venerdì 25 aprile 2025

DANCING ANIMALS


 I once told my wife I was going out to buy an envelope:


“Oh,” she said, "well, you're not a poor man. You know, why don't you go online and buy a hundred envelopes and put them in the closet?” 

And so I pretended not to hear her. And went out to get an envelope because I have a hell of a good time in the process of buying one envelope.


I meet a lot of people. And see some great looking babies. And a fire engine goes by. And I give them the thumbs up. And I'll ask a woman what kind of dog that is. And, and I don't know. The moral of the story is - we're here on Earth to fart around.

And, of course, the computers will do us out of that. And what the computer people don't realise, or they don't care, is we're dancing animals. You know, we love to move around. And it's like we're not supposed to dance at all anymore.


Let's all get up and move around a bit right now...or at least dance.


~Kurt Vonnegut




sabato 19 aprile 2025

MILLE COSE CHE NON SCELSI

 E ci furono mille cose che non scelsi,

che mi arrivarono all’improvviso

e mi cambiarono la vita.

Cose belle e brutte che non cercavo,

sentieri in cui mi smarrii,

una vita che non mi aspettavo.


E scelsi, almeno, come viverla.

Scelsi i sogni per decorarla,

la speranza per sostenerla,

il coraggio per affrontarla.


Rudyard Kipling

mercoledì 16 aprile 2025

NO OTHER LAND

Ho visto stasera, da sola e nella mia cucina, No other land.

Sono sconvolta. Per la prima volta mi rassegno al pensiero che Israele ha pianificato come strategia di risoluzione al problema medio-orientale il genocidio e lo sta attuando in molte forme ma con crudele coerenza. Non riesco a credere che il popolo di cui ha fatto parte Boolie, di cui fanno parte Eshkol Nevo, David Grossman, Etgar Keret, Amos Oz, sia lo stesso popolo che come unica strategia ha la cancellazione del popolo palestinese. Eppure l’ho visto stasera, girato dal vivo, da due ragazzi armati solo di videocamera e computer e telefonino.

E no, nessuna aggressione giustifica un genocidio, no, è semplice, non c’è tanto da discutere.

E penso all’assurdità, allo spreco di tutto questo e a come la storia forse è inutile, se il popolo che ha subito il genocidio ne sta perpetrando uno (allo stesso modo in cui un popolo costituito tutto da immigrati che hanno praticato il genocidio degli indiani d’America voglia chiudere le porte all’immigrazione e deportare gli immigrati).


Sono tempi terribili quelli in cui i pazzi guidano i ciechi…

William Shakespeare - da Re Lear (Atto IV scena I - Gloucester)

mercoledì 9 aprile 2025

ANCORA DI FRASI ICONICHE

 Stamane, appena sveglia e un po’ rincoglionita, scendo le scale avvolta nel mio maglione che ho messo per conservare almeno un poco il calore del letto. Mentre scendo, sento Roberto che armeggia intorno alla stufa per riavvivare il fuoco e, appena si accorge del mio arrivo, comincia a ripetere “È un miracolo la democrazia, davvero, è un miracolo la democrazia”.

Arrivata giù ho chiesto perché. “Ma non è un miracolo che una giovane donna della Garbatella, che parla in romanesco e non si è nemmeno laureata incontri da pari a pari il re e la regina d’Inghilterra, i sovrani per definizione? Solo la democrazia può compiere un miracolo così “. Pausa. “E pensare che fanno di tutto per calpestarla e disfarsene, davvero pazzesco”.

Ineccepibile. È più o meno la stessa cosa per la quale un patetico pallone gonfiato diventato per congiuntura astrale (speriamo irripetibile) vicepresidente degli Stati Uniti, insulta pervicacemente l’Europa usando l’inglese….

E comincia un altro giorno.



lunedì 7 aprile 2025

I LIMITI DEI LIMITI

 ( Michele Serra, OK Boomer, il Post, oggi)

Credo di non avere mai scritto e letto la parola “limite” così tante volte come negli ultimi anni. Così tante che rischio di averla in antipatia, come capita con le parole troppo usate. Eppure, non c’è sinonimo o perifrasi che possa rimpiazzarla. Limite è una parola implacabile, vuol dire “oltre non si può andare”, a partire dal limite più noto e spiacevole, che è la fine della vita.


