogno di libri come dell’aria che respiriamo.
Abbiamo bisogno di libri capaci di incrinare i muri. Mentre il Libro che diventa muro grazie al potere ipnotico del dogma è un libro che esclude con arroganza tutti gli altri libri, dovremmo sempre ricordare che ogni libro può contenere una infinità di libri. La lezione del libro è che esistono sempre altri libri al di là di ogni libro. Sicché nessun libro può mai essere la fine del Libro.
Ogni libro sopravvive alla sua fine attraverso l’esistenza di altri libri. Per questa ragione i sogni di biblioteche straordinarie in grado di raccogliere tutti i libri del mondo si svelano sempre come deliranti. Non esiste possibilità di una simile biblioteca perché anche se essa esistesse non potrebbe mai raccogliere tutto ilsapere; in nessun libro, può, infatti, essere scritto esaustivamente il libro del mondo. Il libro non si lascia mai ridurre alla semplice presenza della cosa. Ogni vero libro è un libro vivo. Per questo tutte le dittature devono riscrivere i libri, devono cioè rendere il libro morto, privo di vita. Devono cancellare i libri con altri libri nell’illusione di fare del libro un muro. Ma la grande lezione del libro è la lezione della bellezza dell’apertura. Ogni libro non è un muro ma un mare e come il mare ogni libro è sempre aperto.
Mentre apre a mondi impensati, inauditi, non ancora visti, non ancora conosciuti, apre anche la testa del lettore, ovvero lo aiuta a rinunciare alla tentazione folle del muro.
martedì 17 luglio 2018
lunedì 16 luglio 2018
DE SENECTUTE - L’EREDITA’ DEI FIGLI
«I figli hanno diritto al viaggio, hanno diritto alla rivolta.
I padri hanno invece il compito di incarnare una Legge che sia differente dalla Legge del bastone e della paura.
L’eredità non deve essere pensata come l’acquisizione di rendite, di beni o di geni. I figli giusti sono quelli che interpretano l’eredità come un movimento in avanti, come una ripresa di ciò che hanno acquisito dai padri ma non nel senso della conservazione ma in quello dell’invenzione. Per questo ogni vero erede è sempre eretico. Interpreta l’eredità alla luce dell’avvenire e non del passato da conservare».
(Massimo Recalcati)
I padri hanno invece il compito di incarnare una Legge che sia differente dalla Legge del bastone e della paura.
L’eredità non deve essere pensata come l’acquisizione di rendite, di beni o di geni. I figli giusti sono quelli che interpretano l’eredità come un movimento in avanti, come una ripresa di ciò che hanno acquisito dai padri ma non nel senso della conservazione ma in quello dell’invenzione. Per questo ogni vero erede è sempre eretico. Interpreta l’eredità alla luce dell’avvenire e non del passato da conservare».
(Massimo Recalcati)
venerdì 13 luglio 2018
LE COLPE DEI PRIMI E DEGLI ULTIMI
(Post di Claudio Fava, oggi, su Facebook)
Gli immigrati sono un’arma di distrazione di massa. Un argomento utile a mettere gli ultimi contro i penultimi (che poi è il modo in cui i primi - cioè i privilegiati, i paraculi, gli irreprensibili - non pagheranno mai pegno nella loro vita).
Detto ciò, tocca a noi decidere che fare. Possiamo continuare ad opporre alle grida di Salvini contro gli immigrati le nostre grida contro Salvini: resteremo sempre alla casella di partenza. Perché il ministro dell’interno – incolto quanto basta, furbo quanto basta – è il male minore. Il male peggiore siamo noi (noi italiani, e mi ci metto anch’io, che Salvini e Grillo non li ho votati né voluti, ma che mi sento responsabile della loro vittoria quanto i loro elettori).
Voglio dire che è sufficiente far due chiacchiere con il fuori corso, con l’impiegato alle poste, con il vicino di casa, con l’ex iscritto del vecchio Pci per capire come sia cambiato (in peggio) il senso comune degli italiani. Che considerano – uno su tre – il ministro dell'Interno l’unico capace di cantarle chiare, l’unico disposto a dire la verità: e cioè che la vera tragedia italiana sono gli immigrati e non i corrotti, sono le organizzazioni non governative e non le organizzazioni mafiose.
