venerdì 24 giugno 2016
GIORNO FUNEREO PER LA DEMOCRAZIA
Trovo questo un giorno particolarmente funesto e proprio direi funereo per la democrazia e non solo nel merito - l'uscita della Gran Bretagna mette in serio pericolo molte cose, tra le quali a mio avviso la più grave é sicuramente la tenuta dell'Europa e con essa il prosieguo di settanta anni di pace - ma soprattutto nel metodo. Ancora una volta la democrazia diretta, da molti celebrata come un valore in sè, ha mostrato i suoi limiti e pericoli. In un momento storico in cui il livello culturale - e intendo culturale in senso largo, come capacità di elaborare in senso critico, capacità di comprensione e discernimento, capacità di riconoscere i propri ed altrui limiti - è in caduta, in cui le questioni sono estremamente complesse e vengono vergognosamente consegnate alla democrazia diretta da una politica sempre più in difficoltà ad elaborare e trovare sintesi... In questo momento la democrazia come metodo è a mio parere alle corde ed in assenza di alternative non si discosta granchè dal pericolo autoritarismo nelle sue forme postmoderne di appello diretto e urlato agli stereotipi e alla pancia della gente. L'hanno detto in alcuni, ma non abbastanza - nel miglior modo l'ha detto Saviano.
In questo quadro, il referendum costituzionale mi fa tremare le vene - sarà un massacro di stupidaggini da una parte e dall'altra, ma sappiamo che qualsiasi chiamata alla ragione soccomberà alle chiamate alla pancia.
lunedì 20 giugno 2016
ABBASTANZA INCOMPRENSIBILE
Ci deve essere qualcosa di incomprensibile, sbagliato, favolistico in quanto percepiamo dai media, sentiamo dire, in ciò che forma le nostre convinzioni, in ciò che crea le nostre decisioni di voto. Dall'esterno, da lettrice non accanita ma un po' attenta dei giornali, avrei pensato che Torino fosse ben amministrata, città europea proiettata sulla modernità dopo una difficile transizione dal manifatturiero puro ad un mix tra manifattura e servizi. Sempre dall'esterno, percepivo invece nella bellissima e amatissima Bologna un'amministrazione grigia, incentrata sulla buona città di provincia ma senza appeal, senza "visioni" reali (ma nemmeno illusorie). Però Torino ha rinnegato l'immagine che ne avevo dicendo col voto che non voleva bene alla precedente amministrazione e Bologna invece ha rinnovato il rapporto tra la città e la sua amministrazione. Mi sbagliavo, evidentemente, perché è ridicolo pensare che si siano sbagliati i cittadini di Bologna e Torino. È sicuramente i giornali ed io vediamo solo un pezzo della realtà - ragionato ed articolato ma pure sempre borghese - mentre la realtà è fatta molto anche di pance, di emozioni, di aspettative ed illusioni, di piccole rivincite, di grandi disagi. Sarà bene imparare, in fretta.T
mercoledì 8 giugno 2016
DEI GUFI CHE VEDONO CON CHIAREZZA
Davvero consolante leggere ogni tanto, nel rumore di sottofondo dei gufi ed anti gufi, un intervento diretto ma non semplicistico, condivisibile anche da posizioni diverse, mi viene da dire limpido, anche se magari non è l'aggettivo giusto.
Post di oggi (Facebook) di Claudio Fava)
Tra dieci giorni si voterà per il sindaco di Roma. E io voterò Roberto Giachetti. Non mi sento equidistante dai due candidati al ballottaggio e non credo nel rimedio aristocratico della scheda bianca. Questa città pretende uno scatto di responsabilità: che in politica vuol dire anche metterci la faccia.
