Gaber e Jannacci, che in vitafurono amici fraterni e per lungo tempo compagni d’arte, sono riapparsi insieme sulle scene, quasi fianco a fianco, per una casualità comunque toccante. Sto parlando dei due docu-film Io, noi e Gaber di Riccardo Milani, e Enzo Jannacci – Vengo anch’io di Giorgio Verdelli, usciti quasi contemporaneamente. In uno dei due film, quello su Gaber, compaio anche io, in mezzo a una piccola foresta di capelli bianchi e di senescenza milanese che un poco mi ha reso felice (sono quasi tutti vecchi amici e compagni di avventure), un poco mi ha fatto pensare.
Per carità, non voglio tediarvi con gli anni che passano e le articolazioni che cigolano, è una tale ovvietà che possiamo tranquillamente ignorarla. I vecchi invecchiano, e amen. Cavoli loro. I pensieri che mi sono venuti in mente sono di un altro tipo. Provo a dirla così, brutalmente: quali sono i Gaber e gli Jannacci venuti dopo Gaber e Jannacci? Posto che nessuna generazione, di nessuna epoca, è autorizzata ad attardarsi nel solito, noiosissimo “era meglio prima, eravamo meglio noi”, ritornello talmente sentito che non si può più sentirlo, io avverto il bisogno (è proprio un bisogno, credetemi) di capire se e come è avvenuto il cambio della guardia, e nuovi punti di riferimento altrettanto importanti hanno preso il posto di quelli vecchi.Chiedo ai miei lettori più giovani, in questo senso, un aiuto, un appiglio, una pista da seguire: ditemi, per piacere, chi sono i VOSTRI Gaber a Jannacci, ovvero su quali persone, opere o esperienze – esclusi i classici: dire Omero non vale, nemmeno dire Picasso, o Bob Dylan, o Edith Piaf – avete potuto contare fino a poter dire: lui, lei, quel film, quel libro, quell’artista, sono i miei punti di riferimento anche in termini generazionali. Li riconosco miei compagni di strada, mie guide, miei maestri, interpreti della stessa epoca nella quale io mi sono formato. Sono persone che mi hanno aiutato a capire. Artisti che mi hanno aiutato a sentire.
Enzo era del ’35, Giorgio del ’39. Sono cresciuti nella stessa precisa Milano del boom industriale e delle periferie tristi, delle case editrici ambiziose e dei teatri sprovincializzati che, dopo l’asfissia fascista, guardavano all’Europa, e tutto sembrava nuovo. E sono cresciuti nello stesso preciso, travolgente attimo in cui la televisione (una sola, uguale per tutti) unificava il Paese.
A quelli come loro dobbiamo concedere un vantaggio oggettivo: andare in onda, mezzo secolo fa, voleva dire che un popolo intero, la mattina dopo, sui tram, in treno, negli uffici, nelle fabbriche, ti aveva visto e sentito. Gaber sceglie il teatro dopo che aveva sbancato la televisione, Jannacci canta una canzone impensabile come El portava i scarp del tennis davanti a dieci (quindici? venti?) milioni di italiani, tutti insieme. Il mutamento strutturale della comunicazione rende difficile perfino immaginare quella condizione antica. Forse oggi un eventuale nuovo Gaber o nuovo Jannacci sarebbe impensabile a partire dalle condizioni di partenza: nella galassia sterminata delle reti, dei contatti, delle fonti, nello sbriciolamento dei palinsesti (che oggi sono tanti quanti noi siamo: milioni), nella moltiplicazione esponenziale dell’offerta e del consumo, chi e che cosa può ancora ambire a diventare Punto Fermo? A diventare Maestro?
Negli ultimi anni, nel nostro piccolo cortile italiano, mi vengono in mente solo un paio di eventuali “nomination” – Zerocalcare? Sorrentino? E una donna? Ma in letteratura neanche uno – ma il gioco dei nomi è troppo soggettivo, troppo cangiante, ognuno ha i suoi ed è liberissimo di non essere d’accordo con i nomi degli altri. E io, comunque, non ho più i parametri, ho perduto la chiave, per questo vi chiedo aiuto. Sono sicuro che la vita continua. Ma non so più come continua. Qualcuno sia così gentile da rassicurarmi. Mi dica: dopo di voi, e dopo il vostro transito, sono successe molte cose straordinarie, che voi boomers non avete più la capacità di cogliere e di interpretare. Siete troppo vecchi. Il Pantheon va aggiornato. Prendete nota, boomers, di quello che è successo di bello e di importante, nel mondo (mi accontenterei: in Italia) dopo di voi, dal punto di vista culturale e artistico. Giuro che prendo appunti. Mi rifiuto di invecchiare inchiodato alla mia esperienza e ai miei pregiudizi. Voglio, fortemente voglio, che qualcuno mi avverta che un rapper a me sconosciuto ha avuto la stessa micidiale potenza dei Scarp de tennis, o di Chiedo scusa se parlo di Maria.