sabato 28 giugno 2025

E ANCORA LA FAMIGLIA A GEOMETRIE VARIABILI



 Mi affascinano le geometrie variabili della nostra famiglia.

Già la normalità vede una affascinante distribuzione europea: Anna e Olivia in Svizzera, Luigi a Parigi, noi a Sanguigna. Questa settimana però  le geometrie si sono mosse: domenica Luigi è arrivato a Sanguigna per poco più di una settimana (riparte martedì prossimo) in concomitanza con il compleanno della morosa. Roberto ed io però, mercoledì siamo venuti via da Sanguigna per i nostri circa 20 giorni di vacanza in Canada, mentre nello stesso giorno Anna e Olivia sono partite da Zurigo per l’Idaho (McCall, nota località sciistica) per essere presenti alla settimana statunitense di matrimonio (ci mettono molto più tempo di noi a sposarsi negli Usa, una settimana di festeggiamenti -e molto meno tempo di noi poi a divorziare) del suo “fratello” americano. L’Anna è andata esattamente vent’anni fa a Boise, in Idaho, per il suo anno da exchange student AFS e là aveva una “sorella” di un paio d’anni più piccola ed un “fratello” della stessa età di Gigi, 7 anni. Ora questo ex bambino si sposa e ha 27 anni, come Gigi. Adesso i “genitori” vivono a McCall

Ad oggi, quindi, la geometria è che Gigi è a Sanguigna, Roberto ed io siamo a Calgary, Anna ed Olivia a McCall, Idaho. Come avrebbe saggiamente commentato mia nonna, tutti “scappati da casa”.

[e qui devo aprire una parentesi buffa. Oggi, mentre stavamo visitando un parco heritage canadese, ci sono arrivate le prime foto dell’incontro con la famiglia USA, soprattutto come sempre di Olivia, che era preoccupata del fatto che non parlava l’unica lingua del luogo - l’inglese. Dalle foto con tre bimbi biondi di Christine, la “sorella” di Anna, non sembra però un grande problema. Roberto ha cominciato ad agitarsi al pensiero che in effetti Anna e Olivia sono “vicine”. Usando Google Maps, Calgary e McCall appaiono divise da “soli” 1000 Km e 11 ore di viaggio. “Se partiamo adesso domattina  portiamo loro i croissant a colazione!”. L’età avanzata non gli ha permesso di concretizzare…].

E tra una settimana? Tra una settimana noi saremo a Vancouver, Anna, Olivia e Andre (che le raggiungerà)  in California in vacanza, Gigi a Parigi (linea che ritorna al suo posto - qui mio suocero avrebbe commentato “qualcuno deve pur lavorare”…). Ma va bene finché le nostre linee riescono con una certa frequenza a intersecarsi, senza impazzire completamente…

Anna ed Olivia pronte per il matrimonio

martedì 24 giugno 2025

MEMORABILI GIORNI

 I giorni in cui si dipana la nostra vita non sono quasi mai memorabili. Facciamo cose, viviamo al meglio che possiamo, schivando la sofferenza e concedendoci piccoli e grandi piaceri - quelli che sappiamo, quelli che vogliamo, quelli che possiamo.

Ogni tanto, però, una scadenza, la fine e/o l’inizio di qualcosa, una vecchia foto, un ricordo, ci colpiscono e fissano un giorno che assume contorni un po’ più chiari, più “memorabili”. Lunedí scorso Olivia ha preparato con l’aiuto dei suoi genitori (entrambi molto bravi in cucina) la torta da portare alla Kita (l’asilo che ha frequentato per tutta la sua breve vita) per festeggiare il suo ultimo giorno di frequenza. Da agosto sarà “promossa” al Kindergarten, lo step scolastico successivo, da bambini più grandi (in mezzo, sontuose vacanze negli States, una decina di giorni con i nonni e una puntata di qualche giorno a Sanguigna).


Prevedibilmente, Anna lamentava con un po’ di nostalgia: lo scorrere veloce del tempo, di quanto Olivia sia diventata grande. Poi, con l’aiuto dei mezzi tecnologici ormai così familiari, ha tirato fuori il memorabilia che serviva.


