Di ritorno da un bel viaggio di dieci giorni in Germania (Berlino, mar Baltico isola di Rügen, Lubecca, Amburgo, Potsdam, Cottbus Schloss Branitz, Berlino) capita di ricordare gli aneddoti di viaggio che, come é ovvio, riguardano i tedeschi.
Ora, i tedeschi non sono uno dei popoli che si nominerebbe nella classifica dei più simpatici, sia per carattere nazionale (sono chiusi, felpati, difficilmente acchiappabili) sia soprattutto dopo la visita ai musei di Berlino (abbiamo visto il DDR Museum sulla vita nella DDR, il Topographie des Terrors che racconta la storia, l’ascesa, l’ideologia e le azioni del nazismo e soprattutto lo straordinario Jewish Museum che tenta di narrare l’inenarrabile, le atrocità, l’Olocausto di sei milioni di ebrei, mezzo milione di gipsy e rom, duecentomila oppositori politici) che implacabilmente, con dettagliata e dolorosissima durezza, narrano di un popolo completamente avvolto nella follia, nella violenza, nell’inimmaginabile crudeltá,coinvolto e complice, protagonista.
Nel nostro viaggio abbiamo incontrato Michael e sua moglie Sissy (ugandese) che ci hanno invitato a cena una sera a Berlino in un ristorante quasi eccessivamente lussuoso. Michael é un vecchio cliente di Roberto con cui ha lavorato a lungo e sono diventati amici, tanto che anni fa li abbiamo invitati a cena (c’era con loro il bambino di Sissy, splendido) a casa nostra ed é stata una serata veramente piacevole. Altrettanto piacevole la cena a Berlino in cui abbiamo parlato di Uganda e di nuovi progetti, di cibo e affetti. Roberto ed io eravamo particolarmente rilassati dopo dieci giorni di bella vacanza e abbiamo riso e scherzato. Certo, le battute partivano principalmente da noi, ma i due sono stati allo scherzo, hanno riso più che volentieri. Siamo stati bene. Certo, loro non sono proprio i tedeschi medi, ma Michael é evidentemente tedesco fino al midollo ed é un uomo gentile e una brava persona.
Vorrei raccontare due altri episodi che ovviamente non fanno statistica, ma qualcosa narrano.
Il primo episodio ci é capitato all’isola di Rügen, il giorno dopo il nostro arrivo. Prenotiamo on line il viaggio in barca che ci avrebbe portato alle famose scogliere di gesso. Arriviamo sul posto con un’ora di anticipo e ci mangiamo la prima mezz’ora strolicando da dove partiva il battello. Il luogo era attrezzato per i turisti ma i turisti erano tutti tedeschi, quindi tutto era indicato solo in tedesco (e noi ne abbiamo una conoscenza elementare) e ci siamo accorti lì subito il primo giorno che la maggior parte dei tedeschi non parla l’inglese (contrariamente a quello che si pensa). Poi abbiamo cercato il parcheggio per la macchina e ne abbiamo trovato uno abbastanza vicino al molo, piccolo, ma con un posto libero. Qui é iniziato il calvario. Il parcheggio si paga ad una macchinetta con istruzioni solo in tedesco che non riusciamo a decifrare. Arriva una signora che paga rapidamente la sua sosta (la prima ora era automatica, il casino era impostare la sosta per le tre ore che ci servivano). Roberto chiede aiuto alla signora e qui primo miracolo della giornata: la signora (in compagnia di un’amica) parla perfettamente l’inglese e ce ne siamo accorti quando ha cominciato ad inveire in inglese perché non riusciva ad impostare il tempo di sosta che ci serviva (l’amica intanto cominciava ad innervosirsi…). Dopo diversi tentativi ci é riuscita, ma un altro ostacolo ci attendeva: la macchinetta malefica e dispettosa non accettava la nostra carta di credito. Prova e riprova niente. Proviamo a vedere se avevamo abbastanza monete (la macchinetta accettava solo le monete) ma non abbiamo dieci euro in moneta. E mancavano dieci minuti alla partenza del battello! Ormai sull’orlo del crollo nervoso chiedo alla gentile signora se puó usare la sua carta di credito e noi le diamo dieci euro in contanti. La signora accetta sorridente e facciamo. L’avrei baciata: ha sprecato mezz’ora del suo tempo ad aiutare due sconosciuti stranieri ed imbranati (e la sua amica era molto innervosita).
Se abbiamo preso il battello? Sì, dopo una corsa a perdifiato (il molo era lungo almeno 500 metri) con Roberto lanciato sulle sue lunghe gambe che mi ha preceduto allungando “Tratterrò la barca, non li lascerò partire senza di noi”. Quando sono arrivata senza più fiato il marinaio che controllava i biglietti mi ha guardato un po’ canzonatorio “No need to hurry, Ma’am”. Siamo partiti dieci minuti dopo e le scogliere erano bellissime.
Il secondo episodio ci é capitato alla Rathaus (municipio, ma anche sede del Governo in quanto Amburgo é una città Stato e la Germania é una Repubblica Federale) di Amburgo, bell’edificio con una storia molto interessante raccontata da una guida (essendo sede operativa di Governo e Parlamento si gira solo con le guide): ragazza tedesca molto entusiasta dall’eccellente inglese - bella visita. Mi ha fatto pensare però un particolare: ha raccontato tutta la storia dell’edificio e della forma di governo come una storia evidentemente propria, del proprio popolo. Ad un certo punto però “quando sono arrivati i nazisti hanno fatto coprire con una mano di bianco gli affreschi della sala del Parlamento perché a loro non piacevano i fronzoli e hanno fatto tirare via tutte le postazioni dei parlamentari perché loro non avevano bisogno di rappresentanti eletti”. Sono arrivati i nazisti, “loro”, come un’invasione dall’esterno, come se non fossero tedeschi, come solo una parentesi di una storia altrimenti tedesca. Ci ha fatto pensare.
Conclusioni? Nessuna, ovvio, tranne l’ennesima prova dell’estrema complessità di cui siamo circondati.