Avevo giurato a me stessa che non avrei scritto di ius soli, che non me ne sarei occupata e preoccupata - la causa è questo dibattito penoso e fortemente ideologizzato e semplificato che circonda il tema. Ma io dei soggetti destinatari mi occupo e mi preoccupo, non li vedo fisicamente, ma mi occupo della lettura dei dati, dell'ascolto delle narrazioni degli operatori, dei rimandi dei servizi - ovviamente tutto questo "sapere" non viene mai visto, valorizzato, ascoltato, interpellato. Di ius soli devo scrivere, perchè non sopporto di non farlo. Ma per me è fonte di dolore e di bruciante incazzatura.
Prima considerazione: questa legge è positiva, non negativa, ma di una positività che si avvicina - anzi, sfiora - l'irrilevanza. Esiste già una legge che a diciotto anni consente la cittadinanza ed una equiparazione di diritti per i minori che mi sembra completa.
Seconda considerazione: il tema non è la cittadinanza, ma l'inclusione. Tutta questa gente molto benintenzionata che fa della cittadinanza una "bandiera" di sinistra cosa ne pensa della scuola che butta fuori questi ragazzi molto rapidamente, che ancora non sa e non tratta la differenza tra alfabetizzazione primaria e secondaria, di una integrazione che viene praticata come omologazione (e vissuta come separatezza) e non assume e tratta le contraddizioni, i lati oscuri, scaricandoli su questi ragazzi che invece sarebbero una straordinaria occasione di trovare ponti.
Terza considerazione: quando questi ragazzi ci dicono "Noi siamo italiani, ma questo paese non ci vuole" possiamo con sincerità rispondere che non è vero? Secondo me hanno ragione - noi non li vogliamo, non li capiamo, ne abbiamo paura, ci limitiamo a censurare i comportamenti, non andiamo mai ad approfondire, capire le cause, sviluppare le potenzialità, rappezzare i buchi.
Quello che voglio dire, e lo dico con rabbia, è che lo ius soli è una patetica foglia di fico che non cambia pressochè niente della sostanza di un problema gravissimo (ad esempio, senza parlare di sentimenti, buoni o cattivi che siano, è stato stimato che uno dei maggiori svantaggi competitivi dei prossimi cinquant'anni che avrà la regione Emilia- Romagna è questa massa di ragazzi non qualificati, non scolarizzati, fuori da un mercato del lavoro che chiede qualifica, scolarizzazione, elementi di occupabilità) che nessuno vuole vedere a meno che non si manifesti in comportamenti estremi e quindi sanzionabili e criticabili.
Molte cose si potrebbero fare, a cominciare dai percorsi scolastici, dall'organizzazione delle città, dalla lotta contro la povertà minorile sia materiale che culturale, alla cultura come mezzo di inclusione con particolare intensità giocato in particolare sugli adolescenti, al sostegno alla genitorialità. Ma lo ius soli è più facile, fa sentire buoni e di sinistra.
Che rabbia!