Di Salvini prima o poi (forse) ce ne libereremo: basterà un rigurgito di buon gusto elettorale. Ma questo sentimento così profondo nel cuore e nella pancia di tutti noi, questa idea (facile, consolatoria) che la colpa sia sempre degli ultimi e mai dei primi: siamo certi che basterà una nuova campagna elettorale per smaltirlo? E quando questo sentimento si farà cultura popolare, diffusa, radicata, quando ci convinceremo che le mafie si combattono con le omelie e che la sicurezza del paese passa attraverso la chiusura dei porti, davvero crediamo che basterà un voto contro o a favore per depurarci da questi pensieri ridicoli?
Fino a quando i 5Stelle continueranno a dire che tanto con Salvini loro non c’entrano perché loro sono quelli del taglio ai vitalizi punto; fino a quando i dirigenti del Pd continueranno a smaltire le residue munizioni sparandosi addosso fino a quando la zattera, con l’ultimo sopravvissuto, colerà comunque a picco; fino a quando a sinistra continueremo a far tesseramenti e congressi per ciascuna tribù residuata (Articolo 1, Sinistra italiana, Liberi e Uguali, Rifondazione) come se fossimo impegnati in una partita a risiko con gli amici e non nel tentativo di salvare da una deriva neofascista l’Italia…
Ecco: fino a quando? Io non ho soluzioni. Ma almeno la domanda ho il dovere di farmela. Forse, guardarsi un po’ meno l’ombelico e guardare un po’ più i segni della vita reale attorno a noi può essere un primo passo.
Gli immigrati sono un’arma di distrazione di massa. Un argomento utile a mettere gli ultimi contro i penultimi (che poi è il modo in cui i primi - cioè i privilegiati, i paraculi, gli irreprensibili - non pagheranno mai pegno nella loro vita).
Detto ciò, tocca a noi decidere che fare. Possiamo continuare ad opporre alle grida di Salvini contro gli immigrati le nostre grida contro Salvini: resteremo sempre alla casella di partenza. Perché il ministro dell’interno – incolto quanto basta, furbo quanto basta – è il male minore. Il male peggiore siamo noi (noi italiani, e mi ci metto anch’io, che Salvini e Grillo non li ho votati né voluti, ma che mi sento responsabile della loro vittoria quanto i loro elettori).
Voglio dire che è sufficiente far due chiacchiere con il fuori corso, con l’impiegato alle poste, con il vicino di casa, con l’ex iscritto del vecchio Pci per capire come sia cambiato (in peggio) il senso comune degli italiani. Che considerano – uno su tre – il ministro dell'Interno l’unico capace di cantarle chiare, l’unico disposto a dire la verità: e cioè che la vera tragedia italiana sono gli immigrati e non i corrotti, sono le organizzazioni non governative e non le organizzazioni mafiose.
Di Salvini prima o poi (forse) ce ne libereremo: basterà un rigurgito di buon gusto elettorale. Ma questo sentimento così profondo nel cuore e nella pancia di tutti noi, questa idea (facile, consolatoria) che la colpa sia sempre degli ultimi e mai dei primi: siamo certi che basterà una nuova campagna elettorale per smaltirlo? E quando questo sentimento si farà cultura popolare, diffusa, radicata, quando ci convinceremo che le mafie si combattono con le omelie e che la sicurezza del paese passa attraverso la chiusura dei porti, davvero crediamo che basterà un voto contro o a favore per depurarci da questi pensieri ridicoli?
Fino a quando i 5Stelle continueranno a dire che tanto con Salvini loro non c’entrano perché loro sono quelli del taglio ai vitalizi punto; fino a quando i dirigenti del Pd continueranno a smaltire le residue munizioni sparandosi addosso fino a quando la zattera, con l’ultimo sopravvissuto, colerà comunque a picco; fino a quando a sinistra continueremo a far tesseramenti e congressi per ciascuna tribù residuata (Articolo 1, Sinistra italiana, Liberi e Uguali, Rifondazione) come se fossimo impegnati in una partita a risiko con gli amici e non nel tentativo di salvare da una deriva neofascista l’Italia…
Ecco: fino a quando? Io non ho soluzioni. Ma almeno la domanda ho il dovere di farmela. Forse, guardarsi un po’ meno l’ombelico e guardare un po’ più i segni della vita reale attorno a noi può essere un primo passo.
FORTIOR
Iscrizione vista oggi nella magnifica Rosslyn Chapel di Edinburgo.
L’iscrizione dice “Forte est vinu. Fortior est rex. Fortiores sunt mulieres: sup om vincit Veritas”, cioè “Il vino è forte. Il re è ancora più forte. Ancora più forti sono le donne, ma la Verità vince tutto”. Coi tempi che corrono, non sono sicura che questa iscrizione che ha quasi seicento anni valga ancora.