Limes ha origini agrimensorie e militari, ma è poi passato a indicare qualcosa di profondo e di importante nella vita individuale così come in società. Il senso del limite coincide, per (quasi) tutti noi, con l’idea che non tutto ci è consentito, che il rispetto degli altri pone evidenti limiti ai nostri comportamenti. Abbiamo dei limiti, c’è un limite a tutto, quel bullo ha superato ogni limite, eccetera. Ogni forma di educazione prevede, tra i passaggi più difficili, la necessità di insegnare ai piccoli che ci sono dei limiti: il loro naturale (e commovente) sentimento di onnipotenza, di libera espansione, di libertà sfrenata, prima o poi dovrà fare i conti con l’esistenza degli altri. Si nasce smisuratamente liberi, si cresce prendendo atto che non è completamente vero. Mica facile, come nozione.

In questo preciso momento della storia umana quel concetto è diventato, almeno così mi sembra, il vero oggetto del contendere della politica e dell’economia, e anche di qualcosa di più della politica e dell’economia. Porre dei limiti al potere – a partire dalle auree intenzioni di Pericle l’ateniese – è l’essenza di ciò che chiamiamo democrazia. E se ci siamo arrivati abbastanza vicino solo da un paio di secoli, dopo due o tre millenni di autocrazia, teocrazia, dittatura, assolutismo, vuol dire che ci è voluta una gran fatica. Perché pretendere illimitato il proprio potere, quello politico e quello economico, è l’obiettivo degli autocrati, degli straricchi e, per dirla con semplicità quasi infantile, dei prepotenti.

Di quelli che tendono ad allargarsi troppo, a prevaricare sugli altri, a non tenere conto – appunto – dei limiti che sono stati tracciati a salvaguardia della libertà e del diritto di tutti. È questo il vero grande punto di tensione, in buona parte del mondo. La democrazia pretende il limite, su quello si fonda. Non solo la socialdemocrazia, che ha o dovrebbe avere l’evidente scrupolo di tutelare la maggioranza della società dall’ingordigia di pochi; anche la democrazia liberale, che pure tiene in grande conto l’intraprendenza di ciascuno e valorizza l’iniziativa privata, però dentro una cornice di leggi e regole accettate da tutti. Entro limiti ben definiti. Per questo, precisamente per questo, Putin, Trump, Musk odiano la democrazia. Perché dove prevale la democrazia, muore la loro arroganza.

Bene. A questo punto vi sarete fatti l’idea che io mi senta dalla parte del limite: ed è un’idea giusta, perché odio i prepotenti, amo i rispettosi. Ma è un’idea incompleta. Perché il mio omaggio al limite è incrinato da un dubbio importante. Penso, anzi scopro ogni giorno, che il senso del limite ha un difetto (lo stesso difetto della democrazia?). Nella sua capacità di accettazione, nel suo stoicismo, nella sua cognizione che esiste una giusta misura, e il resto è smisuratezza che porta alla rovina e alla guerra, il senso del limite contiene il germe della rassegnazione. Non è entusiasmante, non indica qualcosa di sconosciuto da raggiungere, esclude l’utopia, la straordinarietà, il colpo di vita. Non produce adrenalina, il limite, se non nel desiderio del suo superamento.

L’elogio del limite è tipicamente “da vecchi” che non riescono a toccare il cuore dei più giovani. È un ottimo punto di arrivo, non può essere una base di lancio, è un luogo di approdo (decoroso, anche ammirevole), ma non ha la spinta propulsiva dell’inizio. Va bene crescere, ma rinchiudere quella bestia che siamo in un bozzolo di saggezza riesce davvero a esprimere “il senso della vita”? Ci sono, tipicamente, anche limiti da scavalcare se non da distruggere, pensate a certe frontiere, pensate al Muro di Berlino che fu uno dei supremi monumenti alla ottusità umana, pensate al pregiudizio e al conformismo, che limitano lo sguardo fino alla cecità. Pensate all’ingegnosa avventura dei nostri simili con gli impedimenti più vari (malattie croniche, amputazioni, blocchi motòri) che con i loro limiti combattono ogni giorno, e non se ne lasciano condizionare – uno lo incontro spesso, sulla sua handbike, che sfreccia lungo la mia stessa strada, rasoterra, invincibile, sembra un Mas sull’asfalto: prova a dirglielo, a uno così, che deve accettare il limite…

E dunque? E dunque non è facile giocarsela, tra la realtà e il sogno, tra il senso del limite e la grande emozione che ci dà andare più in là con lo sguardo. Benigni ha intitolato “Il Sogno” il suo acceso, bellissimo monologo sull’unità europea, così che fosse ben chiaro che ne siamo paurosamente lontani, dall’unità europea. E così da non dimenticare che per vivere dobbiamo anche sognare. Sognare, beninteso, qualcosa che non c’è, perché le cose che già abbiamo sono importanti (la democrazia importantissima, e per niente scontata), ma se smettiamo di immaginarne di nuove, e di diverse, il presente diventa una gabbia. Un limite soffocante.
Voi, per esempio: sognate ancora? E che cosa sognate? sognate?