Questa è Olivia, reduce dal suo primo giorno di Kita, stanchissima, 26/11/2021. Sempre adorabile.

lunedì 23 giugno 2025

CON CALMA E PER FAVORE

 Sull’Iran cerco di farla breve (che a farla lunga già ci pensano i B-2). Rileggo e risento parole quasi identiche ai precedenti casi di “bonifica” a mano armata di stati retti da regimi dispotici: Afghanistan e Iraq, indimenticabili catastrofi dell’allora coeso “Occidente” che vestiva i panni, già allora piuttosto logori, del dispensatore di giustizia e libertà. I talebani e i capitribù del fondamentalismo sunnita ancora ringraziano.


Ve la dico secca: se funzionasse – se per davvero gli ayatollah sprofondassero e quel grande popolo tornasse libero – potremmo anche fare finta che non esista il diritto internazionale, che l’aggressore e l’aggredito siano ruoli invertibili a seconda della convenienza, che l’arma atomica sia sacra per noi altri ma una bestemmia se negli arsenali altrui, che l’incolumità dei civili bombardati conti meno della liberazione di un popolo intero, che l’obiettivo sia veramente allargare la democrazia e restituire dignità alle persone – chiunque pensi alle ragazze iraniane capisce di che cosa si sta parlando.
Ma non funziona. Non funziona proprio tecnicamente, la libertà non è una medicina da somministrare con la violenza: il paziente te la sputa in faccia. (Mi viene in mente una vecchia barzelletta. Gesù incontra un paralitico e gli ordina, con voce tonante: “alzati e cammina!”. E il paralitico, piuttosto seccato: “con calma e per favore”).
Se poi il liberatore ha la caratura morale e il curriculum politico di Trump e di Netanyahu, e l’ecatombe di Gaza come biglietto da visita fresco di stampa, come può accampare qualunque genere di superiorità etica? Come può un assalitore del suo Parlamento, un censore delle Università, un finto cristiano che ha insediato nel Palazzo una predicatrice ossessa con il compito di “difendere la fede”, essere un paladino della libertà e dei “valori occidentali”? E l’uomo che imprigiona, asseta e affama una intera comunità umana definendola “terrorista”, potrebbe essere considerato anche dal più accanito e disperato oppositore del regime di Teheran qualcosa di diverso da un energumeno del tutto indifferente alle sorti delle persone umane?
Mi fermo qui, che poi si scivola sempre di più nel cattivo umore, nei sentimenti scomposti, e non è il caso. Mi limito ad aggiungere che un cittadino europeo senza Europa si sente tremendamente solo. “Non rappresentato”, si dice in politologia. Più semplice dire: tremendamente solo. Fine dello sfogo.

C’è ancora spazio per l’angolino comico. Nel momento stesso in cui bombardava l’Iran, Trump ha detto: “L’Iran deve porre fine a questa guerra”. Nemmeno Monty Python.
(Michele Serra, Ok Boomer, il Post, oggi)

sabato 21 giugno 2025

ARE WE RULED BY A KING?


“Are we ruled by a king?” asked Rabbit.

“No” said Bear “We are ruled by those who think we’ve forgotten our own power”
“But don’t kings make the rules?” asked Rabbit.
“They try” said Bear  “But rules built on fear and greed don’t hold if we refuse to bow”
“So what we do?” asked Rabbit
“ We remember who we are” said Bear “and we stand even when our legs shake”
“Even if we’re small?” asked Rabbit.
“Especially then” said Bear “because the world changes when those without crowns remember they still have voices”


lunedì 16 giugno 2025

PICCOLA POESIA

 Do not ask your children

to strive for extraordinary lives.

Such striving may be admirable

but it is the way of foolishness.

Help them instead to find the wonder

and the marvel of an ordinary life.

Show them the joy of tasting

tomatoes, apples, and pears.

Show them how to cry

when pets and people die.

Show them the infinite pleasure

in the touch of a hand.

And make the ordinary come alive for them.

The extraordinary will take care of itself.


   - William Martin



[Image: An Invitation to Fairyland (2007) illustration by Jean and Ron 

martedì 10 giugno 2025

STANOTTE

 Dolce e chiara è la notte e senza vento,

e queta sovra i tetti e in mezzo agli orti

posa la luna, e di lontan rivela

serena ogni montagna ...