L’iscrizione dice “Forte est vinu. Fortior est rex. Fortiores sunt mulieres: sup om vincit Veritas”, cioè “Il vino è forte. Il re è ancora più forte. Ancora più forti sono le donne, ma la Verità vince tutto”. Coi tempi che corrono, non sono sicura che questa iscrizione che ha quasi seicento anni valga ancora.
DE SENECTUTE - LA VECCHIA SPAZIALE 2
La donna che vuole percorrere questo cambiamento deve in fondo diventare incinta di se stessa, deve portare se stessa, il suo terzo stadio dell’essere, la sua vecchiaia, con le doglie e da sola. Non molti la aiuteranno in quel parto e certamente nessun ginecologo maschio misurerà la frequenza delle sue contrazioni, le inietterà sedativi, si terrà pronto con il forcipe e le metterà i punti con precisione sulle sue danneggiate membrane. È persino difficile trovare una vecchia, tradizionale ostetrica, di questi tempi. Questo tipo di gravidanza è lungo e il travaglio difficile - solo un altro travaglio è peggiore, l’ultimo, quelle che anche gli uomini dovranno percorrere.
È più facile morire se si è dato alla luce altre persone o se stessi, almeno una volta nella vita, e questo è uno dei motivi per affrontare tutte le difficoltà e gli imbarazzi del diventare una Vecchia. In ogni caso sembra un peccato avere a disposizione un ben strutturato rito di passaggio e ritardarlo, evitarlo, far finta che niente sia cambiato, negando la propria femminilità, facendo finta di essere un uomo. Gli uomini, una volta “iniziati”, non hanno seconde possibilità, non hanno cambiamenti disponibili, ma è una perdita loro, non nostra. Perchè inseguire la deprivazione? Certamente lo sforzo di rimanere quello che si è, giovani, quando il corpo dà un segnale cosí deciso di cambiamento come la menopausa, è galante, ma è un tipo di stupida, autosacrificale galanteria, più adatta a un ragazzo di venti anni che a una donna di quarantacinque-cinquanta anni. Lasciamo che gli atleti muoiano giovani e vincenti, lasciamo che i soldati vincano le medaglie al valore. Lasciamo che le donne muoiano vecchie, con i capelli bianchi, con cuori umani.
Se arrivasse una nave spaziale degli amichevoli abitanti del quarto pianeta di Altair e il cortese capitano della nave chiedesse: “Abbiamo lo spazio per un passeggero, ci concedereste un umano in modo che possiamo conversare con lui piacevolmente e con agio durante il lungo viaggio di ritorno ad Altair, cosí anche da imparare da questa persona i tratti essenziali della natura umana?” - suppongo che la maggior parte delle persone penserebbe a un bravo giovane, intelligente e con alti livelli di istruzione e in perfetta forma fisica. Un astronauta russo sarebbe perfetto (gli astronauti americani sono quasi tutti troppo vecchi). Ci sarebbero sicuramente centinaia, migliaia di volontari, giovani uomini di valore. Ma io non sceglierei nessuno di loro, nè sceglierei alcuna delle giovani donne che si offrirebbero volontarie, alcune spinte da generosità e coraggio intellettuale, altre spinte dalla profonda convinzione che sia praticamente impossibile che Altair sia per una donna peggiore di quanto lo sia la Terra.
Quello che io farei sarebbe andare al supermecato locale o al mercato del villaggio e scegliere una vecchia signora, ultrasessantenne, trovandola al banco della bigiotteria o al banchetto che vende le noci di areca. I suoi capelli non sarebbero rossi o biondi o neri e lucidi, la sua pelle non sarebbe fresca come la rugiada, non sarebbe la depositaria del segreto dell’eterna giovinezza e probabilmente mostrerebbe subito una foto di suo nipote che ora lavora a Nairobi (è abbastanza vaga rispetto a dove si trova Nairobi, ma estremamente orgogliosa di suo nipote). Ha lavorato duramente in piccoli e umili lavori per tutta la sua vita, lavoretti come cucinare, pulire, crescere figli, vendere piccoli oggetti di piacere o per adornarsi ad altre persone. È stata vergine una volta, tanto tempo fa, e poi una femmina fertile sessualmente potente, e poi è passata attraverso la menopausa. Ha dato alla luce e allo stesso tempo affrontato la morte molte volte e sta ora avvicinandosi con maggiore chiarezza alla nascita/morte ogni giorno. A volte i piedi le fanno davvero male. Non ha ricevuto un’educazione adeguata alle sue capacità, un crimine cosí comune da non potere e non dovere essere tenuto nascosto ad Altair. E, notare, non è per niente stupida, ha una dotazione di buon senso, pazienza, senso dell’umorismo e scaltrezza basata sull’esperienza che gli Altariani potrebbero (o no) percepire come saggezza. Ma se gli Altariani sono più saggi di noi, potrebbero percepire quell’intimo intelletto e cuore che noi umani, basandoci sulla sola speranza e sull’intuizione, proclamiamo essere umani. In ogni caso, siccome sono curiosi e gentili, diamo loro il meglio che abbiamo.