 

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Caro Michele,
ho questo pensiero: perché non dovrei iniziare a pensare agli statunitensi come nemici? Sono attento alle parole che uso, indirettamente grazie alla tua scrittura e direttamente grazie al Post (e al Nanni Moretti di Palombella Rossa). Quindi non scrivo con leggerezza: dico ‘statunitensi’ e non Trump perché, alla fine, Trump e la sua amministrazione sono stati democraticamente eletti; e dico ‘nemici’ perché mi sembra che l'idea fondamentale radicata nella maggioranza degli statunitensi, e validata dal loro leader - un'idea di superiorità, di benessere proprio al di sopra degli altri, di prevaricazione a qualsiasi costo - sia ormai incompatibile con i valori europei di collaborazione e sviluppo”.
“Con gente che ragiona così; che sta bene solo essendo in cima; che pensa che il mondo sia una piramide alla cui sommità può stare un solo Stato; ecco, io con gente così non so in che modo possa essere alleato, e come si possa ambire a uno sviluppo comune. E come altro posso chiamare chi ha una visione così radicalmente diversa dalla mia, se non ‘nemico’? Non vedo questo fatto come necessariamente negativo. Anzi, trovandomi d'accordo con ciò che ha mosso la tua manifestazione del ‘Make Europe’ di qualche settimana fa, vedo questi mesi come utili per migliorare la nostra Europa e la nostra Italia. Vedremo che succederà. Magari avrò ragione a pensarli nemici, magari una parte del popolo statunitense si ribellerà, magari economicamente avrà ragione Trump ma politicamente sarà un disastro non appena le altre nazioni avranno recuperato il gap. Ma di sicuro la Storia cambierà
”.
Filippo G, 31 anni

Caro Filippo, ho sempre pensato che gli americani siano europei “espansi”. Fuggiti dagli spazi ristretti e pure dalle ristrettezze economiche e politiche dei paesi d’origine, si sono affacciati a quella sconfinata, esaltante enormità, e libertà d’azione. E si sono accesi di una luce nuova, abbagliante e feroce. Hanno sterminato e sottomesso i nativi, importato schiavi dall’Africa, e viaggiato verso un Ovest illimitato. Hanno costruito un’epica della forza, dell’intraprendenza e del progresso tecnologico che forse non ha eguali nella storia umana. Il limite, per quei coloni bianchi, era un concetto insensato, e sull’assenza di limite hanno costruito la loro potenza imperiale. Bastava portare il bestiame e la ferrovia qualche miglio più a Ovest, quale limite poteva mai impedirlo?

Poi l’immigrazione (da tutto il mondo) e la costruzione di una democrazia fino a qui quasi impeccabile hanno cambiato, e di molto, l’America, e anche la nostra idea dell’America. Il suprematismo bianco di Trump è un cascame feroce, patetico e pericoloso di una epopea ormai remota. Molti degli americani moderni lo sanno, e vedrai che reagiranno. Tra un democratico della East Coast e un democratico europeo le affinità sono parecchie: hanno in comune molte convinzioni. Lo stesso vale per un leghista italiano e un attivista “Maga” del Middle West: si intendono al volo. È una storia incredibile e non conosciuta quanto meriterebbe: ma l’elmo cornuto indossato da uno degli energumeni che assaltò il Campidoglio era appartenuto a un leghista italiano della prima ora.

La spaccatura tra i rispettosi e i prepotenti, tra i gentili e i brutali, tra i democratici e gli antidemocratici, è trasversale ai popoli e alle nazioni. È globalizzato anche il conflitto politico. Pensa che anche in Cina – fin qui non un modello riconosciuto di democrazia – la battaglia per i diritti delle donne ha un suo corso, una sua forza, e ha conquistato un posto rilevante nel dibattito pubblico. Dunque non sono “gli statunitensi”, i nemici della tolleranza. Né “i cinesi” i nemici dell’uguaglianza di genere. Il mondo è tagliato a metà, trasversalmente, e la cosa importante è cercare di stare nella metà giusta. E rafforzarla.