Giacomo Leopardi - da  La sera del dì di festa (da Canti) prima strofa


(Strawberry moon stanotte)

venerdì 6 giugno 2025

E SONO ANDATA AD ASCOLTARE SERRA

 

Stasera sono andata a sentire Serra - l'incontro era proposto dal Festival della Lentezza ed il tema era "il limite" (con accentuazione sul "rispetto"). Non è stato un grande incontro, in gran parte perché il Festival lo ha organizzato come confronto intergenerazionale (a colloquiare con Serra c'era una giornalista - giornalista? forse no - giovanissima) e non è mai una buona idea, secondo me. Poi, forse, ho percepito che Serra sta passando un periodo in cui la sua eccezionale leggerezza ed ironia sono messe a dura prova da un mondo che lui ha definito "sconquassato". 

Alcuni amici hanno fatto trapelare da Whatsapp un leggera ed educata ironia su questi miei "maestri" che pervicacemente vado ad ascoltare appena posso. Io stessa mi sono un po' perculata da sola pensando a questo mio "vizietto" di passare un'ora o due ad ascoltare cose intelligenti. 

Intanto che ascoltavo, però, ho realizzato che ciò che mi guida in questi momenti è la fiducia nella parola. Quasi impossibile, ma credo ancora e traggo profonda soddisfazione dalle parole, dai ragionamenti, dal confronto - mi rende felice imparare o capire qualche linea di interpretazione della realtà che fino a quel momento mi era sfuggita. Tutto intorno a me, a noi, testimonia il contrario. Forse dovrei smettere, ma non mollo qualcosa che mi fa felice per un po'.




lunedì 2 giugno 2025

NON PER I SOLDI

 Il ritiro dalla politica di Elon Musk (il tecno-stallone: le fonti più aggiornate lo danno padre di 14 figli ottenuti con procedimenti svariati, tra i quali non stupirebbe scoprire l’inseminazione orbitale o via mail. Ma questa è una mia digressione quasi sleale, perché è di tutt’altro che voglio parlare). Il ritiro dalla politica di Elon Musk, dicevo, ha rimesso in circolazione nella mia testa una domanda ricorrente da un paio di decenni a questa parte. In estrema sintesi: perché tanti poveri votano per la destra politica, a fronte di zero provvedimenti della medesima in loro favore, e anzi – vedi Musk e il suo per fortuna breve operato con il DOGE – di drastiche riduzioni delle tutele sociali e dei servizi pubblici? Adesso provo a formulare più per esteso la domanda.


Prendiamo per buona l’ipotesi che “la sinistra” (termine indicativo e di comodo) abbia perduto smalto, e voti, perché ha tradito la sua funzione storica di difesa dei lavoratori salariati e, in generale, dei ceti popolari. Oppure che quella funzione storica l’abbia, diciamo così, esaurita nel corso del Novecento, guidando dentro la Polis il proletariato, le donne e tutti coloro che prima non erano rappresentati, come i “cafoni” che Di Vittorio convinse a studiare e portare il cappello proprio come i signori, trasformandoli in attori politici, non più spettatori del potere altrui; e adesso, finita quella storia nitida e gloriosa, non sappia più che fare di se stessa, e sia davvero, come dicono i suoi detrattori, smarrita dentro le Ztl, a occuparsi troppo poco di salari e troppo di Lgbtqi+ e ulteriori lettere dell’alfabeto in arrivo. E che, di conseguenza, parte dei ceti popolari si rivolga alla “destra” (termine indicativo e di comodo) diciamo così “per vendetta”, per voltare le spalle a chi le ha voltate a loro; e per cercare nuove difese, nuove rappresentanze.