Il problema è che lei sarebbe molto riluttante ad accettare e direbbe “Cosa può fare una vecchia come me su Altair? Dovete mandare uno di quegli scienziati uomini, loro saprebbero come parlare a questi buffi uomini verdi. Forse dovrebbe andare il dottor Kissinger oppure cosa ne dite di uno Sciamano?” Sarebbe difficile spiegarle che vogliamo mandare lei perchè solo una persona che abbia sperimentato, agito e accettato l’intera condizione umana - di cui la qualità fondamentale è il Cambiamento - può adeguatamente rappresentare l’Umanità. “Io ?” direbbe, con un pizzico di timidezza “ma io non ho mai fatto niente”.
Ma non si sottrarrebbe. Lei sa, anche se non lo ammetterebbe, che il dottor Kissinger non è andato e non andrà mai dove lei è andata, che gli scienziati e gli sciamani non hanno fatto quello che lei ha fatto. Via, sulla nave, Nonna!
È più facile morire se si è dato alla luce altre persone o se stessi, almeno una volta nella vita, e questo è uno dei motivi per affrontare tutte le difficoltà e gli imbarazzi del diventare una Vecchia. In ogni caso sembra un peccato avere a disposizione un ben strutturato rito di passaggio e ritardarlo, evitarlo, far finta che niente sia cambiato, negando la propria femminilità, facendo finta di essere un uomo. Gli uomini, una volta “iniziati”, non hanno seconde possibilità, non hanno cambiamenti disponibili, ma è una perdita loro, non nostra. Perchè inseguire la deprivazione? Certamente lo sforzo di rimanere quello che si è, giovani, quando il corpo dà un segnale cosí deciso di cambiamento come la menopausa, è galante, ma è un tipo di stupida, autosacrificale galanteria, più adatta a un ragazzo di venti anni che a una donna di quarantacinque-cinquanta anni. Lasciamo che gli atleti muoiano giovani e vincenti, lasciamo che i soldati vincano le medaglie al valore. Lasciamo che le donne muoiano vecchie, con i capelli bianchi, con cuori umani.
Se arrivasse una nave spaziale degli amichevoli abitanti del quarto pianeta di Altair e il cortese capitano della nave chiedesse: “Abbiamo lo spazio per un passeggero, ci concedereste un umano in modo che possiamo conversare con lui piacevolmente e con agio durante il lungo viaggio di ritorno ad Altair, cosí anche da imparare da questa persona i tratti essenziali della natura umana?” - suppongo che la maggior parte delle persone penserebbe a un bravo giovane, intelligente e con alti livelli di istruzione e in perfetta forma fisica. Un astronauta russo sarebbe perfetto (gli astronauti americani sono quasi tutti troppo vecchi). Ci sarebbero sicuramente centinaia, migliaia di volontari, giovani uomini di valore. Ma io non sceglierei nessuno di loro, nè sceglierei alcuna delle giovani donne che si offrirebbero volontarie, alcune spinte da generosità e coraggio intellettuale, altre spinte dalla profonda convinzione che sia praticamente impossibile che Altair sia per una donna peggiore di quanto lo sia la Terra.