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Primavera in gloriosa esplosione. Tardivi i faggi, ancora del tutto dormienti le tre albinie del mio giardino, si muovono veloci i tigli e le querce, gli olmi e gli ornielli, i carpini e le svariate famigliole dei pruni. Tra quindici giorni avranno tutti la chioma nuova. Viole a migliaia, ma sembrano milioni. Già in fiore, da giorni, i biancospini.
L’altro giorno, non di buon umore per avere letto un paio di mail stupidamente acide, e rabbuiato per le notizie dal mondo, scendendo in paese ho visto che stava trafficando attorno alle api, cinto di tuta e maschera, il giovane apicultore che se ne occupa come il buon pastore del suo gregge. Ho abbassato il finestrino, lui ha sollevato la maschera. Gli ho chiesto: “Tutto bene? Come stanno le api?”. Mi ha risposto, con un grande sorriso: “ciliegi tutti in fiore! Api contentissime!”
Il mio umore si è subito sintonizzato su quello delle api. Un saluto ronzante. In alto i cuori.

domenica 6 aprile 2025

AFFANCULO L'UOMO RAGNO

 

Affanculo l’uomo ragno

Certo che è una semplificazione, e tutto è molto complesso e con aspetti e variabili che hanno valori e importanze proprie: ma se proviamo a guardarla  un po’ da lontano, quello che la presidenza di Donald Trump sta imponendo al suo paese e proponendo al mondo è il capovolgimento di quella frase dello zio dell’uomo ragno che su blog avete letto spesso, e che so di ripetere noiosamente da tanti anni: “da un grande potere derivano grandi responsabilità”.

Le nostre società e culture hanno costruito nei secoli, con fatica, e senza riuscire a convincere tutti, l’idea che chi è più forte debba farsi carico del bene di chi è più debole: senza riuscire a convincere tutti, certo, ma facendo passare l’idea che i non convinti siano nel torto. Abbiamo stabilito che chi è più ricco paghi più tasse per aiutare chi è più povero; abbiamo stabilito che gli adulti facciano per i bambini maggiori sacrifici di quelli che i bambini fanno per gli adulti; abbiamo stabilito che gli stati – ovvero tutti noi – si facciano carico di curare i malati, istruire gli ignoranti, proteggere i deboli (riuscendoci non sempre, ma l’idea è condivisa). Abbiamo creato leggi che impongano ai privilegiati sacrifici a tutela dei danneggiati. Abbiamo convenuto che le persone più influenti debbano cercare di essere di maggiore esempio con i loro comportamenti.

Abbiamo insomma stabilito che da un grande potere derivino grandi responsabilità. Ripeto, non abbiamo convinto tutti, ma abbiamo fatto passare che fosse la cosa giusta.

Ora “l’uomo più potente del mondo” ha azzerato tutto questo e proclamato che invece da un grande potere deriva un grande potere, punto. Affanculo le responsabilità. Che maggiori ricchezze, risorse, forza non siano uno strumento per aiutare chi ha meno, e quindi per migliorare le condizioni delle comunità e la convivenza, ma uno strumento per averne ancora di più, di ricchezze, risorse, forza, tra i paesi, e all’interno dei paesi.

L’idea che gli stati si aiutino tra loro e collaborino – gli stati liberi e democratici – aveva avuto un’accelerazione ottant’anni fa, dopo la Seconda guerra mondiale. Gli stati si erano fatti la guerra per secoli, ognuno con l’obiettivo di diventare più ricco, più forte, più potente, a danno degli altri: a un certo punto questo approccio aveva rischiato di portare alla distruzione di tutto e di tutti, e gli stati – molti di loro – avevano imparato che allearsi e favorire la convivenza non era una questione da “comunità hippy”, come direbbe Meloni, ma un interesse comune che faceva il bene di ciascuno di loro e li proteggeva da rischi maggiori. Abbiamo costruito l’Unione Europea, l’ONU, persino la NATO, con l’intenzione di proteggerci insieme (con tutti i limiti e le imperfezioni che conosciamo), e più fossimo stati meglio sarebbe stato. Abbiamo allargato i mercati, ridotto i confini tra i commerci, lavorato perché la pace passasse per la costruzione di ricchezze condivise.

Adesso, a culmine di un lavoro di logoramento che ha avuto negli ultimi decenni tanti complici e la saldatura di tanti interessi e propagande, il paese più potente del mondo ha dichiarato – con processo democratico – di non volerla più, quella cosa lì. Di voler tornare indietro: ognuno per sé e in competizione con ogni mezzo, chi è più forte merita di esserlo e di usare la sua forza per esserlo ancora di più. Di voler tornare indietro a prima che decidessimo di collaborare con la consapevolezza che da maggiori poteri derivassero maggiori responsabilità.
Ora, i paragoni col passato sono un giochino facile e spesso sterile: tutto è cambiato, tutto è diverso, e la speranza è che lo siano anche questa volta. Ma a essere tentati di farlo, il giochino, a guardare un po’ più da lontano, la domanda è: ve lo ricordate com’era il mondo, prima di questi ottant’anni, prima dell’uomo ragno?

