"Per il finale gli interpreti dovevano intonare la parola "casa" in trentacinque lingue diverse.
All'inizio, anche dopo tante prove, non era venuto bene, le voci stridevano, mancava proprio l'armonia a cui aspiravano, poi una donna fece un passo avanti assumendo il comando con la sua voce ricca e flessuosa, un mare color del vino in cui annegavano ricordi di amore e di appartenenza. Presto gli altri la seguirono, e finalmente le trentacinque lingue, come un sola, si unirono in un Magnificat stentoreo, trascendente. Casa. Casa. Casa. Cresceva e aumentava, salí alle travi del tetto, e attraversando i muri raggiunse la strada illuminata, la campagna con i prati e le paludi, il cimitero e l'ovile, sorvolò foreste ammutolite, e arrivò alle savane solitarie e ai bassifondi redolenti, ai mari e oltre, verso destinazioni infinite, bramate.
Non immaginate quante parole esistano per dire "casa" e quali musiche selvagge se ne possono ricavare."
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