Quello che io farei sarebbe andare al supermecato locale o al mercato del villaggio e scegliere una vecchia signora, ultrasessantenne, trovandola al banco della bigiotteria o al banchetto che vende le noci di areca. I suoi capelli non sarebbero rossi o biondi o neri e lucidi, la sua pelle non sarebbe fresca come la rugiada, non sarebbe la depositaria del segreto dell’eterna giovinezza e probabilmente mostrerebbe subito una foto di suo nipote che ora lavora a Nairobi (è abbastanza vaga rispetto a dove si trova Nairobi, ma estremamente orgogliosa di suo nipote). Ha lavorato duramente in piccoli e umili lavori per tutta la sua vita, lavoretti come cucinare, pulire, crescere figli, vendere piccoli oggetti di piacere o per adornarsi ad altre persone. È stata vergine una volta, tanto tempo fa, e poi una femmina fertile sessualmente potente, e poi è passata attraverso la menopausa. Ha dato alla luce e allo stesso tempo affrontato la morte molte volte e sta ora avvicinandosi con maggiore chiarezza alla nascita/morte ogni giorno. A volte i piedi le fanno davvero male. Non ha ricevuto un’educazione adeguata alle sue capacità, un crimine cosí comune da non potere e non dovere essere tenuto nascosto ad Altair. E, notare, non è per niente stupida, ha una dotazione di buon senso, pazienza, senso dell’umorismo e scaltrezza basata sull’esperienza che gli Altariani potrebbero (o no) percepire come saggezza. Ma se gli Altariani sono più saggi di noi, potrebbero percepire quell’intimo intelletto e cuore che noi umani, basandoci sulla sola speranza e sull’intuizione, proclamiamo essere umani. In ogni caso, siccome sono curiosi e gentili, diamo loro il meglio che abbiamo.
Il problema è che lei sarebbe molto riluttante ad accettare e direbbe “Cosa può fare una vecchia come me su Altair? Dovete mandare uno di quegli scienziati uomini, loro saprebbero come parlare a questi buffi uomini verdi. Forse dovrebbe andare il dottor Kissinger oppure cosa ne dite di uno Sciamano?” Sarebbe difficile spiegarle che vogliamo mandare lei perchè solo una persona che abbia sperimentato, agito e accettato l’intera condizione umana - di cui la qualità fondamentale è il Cambiamento - può adeguatamente rappresentare l’Umanità. “Io ?” direbbe, con un pizzico di timidezza “ma io non ho mai fatto niente”.
Ma non si sottrarrebbe. Lei sa, anche se non lo ammetterebbe, che il dottor Kissinger non è andato e non andrà mai dove lei è andata, che gli scienziati e gli sciamani non hanno fatto quello che lei ha fatto. Via, sulla nave, Nonna!
DE SENECTUDE - LA VECCHIA SPAZIALE
(Da Dancing at the edge of the world, libro BELLISSIMO ma purtroppo non tradotto in italiano della maestra Ursula K. Le Guin. Consiglio a tutti di leggerlo in inglese, se possono - qui una mia vergognosa traduzione in italiano)
LA VECCHIA SPAZIALE - The space Crone - 1976
La menopausa è probabilmente uno degli argomenti meno di moda che si possa immaginare e mi sembra davvero interessante, visto che è uno dei pochi temi cui sono collegati brandelli di tabù. Un riferimento serio alla menopausa è in genere accolto con silenzi imbarazzati; un riferimento beffardo provoca invece un lieto sghignazzare. Sia il silenzio che le risatine sono evidenti indicatori di tabù.
La maggior parte delle persone probabilmente considera la vecchia definizione “cambio di vita” un eufemismo per il termine medico “menopausa”, ma io che sto appunto attraversando questo “cambio”, comincio a pensare che sia esattamente il contrario. “Cambio di vita” è una definizione troppo diretta, troppo concreta. “Menopausa”, con la sua accennata suggestione di una pausa oltre la quale le cose saranno come prima, è irrilevante e confortante.
Ma il cambiamento non è affatto irrilevante e mi chiedo come mai molte donne siano sufficientemente coraggiose da gestirlo senza problemi, abbandonando la loro capacità riproduttiva più o meno senza resistere e quando si è esaurita pensano che è fatta. Beh, per lo meno non ho più il Ciclo, dicono, e la sola ragione per cui mi sento cosí depressa, a volte, sono gli ormoni - adesso sono ancora me stessa. Ma questo porta solo ad evitare la sfida reale e a perdere non solo la capacità di ovulare, ma anche l’opportunità di diventare una Vecchia.
Ai vecchi tempi le donne che sopravvivevano abbastanza a lungo da arrivare alla menopusa accettavano più frequentemente la sfida. Dopotutto, avevano già fatto pratica, avevano già cambiato radicalmente la loro vita una volta, quando avevano smesso di essere vergini ed erano diventate donne mature/mogli/matrone/amanti/puttane/ ecc. Questo “cambio” implicava non solo le alterazioni fisiologiche della pubertà - il passaggio dalla sterile infanzia alla feconda maturità - ma un’alterazione dell’essere socialmente riconosciuta: un cambiamento di condizione dal sacro al profano.
Con la secolarizzazione della verginità ormai completamente accettata, il termine “vergine”, un tempo grandioso, è diventato un sogghigno o al massimo una parola un po’ datata per definire una persona che non si è ancora accoppiata e l’opportunità di riguadagnare la condizione pericolosa/sacrale del Secondo Cambiamento non pare più all’orizzonte.