(Luca Sofri, blog Wittgenstein)

venerdì 4 aprile 2025

QUANTO COSTA LA DEMOCRAZIA?

 Nei giorni scorsi ho visto, mentre mangiavo ed aspettavo il TG7 delle 13:30, gli ultimi dieci minuti de "L'aria che tira" su la 7. Ho prestato attenzione perché c'era Francesco Fubini che io trovo uno dei migliori giornalisti sulla scena italiana. Fubini ha raccontato una storia americana estremamente interessante per quello che può evidenziare di cosa stia succedendo negli Stati Uniti. 

Si tratta di due studi legali associati, lo Studio Paul/Weiss e lo Studio Stadden; il primo fattura 2,6 miliardi (sì, MILIARDI) di dollari all'anno, il secondo (quinto studio legale più grande del mondo) 3,27 miliardi. Sono due Studi legali che hanno negli anni preso in carico cause di difesa migranti, il primo ha collaborato nel far condannare gli assalitori di Capitol Hill del 6 gennaio - diciamo supporto per le cause dei democratici?. Dei nemici, secondo la logica di Trump (non esistono avversari o oppositori politici, solo nemici) e sempre secondo la logica di Trump, da punire. Quindi cosa fa Trump nei confronti del primo Studio, ad personam? firma un ordine esecutivo (quelli che mostra nei video firmati con la firma da bambino di prima elementare) in cui ordina il blocco dei contratti governativi per quello Studio, il taglio dei contratti per chiunque assuma avvocati provenienti da quello studio, addirittura minaccia di divieto di accesso a tutti gli edifici governativi (quindi ai tribunali, pensa un po'). L'ordine viene firmato il venerdì. Il sabato mattina Brad Karp, capo dello Studio, incontra Trump ed esce dallo Studio Ovale con un accordo che garantisce a Trump 40 milioni di dollari di consulenze legali gratuite e l'impegno a non partecipare a nessuna causa contro il governo o uno dei suoi componenti. 

Jeremy London, capo dello Studio Stadden, incontra poco dopo Trump (notare: il suo Studio non era ancora stato oggetto di ordine esecutivo) e stila un accordo analogo garantendo 100 milioni di dollari di consulenze gratuite. Così altri 20 studi legali.

Avevo già sentito di analoga procedura di tagli ai fondi federali alle università che non tacitino il dissenso al governo e i vertici per esempio della Columbia University, oggetto di un taglio da 400 milioni (che è una parte molto bassa del bilancio miliardario della Columbia, che si sostiene su donazioni private e rette degli alunni) da parte del governo, ha emesso raccomandazioni al proprio corpo docente di astenersi dal criticare il governo e i suoi componenti.

Due riflessioni. E' secondo me molto significativo che l'assalto sia portato alle istituzioni di istruzione superiore e agli studi legali. Entrambe rappresentano il rigore della legge, delle norme, del metodo scientifico, dell'analisi, della discussione. Trump ha quindi voluto la loro capitolazione, la loro conquista all'obbedienza senza distinguo, attraverso accordi bilaterali e non collettivi, azzittendo le voci potenzialmente critiche e capaci di analisi. In questo modo la democrazia muore. Tutti sono spaventati e decidono di tacere ed adeguarsi.

Quello che più mi impressiona, però, è che Trump ha voluto dimostrare così che la democrazia è in vendita, che i valori, se mai esistono, hanno un cartellino del prezzo. E il prezzo non è in questo caso nemmeno altissimo, ma quegli avvocati, abituati a guadagnare 10/20 milioni di dollari all'anno, non possono rischiare di guadagnarne di meno, così come la Columbia non può sopportare un taglio di 400 milioni in un bilancio di diversi miliardi. Questo fa rabbrividire.

PS. la chicca finale è un commento di Fubini che racconta che lo Studio Paul Weiss avrebbe potuto scegliere di impugnare l'ordine esecutivo di Trump in quanto evidentemente anticostituzionale e avrebbe probabilmente vinto in Tribunale. Perché non l'ha fatto? perché avrebbe vinto dopo qualche tempo, nel frattempo diventando paria nella comunità degli studi legali e perdendo introiti per anni. 

Anche i ricchi piangono? 

Concluderei che appare piuttosto evidente dove stanno andando gli Stati Uniti, in uno stato di quasi-sonnambulismo. Al momento siamo ai saldi del sistema democratico.