Lo dico da uomo di sinistra. Una sinistra in cui taluni preferiscono definirsi per sottrazione rispetto al PD, si ingegnano di applaudire la notte del voto il presunto sorpasso della Meloni su Giachetti, pensano di costruire la propria identità sulle sconfitte altrui. Io non ne sono capace. E punire Roma con un cattivo voto pur di dare un dispiacere a Renzi mi sembra una scelta adolescenziale.
Voterò Giachetti, non la Raggi. Non per pregiudizio contro il Movimento 5 Stelle: conosco e apprezzo il lavoro che molti di loro fanno alla Camera ma mi sento irrimediabilmente lontano dalla supponenza con cui continuano a interpretare la politica applicando solo due categorie: loro e gli altri. Mi preoccupa e mi annoia questo determinismo ariano: la virtù è solo qui, tra noi, gli unici, gli eletti; tutto il resto è miseria, menzogna, opacità… (tranne ai ballottaggi: allora risultano benvenuti anche i voti fascisti di Salvini).
Voterò Giachetti, non Renzi. Da cui mi divide molto e non credo nemmeno di doverlo qui spiegare. Due anni fa siamo usciti in quattordici da SEL. Tredici sono entrati nel PD: io no. Ho contribuito a creare alla Camera il gruppo della Sinistra Italiana, sono da sempre all’opposizione di questo governo ma non penso che la mia funzione parlamentare sia quella dell’antagonismo a prescindere. E sono convinto che tra le esperienze limpide e positive di questi anni ci sia la rielezione a Cagliari del mio amico Massimo Zedda: che da cinque anni governa in modo eccellente, assieme a Sinistra Italiana e al PD, una città che per vent’ anni era stata bottino di guerra della destra.
Voterò Giachetti perché sono certo che sarà un buon sindaco. Perché non è uno abituato a cantare messa, perché ho misurato il suo rigore morale in tre anni di vicepresidenza della Camera, perché mi garantisce la sua esperienza amministrativa, perché mi conforta la sua formazione radicale in una città in cui molte scelte di governo sono state sempre tacitamente delegate alla Curia e al Vaticano. Lo voto perché non lo considero il prodotto di mafia capitale, cioè di una stagione politica miserabile dove tutti (tutti!) hanno dato il loro contributo di complicità, distrazione o incapacità al saccheggio criminale di Roma. Le liste che lo sostenevano, Giachetti le ha portate all’esame della Commissione antimafia ben prima di presentarle: dopo le contumelie e gli isterismi che il suo partito aveva dedicato lo scorso anno al lavoro dell’Antimafia, l’iniziativa di Giachetti non è solo una scelta di trasparenza ma anche – se permettete - di stile.
Lo voto, e lo scrivo. Perché sono stufo di una politica in cui tutto è tattica, convenienza, opportunismo, sussurro, ritorsione, dispetto. E perché anche dentro una sinistra precipitata al 4% esiste ancora il dovere di pensieri, se non proprio lunghi, almeno dignitosi.
Post di oggi (Facebook) di Claudio Fava)
Tra dieci giorni si voterà per il sindaco di Roma. E io voterò Roberto Giachetti. Non mi sento equidistante dai due candidati al ballottaggio e non credo nel rimedio aristocratico della scheda bianca. Questa città pretende uno scatto di responsabilità: che in politica vuol dire anche metterci la faccia.
Lo dico da uomo di sinistra. Una sinistra in cui taluni preferiscono definirsi per sottrazione rispetto al PD, si ingegnano di applaudire la notte del voto il presunto sorpasso della Meloni su Giachetti, pensano di costruire la propria identità sulle sconfitte altrui. Io non ne sono capace. E punire Roma con un cattivo voto pur di dare un dispiacere a Renzi mi sembra una scelta adolescenziale.
Voterò Giachetti, non la Raggi. Non per pregiudizio contro il Movimento 5 Stelle: conosco e apprezzo il lavoro che molti di loro fanno alla Camera ma mi sento irrimediabilmente lontano dalla supponenza con cui continuano a interpretare la politica applicando solo due categorie: loro e gli altri. Mi preoccupa e mi annoia questo determinismo ariano: la virtù è solo qui, tra noi, gli unici, gli eletti; tutto il resto è miseria, menzogna, opacità… (tranne ai ballottaggi: allora risultano benvenuti anche i voti fascisti di Salvini).