La verginità è oggi un mero preambolo o una sala d’attesa da cui uscire prima possibile - non ha significato. Analogamente, la vecchiaia è una sala d’attesa dove si va quando la vita è finita e aspetti un cancro o un colpo. Gli anni prima e dopo gli anni delle mestruazioni sono residuali: l’unica condizione concessa alle donne è la fecondità. Curiosamente, questa restrizione di senso ha coinciso con lo sviluppo di sostanze chimiche e strumenti che hanno reso la fertilità stessa una caratteristica senza significato o come minimo secondaria della maturità femminile. Il significato della maturità oggi non è la capacità di concepire ma la mera abilità di fare sesso. Poichè questa abilità è condivisa da adolescenti e donne in menopausa lo sfumarsi delle differenze e l’eliminazione delle opportunità è pressoché completa. Non ci sono riti di passaggio perchè non c’è alcun cambiamento significativo. La Triplice Dea ha una sola faccia: forse Marilyn Monroe. L’intera vita di una donna dai dieci/dodici anni fino ai settanta/ottanta anni è diventata secolare, uniforme, priva di cambiamenti. Poichè la verginità non è più collegata alla virtù, non c’è piû alcun significato nella menopausa. Richiede oggi una fanatica determinazione lo sforzo di diventare una Vecchia.
In questo modo le donne, imitando la vita degli uomini, hanno rinunciato ad un punto di forza. Gli uomini sono spaventati dalle vergini, ma hanno una cura per la loro stessa paura: scopare. Gli uomini hanno paura delle vecchie, sono cosí spaventati che non riescono ad usare la stessa cura: sanno che non funzionerebbe. Di fronte alle mature vecchie, solo gli uomini più coraggiosi non si ammosciano e ritirano, avviliti e virginali.
Il Castello Menopausa non é però solo una barriera difensiva, ma una casa completa, completamente attrezzata per le necessità della vita. Avendolo abbandonato, le donne hanno ridotto il loro potere e impoverito le loro anime. Ci sono cose che le Vecchie possono fare, dire e pensare che le Donne non possono fare, dire e pensare. La Donna deve abbandonare ben più delle sue mestruazioni per poterle fare, dire e pensare: deve cambiare la sua vita.
La natura di questo cambiamento è più chiara ora che negli anni passati: la vecchiaia non è la verginità ma una terza e nuova condizione; le vergini devono essere celibi, ma le vecchie no. La confusione che regnava sul tema è stata risolta dalla separazione tra la sessualità femminile e la capacità riproduttiva, grazie alla moderna contraccezione. La perdita della fertilità non significa perdita di desiderio e di pienezza, ma comporta un cambio, un cambio che coivolge temi ancora più importanti (sarà un’eresia?) del sesso.
LA VECCHIA SPAZIALE - The space Crone - 1976
La menopausa è probabilmente uno degli argomenti meno di moda che si possa immaginare e mi sembra davvero interessante, visto che è uno dei pochi temi cui sono collegati brandelli di tabù. Un riferimento serio alla menopausa è in genere accolto con silenzi imbarazzati; un riferimento beffardo provoca invece un lieto sghignazzare. Sia il silenzio che le risatine sono evidenti indicatori di tabù.
La maggior parte delle persone probabilmente considera la vecchia definizione “cambio di vita” un eufemismo per il termine medico “menopausa”, ma io che sto appunto attraversando questo “cambio”, comincio a pensare che sia esattamente il contrario. “Cambio di vita” è una definizione troppo diretta, troppo concreta. “Menopausa”, con la sua accennata suggestione di una pausa oltre la quale le cose saranno come prima, è irrilevante e confortante.
Ma il cambiamento non è affatto irrilevante e mi chiedo come mai molte donne siano sufficientemente coraggiose da gestirlo senza problemi, abbandonando la loro capacità riproduttiva più o meno senza resistere e quando si è esaurita pensano che è fatta. Beh, per lo meno non ho più il Ciclo, dicono, e la sola ragione per cui mi sento cosí depressa, a volte, sono gli ormoni - adesso sono ancora me stessa. Ma questo porta solo ad evitare la sfida reale e a perdere non solo la capacità di ovulare, ma anche l’opportunità di diventare una Vecchia.