Bene. Per quanto esteso e grave sia il fenomeno della disinformazione, non è lecito immaginare che queste masse di elettori siano così sprovvedute, così all’oscuro della realtà in cui tutti viviamo, da votare serenamente per chi li affama, li licenzia, li considera zavorra sociale. E da non sapere – per fare l’esempio più eclatante – che votando Trump hanno insediato alla Casa Bianca un governo di miliardari ultraliberisti, nemici del Welfare. Una parte di quell’elettorato “povero” magari non avrà contezza della politica economica dell’amministrazione Trump; ma una parte sì, sia pure per sommi capi non può non averla; e vedendo alla Casa Bianca una parata di nababbi, di monopolisti, tutti maschi bianchi, forse il più grande comitato d’affari mai visto al mondo dai tempi della Compagnia delle Indie, brindare felici, come possono sentirsi rappresentati socialmente quegli operai, contadini, sottoccupati americani che abitano così lontano dai grattacieli e dalle luci delle grandi città?

Con tutte le incertezze e i dubbi del caso, vi do una delle risposte possibili (comunque, la mia). Penso che una lettura solo economica della politica non basti per metterla a fuoco. Ci sono componenti sentimentali, culturali, psicologiche, ideologiche che pesano tanto quanto. Il fenomeno “poveri che votano per i ricchi” si sottrae, per definizione, a una spiegazione fondata sulla convenienza economica – nessuno è così stupido e così privo di dignità da pensare che l’eventuale obolo dei signori sia più vantaggioso e sicuro del Welfare.

Se si vota per la destra populista, è soprattutto per una necessità ideologica. Nel disordine, nel mutamento, nella confusione, “tornare alle buone vecchie cose di una volta” consola e rassicura, è una luce nelle tenebre, e poco importa che le buone vecchie cose di una volta non fossero poi così buone. Dio, Patria, Famiglia, i valori tradizionali, il passato così come la memoria – tradendoci – ce lo consegna, migliore di oggi, più sicuro di oggi, più protettivo di oggi. È questo, credo, il nocciolo del successo della destra reazionaria: avere una fisionomia reazionaria, una parlata reazionaria, una struttura culturale reazionaria, che soddisfa pienamente il suo pubblico, e pazienza se dietro la facciata iper-tradizionalista avvengono le grandi manovre per il controllo tecno-plutocratico del pianeta. “In fondo, è stato sempre così, i ricchi si fanno gli affari loro”, pensa guidando il suo pickup l’elettore di Trump. Ed è uno dei tanti “è sempre stato così” che costa troppa fatica analizzare e contraddire. Per lui è più importante, più gratificante sapere che studenti e professori di Harvard, con tutte quelle fisime sul sesso e sui diritti, tutta quella promiscuità con gente straniera, tutto quel parlare difficile, finalmente devono chiudere il becco. Perché al potere, adesso, c’è lui, non loro.

E la sinistra? Beh, se è vero che la domanda, sul mercato della politica, non è solo economica, è anche ideologica, allora la sinistra non deve avere paura di tornare a essere fieramente ideologica, che non vuole dire, per carità, dogmatica; vuol dire avere idee sul mondo e sulla società, e articolarle bene, in maniera da renderle comprensibili anche alle persone semplici. Quando il rettore di Harvard parla della comunità universitaria “che viene da tutto il mondo”, e un boato commosso accoglie queste semplicissime parole; quando aggiunge che “qui avete imparato a considerare la curiosità una condizione in cui vivere”, ecco, in poche parole ha detto forse le due cose fondamentali che i progressisti, da sempre, e tanto più adesso, hanno da contrapporre ai reazionari: il cosmopolitismo, che è il contrario del nazionalismo, e la curiosità per le cose che cambiano, che è il contrario della paura che le cose cambino. Bene anzi benissimo battersi per salari decenti (quelli italiani sono indecenti) e per il Welfare. Ma battersi per il futuro, e contro il feticismo del passato che è la bandiera dei reazionari, è almeno altrettanto importante. Trump contro Harvard, e viceversa, è un caso di scuola, e sapere da che parte stare non è banale tifo politico. È proprio una maniera di vedere il mondo, e di stare al mondo.

(Michele Serra, OK Boomer, Il Post, oggi)

solo una brevissima chiosa: forse Serra un po' minimizza l'effetto manipolazione, fake news, risposte semplicistiche a problemi complessi. E la speranza che propone, secondo me perfettamente, al momento sembra soccombere alla paura.... forse però se si lavorasse veramente e indefessamente per la speranza, chissà...