Voterò Giachetti, non Renzi. Da cui mi divide molto e non credo nemmeno di doverlo qui spiegare. Due anni fa siamo usciti in quattordici da SEL. Tredici sono entrati nel PD: io no. Ho contribuito a creare alla Camera il gruppo della Sinistra Italiana, sono da sempre all’opposizione di questo governo ma non penso che la mia funzione parlamentare sia quella dell’antagonismo a prescindere. E sono convinto che tra le esperienze limpide e positive di questi anni ci sia la rielezione a Cagliari del mio amico Massimo Zedda: che da cinque anni governa in modo eccellente, assieme a Sinistra Italiana e al PD, una città che per vent’ anni era stata bottino di guerra della destra.
Voterò Giachetti perché sono certo che sarà un buon sindaco. Perché non è uno abituato a cantare messa, perché ho misurato il suo rigore morale in tre anni di vicepresidenza della Camera, perché mi garantisce la sua esperienza amministrativa, perché mi conforta la sua formazione radicale in una città in cui molte scelte di governo sono state sempre tacitamente delegate alla Curia e al Vaticano. Lo voto perché non lo considero il prodotto di mafia capitale, cioè di una stagione politica miserabile dove tutti (tutti!) hanno dato il loro contributo di complicità, distrazione o incapacità al saccheggio criminale di Roma. Le liste che lo sostenevano, Giachetti le ha portate all’esame della Commissione antimafia ben prima di presentarle: dopo le contumelie e gli isterismi che il suo partito aveva dedicato lo scorso anno al lavoro dell’Antimafia, l’iniziativa di Giachetti non è solo una scelta di trasparenza ma anche – se permettete - di stile.
Lo voto, e lo scrivo. Perché sono stufo di una politica in cui tutto è tattica, convenienza, opportunismo, sussurro, ritorsione, dispetto. E perché anche dentro una sinistra precipitata al 4% esiste ancora il dovere di pensieri, se non proprio lunghi, almeno dignitosi.
LA RAPPRESENTANZA
Trovo il risultato delle ammistrative del territorio di Parma una catastrofe - però vorrei spiegare perché, dato che non ho visto argomentare con questo punto di vista che vorrei dare. A Busseto, e anche a Traversetolo, si è ripetuto quello che è già successo lo scorso anno a Fontevivo (mio paese natale e quindi la cosa mi ha fatto veramente imbestialire): il paese ha votato il centrosinistra con percentuali oltre il 50% ma con liste di galletti locali tra loro combattenti (in genere ex assessori contro il sindaco) e si ritrova Busseto un sindaco di centro- destra e Fontevivo addirittura un sindaco LEGHISTA.
Ora, per me non è tanto la sconfitta elettorale che conta, non sono mai stata molto di partito in quanto poco aderente all'identificazione ottocentesca al partito di massa (in questo sono molto giovane perchè nessuno dei nostri giovani lo è) - sono per una identificazione certa di area e valori, ma con posizionamenti critici e variabili sulle scelte politiche.
Non vedo quindi come valore assoluto la vittoria del PD. Vedo chiaramente, però, che in queste situazioni descritte il PD ha mancato la funzione essenziale delegata ai partiti, la loro ragione di essere, cioè l'organizzazione della rappresentanza di un popolo di cui sono espressione. Un fallimento grave a cui si risponderà che il partito non ha strumenti e bla bla bla... A me sembra che manchino, più che gli strumenti, la consapevolezza di cosa si sta facendo e perchè - e l'assunzione di responsabilità (si è dimesso qualcuno degli organismi dirigenti di Parma?)
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