Ai vecchi tempi le donne che sopravvivevano abbastanza a lungo da arrivare alla menopusa accettavano più frequentemente la sfida. Dopotutto, avevano già fatto pratica, avevano già cambiato radicalmente la loro vita una volta, quando avevano smesso di essere vergini ed erano diventate donne mature/mogli/matrone/amanti/puttane/ ecc. Questo “cambio” implicava non solo le alterazioni fisiologiche della pubertà - il passaggio dalla sterile infanzia alla feconda maturità - ma un’alterazione dell’essere socialmente riconosciuta: un cambiamento di condizione dal sacro al profano.
Con la secolarizzazione della verginità ormai completamente accettata, il termine “vergine”, un tempo grandioso, è diventato un sogghigno o al massimo una parola un po’ datata per definire una persona che non si è ancora accoppiata e l’opportunità di riguadagnare la condizione pericolosa/sacrale del Secondo Cambiamento non pare più all’orizzonte.
La verginità è oggi un mero preambolo o una sala d’attesa da cui uscire prima possibile - non ha significato. Analogamente, la vecchiaia è una sala d’attesa dove si va quando la vita è finita e aspetti un cancro o un colpo. Gli anni prima e dopo gli anni delle mestruazioni sono residuali: l’unica condizione concessa alle donne è la fecondità. Curiosamente, questa restrizione di senso ha coinciso con lo sviluppo di sostanze chimiche e strumenti che hanno reso la fertilità stessa una caratteristica senza significato o come minimo secondaria della maturità femminile. Il significato della maturità oggi non è la capacità di concepire ma la mera abilità di fare sesso. Poichè questa abilità è condivisa da adolescenti e donne in menopausa lo sfumarsi delle differenze e l’eliminazione delle opportunità è pressoché completa. Non ci sono riti di passaggio perchè non c’è alcun cambiamento significativo. La Triplice Dea ha una sola faccia: forse Marilyn Monroe. L’intera vita di una donna dai dieci/dodici anni fino ai settanta/ottanta anni è diventata secolare, uniforme, priva di cambiamenti. Poichè la verginità non è più collegata alla virtù, non c’è piû alcun significato nella menopausa. Richiede oggi una fanatica determinazione lo sforzo di diventare una Vecchia.
In questo modo le donne, imitando la vita degli uomini, hanno rinunciato ad un punto di forza. Gli uomini sono spaventati dalle vergini, ma hanno una cura per la loro stessa paura: scopare. Gli uomini hanno paura delle vecchie, sono cosí spaventati che non riescono ad usare la stessa cura: sanno che non funzionerebbe. Di fronte alle mature vecchie, solo gli uomini più coraggiosi non si ammosciano e ritirano, avviliti e virginali.
Il Castello Menopausa non é però solo una barriera difensiva, ma una casa completa, completamente attrezzata per le necessità della vita. Avendolo abbandonato, le donne hanno ridotto il loro potere e impoverito le loro anime. Ci sono cose che le Vecchie possono fare, dire e pensare che le Donne non possono fare, dire e pensare. La Donna deve abbandonare ben più delle sue mestruazioni per poterle fare, dire e pensare: deve cambiare la sua vita.
La natura di questo cambiamento è più chiara ora che negli anni passati: la vecchiaia non è la verginità ma una terza e nuova condizione; le vergini devono essere celibi, ma le vecchie no. La confusione che regnava sul tema è stata risolta dalla separazione tra la sessualità femminile e la capacità riproduttiva, grazie alla moderna contraccezione. La perdita della fertilità non significa perdita di desiderio e di pienezza, ma comporta un cambio, un cambio che coivolge temi ancora più importanti (sarà un’eresia?) del sesso.
sabato 7 luglio 2018
SIPARIETTO
Aros Visitor Center, Isola di Skye, Scotland.
Devo fare la pipí e quindi mi avvio verso l’ampio e pulitissimo bagno del grande Centro Visitatori. Entro nel bagno e lo trovo pieno (saranno state una quindicina o una ventina) di donne spagnole cinquantenni più o meno impegnate in diverse attività proprie del bagno delle donne: pettinarsi, lavarsi i denti, truccarsi, fare pipí. Faccio la mia doverosa e breve fila e mi rendo conto che parlano tutte, parlano contemporaneamente, non capisco che brevi spezzoni di small talk e un sottofondo di “es que...” tipico. La cosa che osservo divertita e stupita, però, è che apparentemente tutte parlano e nessuna ascolta.
Faccio quel che devo fare, mi lavo le mani ed esco nel relativo silenzio del Centro - mi rendo conto che sono leggermente rintronata e percepisco il silenzio. Risata, siparietto.
