domenica 13 maggio 2018

DE SENECTUTE - PREPARARSI

(da Enzo Bianchi, La vita e i giorni, Il Mulino, 2018)
Purtroppo restare giovani sembra l’ideale diventato il primo compito di chi è entrato nella maturità e ancor più di chi è anziano. Il tempo che passa non viene riconosciuto, il corpo che invecchia non viene ascoltato, ma anzi si pensa che occorra apprestare tutto ciò che è possibile affinché risplenda, appaia forte, sia in sostanza giovanile. Rimozione, paura dell’invecchiare come fosse un peccato o una vergogna.

LE PAURE DEI VECCHI
- la paura più frequente è la malattia invalidante, quella che toglie autonomia e autosufficienza e ci mette in mano ad altri
- la paura dell’abbandono e della solitudine, esiti che un tempo nelle culture del villaggio contadino e della piccola città erano quasi impossibili.
- paura della morte nella sofferenza (potrò scegliere?) o nella malattia mentale, nella demenza senile (si diventa estranei alla vita), la difficoltà di morire.

La vecchiaia non è un territorio, non è una situazione, ma è un passaggio, un’evoluzione, un movimento e dunque anche un divenire. Non esiste la vecchiaia ma ci sono vecchiaie, al plurale, e soprattutto donne e uomini vecchi, ognuno con il proprio tragitto e il proprio esito - le rughe in realtà raccontano la vita, sanno narrare fatiche, sofferenze e gioie di una persona, le rughe sono una traccia e su un volto sono narrazione, racconto per chi le guarda (perchè cancellarle?). Vi è un altro segno della vecchiaia, che non viene dal nostro corpo ma dagli altri: l’avanzare degli anni ci priva degli amici raggiunti dalla morte prima di noi,  in una solitudine crescente.

PREPARARSI
Uno dei rischi più frequenti della vecchiaia è quello di diventare cinici e quindi di non avere più grande fiducia, di non nutrire più speranza. La chiusura verso gli altri, la diffidenza verso tutti, l’intolleranza verso ciò che appare come novità producono un ripiegamento su di sé, un’autoreferenzialità che spinge a non ascoltare più nessuno, una pretesa autosufficienza che non riconosce la possibilità della relazione e della comunione. Occorre avere il coraggio di invecchiare perché la vecchiaia è un compito e una sfida. Non bisogna lasciare che la vecchiaia ci sorprenda e ci invada, ma essa chiede in verità un nostro impegno, ci chiede di prendere coraggio per un’avventura che ha dell’inedito, ma è sempre una tappa della vita. Il coraggio richiesto è quello di vivere con semplicità, di vivere il presente senza lasciarsi imbrigliare dal passato e senza guardare al futuro con angoscia. Per avere coraggio occorre armarsi di stupore, sapersi meravigliare, sentirsi parte di una carovana nella quale non si è mai soli - attraversare la vecchiaia non in un viaggio solitario nel deserto ma in un itinerario di persone che camminano insieme, anche se il percorso di qualcuno è più breve.

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