Devo fare la pipí e quindi mi avvio verso l’ampio e pulitissimo bagno del grande Centro Visitatori. Entro nel bagno e lo trovo pieno (saranno state una quindicina o una ventina) di donne spagnole cinquantenni più o meno impegnate in diverse attività proprie del bagno delle donne: pettinarsi, lavarsi i denti, truccarsi, fare pipí. Faccio la mia doverosa e breve fila e mi rendo conto che parlano tutte, parlano contemporaneamente, non capisco che brevi spezzoni di small talk e un sottofondo di “es que...” tipico. La cosa che osservo divertita e stupita, però, è che apparentemente tutte parlano e nessuna ascolta.
Faccio quel che devo fare, mi lavo le mani ed esco nel relativo silenzio del Centro - mi rendo conto che sono leggermente rintronata e percepisco il silenzio. Risata, siparietto.
martedì 3 luglio 2018
COS’È LA DESTRA, COS’È LA SINISTRA...
Oggi è il giorno del decreto “dignità” apprezzato da CGIL, LEU e in forte “odore di sinistra”. Contro Confindustria e il PD. Le critiche dalla CGIL riguardano solo il non ripristino (ebbene sí ) dell’articolo 18. Critiche unanimi dagli economisti più illustri, che hanno un bel sciorinare i dati a dimostrazione che non esiste una “emergenza precariato” - ma chi li vuole sentire i dati? Chi li caga gli esperti?
Continuo una riflessione iniziata quando sentivo dire “Renzi e il PD non sono di sinistra” - la mia riflessione verte sulla difficoltà di definire cosa sono, oggi, “cose di destra” e “cose di sinistra”. Favorire il lavoro o non mollare sui diritti? Rendersi finalmente conto che il lavoro è cambiato e funzione dello stato è ormai creare reti di protezione e lavorare sul serio sulle politiche attive del lavoro (campo totalmente sconosciuto in Italia)? Oppure tutelare (fino alla ridicola tutela di chi per puro caso ha passato un concorso pubblico e quindi ha diritto vita natural durante se scegliere ogni mattina se lavorare o no quel giorno) chi il lavoro ce l’ha già e fregarsene di chi il lavoro non ce l’ha, non avendo ancora realizzato che il lavoro non si crea per decreto? Pensare che gli imprenditori sono sfruttatori e quindi provare nei loro confronti quella immarcescibile diffidenza che porta a penalizzarli, sordi al pernacchio di un mercato del lavoro che vira immediatamente sull’aumento del nero e su nazioni meno diffidenti verso i capitali da investire?…………
Potrei continuare a lungo. Non voglio difendere Renzi, spero che il suo ego rimanga lontano dal centrosinistra per lungo lungo tempo - dico solo che oggi è molto difficile dire cosa è di destra e cosa è di sinistra.
Sicuramente (spero) sia di sinistra riflettere sulle cose, leggere i dati, ragionare, non trovare vie semplici/semplicistiche. Sicuramente oggi questo non si fa.
Continuo una riflessione iniziata quando sentivo dire “Renzi e il PD non sono di sinistra” - la mia riflessione verte sulla difficoltà di definire cosa sono, oggi, “cose di destra” e “cose di sinistra”. Favorire il lavoro o non mollare sui diritti? Rendersi finalmente conto che il lavoro è cambiato e funzione dello stato è ormai creare reti di protezione e lavorare sul serio sulle politiche attive del lavoro (campo totalmente sconosciuto in Italia)? Oppure tutelare (fino alla ridicola tutela di chi per puro caso ha passato un concorso pubblico e quindi ha diritto vita natural durante se scegliere ogni mattina se lavorare o no quel giorno) chi il lavoro ce l’ha già e fregarsene di chi il lavoro non ce l’ha, non avendo ancora realizzato che il lavoro non si crea per decreto? Pensare che gli imprenditori sono sfruttatori e quindi provare nei loro confronti quella immarcescibile diffidenza che porta a penalizzarli, sordi al pernacchio di un mercato del lavoro che vira immediatamente sull’aumento del nero e su nazioni meno diffidenti verso i capitali da investire?…………
Potrei continuare a lungo. Non voglio difendere Renzi, spero che il suo ego rimanga lontano dal centrosinistra per lungo lungo tempo - dico solo che oggi è molto difficile dire cosa è di destra e cosa è di sinistra.
Sicuramente (spero) sia di sinistra riflettere sulle cose, leggere i dati, ragionare, non trovare vie semplici/semplicistiche. Sicuramente oggi questo non si fa.
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